I Hate Milano

Le chiacchiere ci impediscono di vedere la priorità: tamponi e test a tappeto

Come al solito l’unico risultato è di aver creato ancora più confusione in un momento in cui l’ultima cosa che serve è proprio alimentarla

Coronavirus, le chiacchiere ci impediscono di vedere la priorità: tamponi e test a tappeto

"Accoronati", la  nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Il bollettino di ieri delle 18 è inquietante.
Non solo per le cifre abnormi dei decessi (di cui non parla più nessuno) quanto perché chiarisce, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, sia l’inutilità tanto del bollettino stesso sia quella dei “modelli matematici” che abbiamo letto in questi giorni a proposito della “riapertura”.
Il numero dei nuovi contagiati è stato di 2.937 unità, ovvero 830 in più rispetto a ieri. Si tratta di un aumento incredibile, pari a circa il 30%, che arriva dopo che da giorni si parlava di “appiattimento della curva” e del fantomatico “plateau”. Ci sarebbe da terrorizzarsi, ma la Protezione Civile spiega che non c’è nulla di strano, l’aumento dipende esclusivamente dal numero più alto di tamponi eseguiti.
Solo che a quel punto non si capisce quale sia l’utilità di dare un dato ritenuto non affidabile perfino da chi lo fornisce.
Se basta aumentare il numero dei tamponi per trovare nuovi positivi, se il dato sui contagi è completamente dipendente da una variabile esterna che non si può controllare (il numero dei tamponi) allora chiunque abbia anche solo mezza infarinatura liceale di statistica capisce che non sia serio né comunicare i dati né elaborare una previsione credibile su quando gli stessi contagi inizieranno a scendere.
Altro che picco, plateau e chissà cos’altro tireranno fuori: se un giorno si aumentano i tamponi la curva sale, se diminuiscono la curva scende, se restano uguali resta dritta.
E questo, unito alla presenza degli asintomatici di cui tutti parlano ma di di cui nessuno sembra tenere conto, rende estremamente complessa la gestione della “fase 2”: se non sappiamo chi ha il virus, non sappiamo chi potrà uscire e chi invece dovrà rimanere isolato.
E se facciamo uscire chi ha il virus, e i dati tornano a salire, siamo punto e a capo.
Il problema è che, dopo il rompete le righe del Senatore più irresponsabile della Storia d’Italia, tutti stanno ragionando di possibili date, di curve, di fasce d’età eccetera. C’è chi si preoccupa per la Pasqua in casa, chi inizia a temere per il ponte del 2 giugno, chi si domanda se per quest’anno dovrà prepararsi o meno per la prova costume.
Nessuno sembra preoccuparsi dell’unica, reale necessità per poter pensare di uscire dalla crisi: l’esecuzione dei tamponi a tappeto in tutta Italia.
A logica, dovrebbe avvenire il contrario: prima parliamo di come fare a testare tutti e di come tracciare le persone a rischio, poi di quando riaprire. Invece, per la stessa identica fretta sperimentata con il #milanoriparte, dopo i virologi sono saliti in cattedra gli esperti di statistica, che ci ammorbano con i loro R0, R1, R2 e via dicendo, senza che si capisca quale sia il fondamento scientifico di tutto questo se non abbiamo idea né del numero reale dei contagiati né di chi siano gli asintomatici. E mentre si parla di app e di tecnologie digitali – altrove già realtà da una vita – il sito dell’INPS va in tilt nel giro di poche ore (ovviamente per colpa degli hacker, ci mancherebbe): non esattamente un segnale rassicurante.
Dulcis in fundo, ci piazziamo anche l’ennesimo teatrino sulle passeggiate con i bambini, prima anticipate per “vedere di nascosto l’effetto che fa”, poi ridimensionate una volta scoppiata la polemica, poi ripudiate nel consueto one-man-show serale di cui nessuno ha colto l’utilità, con l’unico risultato di aver creato ancora più confusione in un momento in cui l’ultima cosa che serve è proprio alimentarla.
Continuiamo così. Facciamoci del male.