I Hate Milano

di Mister Milano

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I Hate Milano
Milano Prostituta di Apple: la prepotenza in piazza. I Hate
Apple Store a Milano

Sommersi dalla quotidiana mole di proposte ed opportunita' - come capita ad ogni milanese da quando abbiamo avuto l'onore di ospitare quella meravigliosa kermesse chiamata Expo - ci siamo imbattuti, venerdì, in un articolo pubblicato su Corriere.it circa il nuovo Apple Store che sorgerà in piazza Liberty. E per un attimo il nostro buonumore si e' guastato.

Sì, perche' l'articolo più che essere un articolo e' uno spazio pubblicitario a gentile vantaggio della multinazionale di Cupertino, una specie di Annunciazione a mezzo stampa circa le meraviglie di cui i milanesi si troveranno presto a beneficiare grazie alla costruzione del nuovo negozio. Secondo la giornalista, infatti, l'Apple Store non sara' un semplice punto vendita di computer e telefoni: giammai. Sara' piuttosto "un luogo pubblico, uno spazio dove incontrarsi, partecipare ad eventi, passeggiare, e sedersi".

Peccato che "un luogo pubblico, uno spazio dove incontrarsi, partecipare ad eventi, passeggiare e sedersi" esista gia': dicesi piazza ("piazza", chiaro? Non "plaza" come pare Apple chiamerà l'area davanti allo Store, probabilmente perché il manager per l'Europa del Sud ha confuso le cartelle, e il termine spagnolo e' finito nel dossier del negozio italiano), e nel caso particolare dicesi piazza Liberty, una piazza che invece sara' completamente sventrata, chiusa al pubblico e poi riaperta, tra mesi e mesi, quando completamente trasformata ospiterà il negozio nel suo ventre, al termine di una meravigliosa scalinata.

Chiariamoci: capiamo benissimo l'importanza, per Milano, di avere un Apple Store. E infatti speravamo che Apple si aggiudicasse l'asta per i locali un tempo occupati dal Mc Donalds in Galleria. Ma quell'asta Apple l'ha persa, la Galleria e' ora un ghetto di vestiti di lusso per russi e cinesi e così si e' buttata sui locali del cinema Apollo, uno dei cinema più apprezzati della città, nonché ultima vestigia di quel passato lontano in cui corso Vittorio Emanuele era "la piccola Broadway", il centro culturale cittadino pieno di cinema e teatri. Chissà se la giornalista del Corriere se lo ricorda, se a quei tempi viveva a Milano: certo all'epoca il centro era davvero "un luogo pubblico, uno spazio dove incontrarsi, partecipare ad eventi, passeggiare e sedersi" senza bisogno che interi pezzi di città venissero immolati allo sfruttamento commerciale di un'azienda privata americana.

Si completa, quindi, il processo di totale perdita di identita' del centro di Milano, prima spogliato dei luoghi dedicati alla cultura, poi delle sue botteghe storiche per far posto ai negozi di moda un tanto al chilo, ora nulla di più che materiale nelle mani di architetti per essere rimodellato ad uso e consumo dei propri clienti.

Un processo inevitabile, dira' qualcuno, frutto della crisi, del potere del soldo cui la politica visti i tempi non può opporsi. Forse, certo stupisce come il cittadino che voglia rendere abitabile una mansarda vada incontro alle pene dell'inferno, mentre ad Apple sia permesso di aprire un cratere in pieno centro e ribaltare una piazza come un calzino nonostante i dubbi e le proteste di residenti e negozianti dei paraggi.

Ma quello che davvero si tollera a fatica e' che tutto questo venga considerato normale. Che abbattere una piazza e metterci una scalinata - cosa che per esempio taglia completamente fuori gli anziani, cara giornalista in estasi mistica - sia una pinzillacchera su cui nessuno abbia diritto a dire nulla. Che non si apra un dibattito su quale debba essere il ruolo, la funzione e l'aspetto del centro di Milano, che non si chieda cosa ne pensano loro, i cittadini milanesi, che invece sono stati interpellati in passato per questioni assai meno importanti che lo stravolgimento di un pezzo importante del centro storico; e che, al contrario, tutto questo venga presentato dal primo quotidiano milanese come una fantastica opportunita' da cogliere al volo. Siccome, per fortuna, c'e' ancora un giudice in via Solferino, qualcuno deve essersene accorto, e due giorni dopo e' uscito l'articolo riparatore, dove viene data voce anche a chi ha qualcosa da dire sul fatto che - lo ripetiamo - un'azienda disponga della nostra città a suo piacimento in cambio di soldi, come fosse una prostituta.

Da dopo le elezioni si e' parlato molto di trasparenza, di "sportelli" per avvicinare i cittadini alla politica: bene, che ne dite allora di organizzare una bella consultazione popolare? Ma una consultazione vera, dove la maggioranza vince e se vince salta tutto, non quelle baggianate delle assemblee "informative" che servono, al massimo, come vaselina per dolorose decisioni prese in separata sede.

Il quesito e' molto semplice: volete voi, milanesi, che un'azienda privata, in cambio di soldi, possa cambiare l'aspetto di una piazza? Vediamo cosa ne pensano i cittadini. Altrimenti, le chiacchiere sulla trasparenza e la partecipazione valgono zero.

Quanto al Corrierone, ci limitiamo ad osservare quanto segue. Oggi Apple (ma sarebbe lo stesso se il marchio fosse un altro) grazie allo strapotere economico acquista un pezzo della nostra citta', e lo stravolge secondo le proprie esigenze. Magari un domani, grazie a una nuova app, acquistera' quell'altro pezzo della storia di Milano che risponde al nome di Corriere della Sera, e lo stravolgera' come ora stravolge piazza Liberty. Chissà, quel giorno, cosa scriveranno i solerti giornalisti.

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