Una giornata con Scientology. Il viaggio di Affari nel “tempio” milanese
La società dello spettacolo, pompata dagli steroidi dei social network, genera i sogni. La vita, inesorabilmente, si incarica di trasformare i sogni in frustrazione. E quando finisce il sogno e comincia la frustrazione, arriva Scientology.
Succede che una compagna delle medie mi invita fuori per rivedersi dopo una decina d’anni, ma invece di invitarmi al cinema o a prendere a un caffé mi chiede di accompagnarla “ad un evento top”. Per due giorni la rimbalzo, e vilipeso dall’uso della parola “top” medito, da milanese, di denunciare per danni morali il Milanese Imbruttito. Il terzo giorno però è l’Epifania, tutto chiuso e non ho niente da fare, così mi dico che “a un evento top” magari riesco a scroccare da bere.
In macchina noto subito che l’atmosfera è strana: una segretezza strana e allegra, e così inizio a fantasticare sulla possibilità di trascorrere l’Epifania ad una gang bang il cui cerimoniere è Angelino Alfano travestito da cantante dei Kiss.
Arrivati a destinazione mi trovo davanti un palazzaccio a due passi dalla Breda, dove nemmeno Mimi Metalmeccanico avrebbe voluto abitarci. Entriamo, ed eccola lì: la vista dell’insegna di Scientology mi fa lo stesso effetto che mi farebbe se a un matrimonio di un tizio che mi sta sul cazzo scoprissi di dovermi sedere a tavola tra Sallusti e la Santanché.
Ma poi penso che si, magari non ci saranno gang bang con Alfano e nemmeno Negroni Sbagliati a bobaz, ma di sicuro potrò scrivere un articolo per Affaritaliani.it. Così decido di reggere il gioco.
Con la stessa nonchalance di Giuliano Ferrara nudo in piazza Duomo, mi aggiro nel “sagrato” della Chiesa, fino a che la mia amica mi presenta un tizio di nome Forforone (o almeno così lo chiamo io: il nome vero lo scordo subito perché la mia attenzione è catturata da una immane spolverata di forfora, tipo zucchero a velo su Pandoro Bauli, che il tizio esibisce sulla giacca nera). Forforone ha modi cortesi, mi dice di fare tutte le domande che voglio e - quando la mia amica gli dice che faccio il regista - afferma di avere “centinaia di contatti a Hollywood”.
Mentre mi chiedo come sia possibile che, tra tutti questi contatti hollywoodiani, nessuno gli abbia detto “Mister Forforone, why don’t you try this shampoo?” è già tempo di entrare “in cappella” per un seminario introduttivo dal titolo “Come realizzare i propri sogni” o qualcosa del genere.
Così entro in una stanza dove viene offerto un buffet piuttosto spartano: una Fanta in bottiglia e un panettone al cioccolato Maina. Roba che più che a Scientology sembra di stare a una festa del PCI a Livorno.
Da li si passa alla cappella vera e propria: sulla sinistra sono appese una sorta di tavole della legge, quattro liste di quindici comandamenti ciascuna che rappresentano ciò che il buon “scientologo” si ripropone di fare nella sua esistenza. Sull’altare c’è un busto di Ron Hubbard - il fondatore di Scientology -, una grossa croce con quattro soli, una grande piramide massonica e una lavagna tipo corso di inglese a Malta.
In sala siamo accolti da “Luca”, un prete con la faccia da lattaio vestito tutto di nero, l’uomo che spiegherà a noi profani i fondamenti del credo.
L’inizio è subito col botto. Luca ci chiede cosa voglia dire la parola “etica”, e mentre uno è indeciso se rispondere citando Kant, Sartre o Aristotele, Luca spariglia il quadro dicendo “se la maestra vi dà dei compiti e li fate, quella è l’etica. Se dovete lavorare e lavorate tanto e bene, quella è l’etica. Insomma, etica vuol dire comportarsi bene”. Insomma: tanti saluti a mille anni di pensiero critico!
Poi Luca il Prete-Lattaio entra nel vivo della predica: ciò che rende l’esistenza degna di essere vissuta, dice, sono i sogni. Ma i sogni nascono dal pensiero. Dunque il compito dell’uomo è trasformare il pensiero in realtà. Dunque il pensiero è, esso stesso, realtà e l’uomo, grazie al solo pensiero, può modificare il corso degli eventi. Si tratta, come si vede, di un po’ di empirismo inglese di base con una spruzzata di Buddismo, il tutto espresso con un linguaggio da fiction di Rai Uno su Padre Pio e condito dal pianto continuo di un neonato che una mamma tiene in braccio in prima fila. Roba che, per rimanerne impressionati, bisogna che l’unica cosa che hai letto in vita tua siano i libri di ricette di Cracco.
Allora mi guardo intorno, cercando di capire chi è questa varia umanità che alle quattro di pomeriggio della Befana invece di godersi il clima mite ha scelto di ascoltare la predica del buon Luca. L’impressione generale è di trovarsi in mezzo a gente un po’ in zona retrocessione: la bella ragazza non più giovane che voleva lavorare nello spettacolo e non c’è riuscita, l’uomo di mezza età lampadato con i capelli tinti, il piccoletto brizzolato che annuisce di continuo e girandosi verso la moglie, con un senso di rivalsa probabilmente covato dalla luna di miele, le dice robe tipo “Senti? quello che dico sempre anche io” o “Hai visto? E’ quello che ho sempre pensato!”.
Così, questa Scientology finisce con l’apparirmi come una sorta di alcolisti anonimi dove i partecipanti invece che dell’alcol hanno abusato del loro ego, e adesso sono qui essenzialmente per sfuggire alla depressione, illudendosi che il Successo è ancora possibile, che il gong non è ancora suonato, la vita può ancora diventare quella che si sognava sfogliando Novella 2000 dal parrucchiere.
Ma non posso perdermi nei miei pensieri, perché l’agguerrito Luca, con in mano il testo sacro di Scientology, ora sta parlando di “Universo fisico” contrapposto a “Universo Proprio”, sta dicendo che “più il sogno è grande più è facile da realizzare”, sta parlando di un suo amico (“un essere molto potente”, tipo demone di Devilman) che da piccolo realizzava “sogni enormi”.
C’è, insomma, tutta la retorica dei convegni dei venditori da due soldi, quelli che nelle sale congressi di hotel quattro stelle in oscure province nebbiose fanno feste con i palloncini e la musica sparata ad alta volume, promettendo enormi guadagni tramite catene di Sant’Antonio e schemi a piramide: e infatti molte persone in sala vengono proprio da quel settore, quel marketing per grulli che fa credere che bastino due lezioni di dizione, una basetta curata e un aperitivo nel posto giusto per sfondare.
Ma a ciò si unisce una componente “spirituale” che, di fatto, è rappresentato dalla consapevolezza di far parte di una comunità: terrorizzati dalla solitudine, condizione essenziale della società contemporanea, gli “scientologi” trovano rifugio nel gruppo, tipo gli ultra-cattolici dell’Opus Dei o gli adepti del movimento Cinque Stelle. E’ un piccolo-grande ritorno all’associazionismo degli anni ’70, depauperato dall’aspetto ideologico dove al centro c’è sempre l’idea di essere portatori di un Bene Supremo da condividere con le masse ignoranti che, purtroppo, ancora sono costrette a brancolare nel buio a causa di un misterioso complotto ordito, per usare le parole di Luca, “da quelli là, quelli dei tg che ti dicono che c’è la crisi di qui, la crisi di là, e tutti i tric e trac”.
Dopo tre quarti d’ora, comunque, la riunione finisce (svelando di avere, perlomeno, il pregio della breve durata) e per Luca il Lattaio è tempo di fare quattro passi nella sala per parlare direttamente con i novizi. E qui accade un fatto che da solo vale tutta la giornata: il mio vicino di posto, un Taciturno Ragazzo Barbuto, alza il dito e quando il Lattaio si avvicina gli fa: “scusi, lei ha detto che l’etica è soggettiva, che solo tu puoi decidere che cosa è giusto. Ma ammettiamo che per me sia giusto uccidere: allora l’omicidio è un fatto etico?”.
Sulla faccia di Luca, fino a quel momento spensierata, si dipinge un’espressione strana: la stessa espressione che avrebbe Enrico Papi se, in vacanza a Bangkok, decidesse di cambiare sesso, e nel corso dell’operazione, a membro appena reciso, finisse di colpo l’effetto dell’anestesia. Ecco, con quella faccia li, Luca il Lattaio si siede e prova a mettere in piedi una supercazzola da far impallidire il buon Tognazzi. Inflessibile, il Taciturno Ragazzo Barbuto continua nella sua obiezione, dimostrando che, a differenza del Lattaio, lui qualche buon libro di filosofia nella sua vita lo ha letto eccome, e al Predicatore, a quel punto, non resta che trovare un’indegno scusone medioevale (“non sai quanto vorrei continuare questa discussione, ma purtroppo devo proprio andare”) per levarsi dai piedi.
La lezione è finita, noi ce ne andiamo in pace, e di nuovo nella sala del Panettone mi imbatto in Forforone, che tutto contento prima mi dice che se ho qualche domanda posso “chiedere pure”, poi si da una grattata alla testa facendo nevicare come nemmeno sul Sestriere.
A quel punto, noto che vicino alle porte sono comparse alcune signorine, con addosso una specie di divisa, che con fare languido iniziano a fissare intensamente noi novizi. E mentre son li che non so bene dove guardare, da dietro mi bracca una tizia che mi fa “ciao sei qui da solo?”. Io abbozzo, e quella insiste “sono Rita, e tu?”. “Francesco” le faccio, e quella di rimando “bel nome. Piacere, Francesco”. Per la prima volta in vita mia, capisco come deve sentirsi una bella ragazza in una discoteca di Rimini ad agosto: in stato di shock mi frugo nelle tasche pensando che forse devo darmi una sistemata al mascara. Ma ecco che arriva la mia amica che con passo svelto mi porta via, come una madre porterebbe via il proprio figlio dalle grinfie di un vecchio allupato nei pressi della stazione Centrale.
In seguito capisco cosa è accaduto: alla predica sui sogni segue la parte operativa, quella in cui il personale della Chiesa cerca di convincerti a fare il famoso test della personalità, ovvero un questionario di 200 domande per capire “quello che funziona della tua personalità e quello su cui invece bisogna lavorare un po’”. E Rita questo voleva fare, sedurmi per poi penetrarmi con il dildo del test, e magari andare in giro a vantarsi di averne sverginato un altro.
Non che la mia amica abbia mire diverse: tipo l’amico che ti porta via dal tizio in discoteca che ci sta provando, fa il simpatico e poi a fine serata prova a metterti la lingua in bocca, anche lei cerca di propinarmi il test, che di fatto è il vero piede di porco con cui Scientology prova a entrare nella tua vita. Ma io sono a posto così: ho fatto da poco il test dell’HIV, non ho certo voglia di farne un altro a così breve distanza.
Saluto, e dopo essere sfilato di fianco ad altre due o tre molestatrici a caccia di test non protetti (una addirittura mi fa “ma un bel ragazzo come te che ci fa qui solo?” inducendomi a pensare che forse, una volta scesa la sera, l’ipotesi gang bang non sarebbe nemmeno così remota) sono fuori dalla Chiesa, ufficialmente sopravvissuto a un vero Scientology Open Day.
Tutto sommato, a meno che Scientology non cambi sensibilmente la propria politica in fatto di buffet gratuiti, la prossima volta che all’Epifania non ho niente da fare me ne starò sul divano a guardare Netflix.