La mamma licenziata dall’Ikea: il giudice dà ragione all’azienda
Secondo il Tribunale del lavoro cittadino, l'azienda non ha assunto una decisione discriminatoria.
Mamma licenziata da Ikea, il giudice del lavoro: "Motivi disciplinari"
Non c'è stata nessuna discriminazione, solo motivi disciplinari dietro il licenziamento della mamma lavoratrice da parte di Ikea. Il giudice del lavoro di Milano l'ha confermato oggi, rifacendosi integralmetne all'ordinanza con cui un suo collega, nell'aprile scorso, aveva respinto la richiesta di reintegro della donna sostenendo che i suoi comportamenti erano stati "di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore".
Secondo il giudice che respinse la richiesta di reintegro e risarcimento ad aprile, l'Ikea aveva sempre assecondato le esigenze di Marica Ricutti, donna separata con due figli piccoli, uno dei quali affetto da invalidità al 100%, venendolo incontro nella variazione dei turni e chiedendo agli altri coordinatori di rendersi flessibili per accogliere le richieste della donna, che ne presentò 17 e ne vide accettate 15. La donna era inoltre diventata coordinatrice del reparto pet food nel 2017. Uno storico che, secondo il giudice della prima sentenza, escluderebbe quindi l'ipotesi di licenziamento discriminatorio. La sentenza di aprile provocò la reazione sdegnata dei sindacati.
L'avvocato Maurizio Borali è pronto a ricorrere in appello contro la sentenza con la quale il Tribunale del lavoro di Milano ha respinto il ricorso di Marica Ricutti, la dipendente dell'Ikea di Corsico, mamma di due figli di cui uno disabile, licenziata un anno dall'azienda svedese. La ex lavoratrice aveva ritenuto discriminatorio il licenziamento da parte del gruppo per il quale aveva lavorato per 17 anni ,che le aveva imposto dei turni non compatibili con gli orari delle cure specialistiche del figlio e aveva chiesto il reintegro e il risarcimento del danno. Il tribunale "ha fatto qualche apertura che nel provvedimento d'urgenza non aveva fatto - spiega il legale - e ha riconosciuto che le assenze dal lavoro erano motivate da esigenze legittime e proprio queste esigenze legittime" derivanti dalle necessità familiari della ex dipendente Ikea "cercheremo di far valere davanti alla Corte d'Appello", conclude.
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