I Hate Milano

Il lato illegale di Milano. Lavoro minorile in centro. I Hate

I Hate Milano: il lavoro minorile arriva in città

Toh, il lavoro minorile arriva a Milano. E mica in qualche antro nascosto tipo una mansarda in Paolo Sarpi gestita dai cinesi o un capannone in Cassanese in odore di Gomorrah.
 
No, il lavoro minorile avviene davanti a tutti, per due sere consecutive in centro, ai giardini di Porta Venezia durante la festa di Wired.
 
Questo tizio che vedete alla destra del motorino, venerdì e sabato sera, ha venduto impunemente birre in bottiglie di vetro –  in modo del tutto abusivo – che teneva all’interno di quel contenitore posto sullo scooter. L’aggravante è che quando le birre finivano, era il ragazzino di 8/9 anni che vedete a sinistra a dover andare a prendere da un furgone altre birre da vendersi secondo le stesse modalità.
 
Sale, spontanea, una domanda: ma i vigili dov’erano? 
Gli stessi vigili che a volte vengono usati come randelli contro i gestori dei locali per verificare se sforino di cinque minuti la chiusura, di mezzo decibel il rumore, se hanno tutti i ventisettemila bolli necessari all’esercizio di un’attività commerciale che giova all’economia della città, ecco, questi vigili, dov’erano? Com’e’ possibile che nessuno se ne sia accorto? 
 
C’e’ un’ordinanza che vieta di portare all’interno del parco le bottiglie di vetro: perche’ questo signore ha potuto farlo? Perché ha potuto vendere centinaia di birre senza emettere un solo scontrino fiscale?
 
C’erano migliaia di persone, di notte, in un parco: nessuno al Comando dei vigili ha pensato che forse un occhio conveniva darlo? Cosa dicono gli organizzatori, che da questa vendita abusiva sono stati danneggiati – dal momento che molta gente ha comprato dagli abusivi e non negli stand all’interno?
 
Ma a queste domande si potrebbe aggiungere: perché, alla stessa festa di Wired, c’erano pochissimi bagni chimici, lerci all’inverosimile tra l’altro, cosa che ha costretto le persone a dover urinare sui prati? 
 
Perché all’estero, in quelle citta’ che i giovani politicanti milanesi amano citare a modello (“Milano come Berlino”, “Milano come Londra”, eccetera) ci sono regolamenti che vengono fatti rispettare mentre da noi no? 
 
Sul tema “vita notturna” (“movida” e’ un termine indegno) vige a Milano una contraddizione spaventosa: da un lato da noi ci sono inspiegabili divieti. Dall’altro, ogni tanto vengono organizzate grandi feste (Mayday, Feste della Musica, Wired, eccetera) dove va in scena una sorta di “Vale Todo”: nessun controllo, nessun bagno chimico, abusivi, vetri a terra rotti che il giorno dopo saranno un pericolo e obbligheranno Amsa a fare gli straordinari. 
 
Insomma: si passa da una repressione antiliberale,a un lassismo che sembra fatto apposta perché ci scappi l’incidente. 
Certo, i cinici diranno: ué, ma lo scoprite adesso? No, cari cinici, non lo scopriamo ora, ma ora fa ancora più sensazione perché da mesi vediamo manifesti, santini, pieghevoli, adesivi, inutili inserzioni sposorizzate su facebook dove l’esercito dei “giovani candidati per bene” ci racconta quanto non veda l’ora di “puntare sulla cultura”, di rendere Milano la capitale del teatro, del cinema, della pubblicita’, della musica, eccetera eccetera. 
 
E pero’ nessuno di loro si rende conto che le macroscopiche contraddizioni inaugurate con la stagione di centro-destra sono ancora tutte li, senza che gli anni di Pisapia abbiano fatto nulla per modificarne la sostanza.
 
I bar chiudono presto, i parchi di notte restano chiusi (contrariamente alle promesse elettorali del 2011 di Maran), il piano per rendere gli scali ferroviari dei poli per il divertimento notturno è lettera morta da anni, e per una cancellata assurda come quella issata davanti al Mom, che deturpa le mura spagnole, si sono formati decine di altri luoghi di ritrovo in cui la gente, d’estate, si concentra e passa la notte (ben oltre le due) a parlare, tra un drink e l’altro, disturbando ovviamente i Residenti.
 
Servirebbe allora un piano organico, coraggioso, fatto magari a partire dagli scali ferroviari, con il coinvolgimento di Universita’, Fondazioni, architetti eccetera. Servirebbero, insomma, IDEE.
 
Ma i giovani candidati tacciono beati e con lo sguardo sognante sanno dirti solo una parola: DARSENA! Ormai diventata la nuova panacea in grado di mondare da sola tutte le altre brutture della citta’.
 
Temo, quindi, che di scene come quella descritta in apertura ne vedremo ancora.