Jessica, omertà dei colleghi tranvieri. Chi sono i porci che non denunciarono? - Affaritaliani.it

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Jessica, omertà dei colleghi tranvieri. Chi sono i porci che non denunciarono?

Nella storia di Jessica c'è un particolare del quale nessuno sembra volersi accorgere: i colleghi di Garlaschi ne conoscevano le condotte, eppure...

Tutti abbiamo letto della terribile storia di Jessica Faoro, la ragazza di 19 anni uccisa a coltellate dal tranviere Alessandro Garlaschi.

Eppure, in questa storia c’è un particolare inquietante che continua a saltare fuori di cui però nessuno sembra volersi accorgere.

A quanto risulta, Jessica non era la prima ragazza “difficile” a finire intrappolata nella rete di Garlaschi, che era solito ospitare ragazze in difficoltà nella sua abitazione. In cambio, l’uomo pretendeva  che le sue giovani ospiti si facessero fotografare in pose osè mentre svolgevano i mestieri di casa.

Il problema è che alcuni colleghi di Garlaschi, di questa sua abitudine, erano perfettamente a conoscenza: già, perché a leggere le varie cronache, il tranviere (già incappato in accuse di stalking tanto che l’azienda lo aveva trasferito) era solito mostrare al lavoro le foto delle sue prede, senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze.

Sorge allora una domanda spontanea: ma i colleghi di Garlaschi, quando vedevano quelle foto di ragazze giovani e mezze nude, esibite da un uomo che non era certo Brad Pitt e che qualche problema lo aveva già avuto, che cosa pensavano? Come giustificavano il fatto che queste donne accettassero di farsi ritrarre in quel modo? Perché non hanno avvisato l’azienda di questa abitudine del collega?

Sono domande centrali e che riteniamo non possano essere ignorate da ATM per almeno due motivi. Primo: se l’azienda avesse saputo, sicuramente avrebbe preso provvedimenti – come aveva già fatto: dunque se qualcuno avesse parlato forse Jessica si sarebbe potuta salvare. Secondo: le foto venivano mostrate “al lavoro”, a dipendenti ATM, magari in divisa, magari dentro strutture collegate ad ATM: dovrebbe quindi essere interesse di ATM sapere chi, tra i suoi dipendenti, ha ritenuto che quelle foto fossero una cosa da nulla, magari buona per farsi una lurida risata, e non delle vere e proprie molestie sessuali basate sullo sfruttamento di ragazze in mezzo alla strada.

Da cittadini milanesi, vogliamo quindi chiedere ad ATM cosa pensa di fare adesso: è stata attivata un’indagine interna per identificare questi colleghi, che invece di segnalare il collega “problematico” hanno taciuto, con quella omertà che ci piace pensare essere esclusiva di Corleone e che invece spesso scopriamo essere il vero collante culturale che tiene insieme il Paese?

I giornali hanno scritto più volte di queste foto, del fatto che Garlaschi fosse solito mostrarle. Addirittura il Post scrive  che la sera stessa di commettere l’omicidio, Garlaschi si sarebbe addirittura vantato via chat con un collega della “notte di sesso” che lo attendeva. Non dovrebbe essere difficile capire chi siano, dunque.

Viviamo in un mondo in cui si sputtana la carriera di un regista sulla base di accusa anonime raccolte per un’intervista TV – con l’intervistatore che finisce addirittura in Parlamento -  e dove si spendono fiumi di inchiostro per discutere di generici “appelli” firmati da donne benestanti.

E poi però nessuno dice niente davanti all’abisso morale di un gruppo di uomini che ritenevano perfettamente normale l’agire anormale del loro collega fatto sulla pelle di persone in difficoltà, garantendogli l’impunità.

Il fatto che gente del genere sia ancora in servizio e che nostra figlia possa prendere un mezzo pubblico guidato da uno di loro, fa ribrezzo. E a lei, Sindaco Sala?