Milano
Il cielo in una stanza. Lo spazio vitale di un Hikikomori
La quarantena forzata ci impone una domanda: la casa è un rifugio sicuro o un luogo da cui fuggire?
Il cielo in una stanza. Lo spazio vitale di un Hikikomori
Spazio vitale, spazio sociale. Ognuno di noi ha bisogno di una zona protetta attorno a sé per poter stare nel mondo. Uno spazio personale, una zona di sicurezza che ‘se sei nervoso, cresce; se sei rilassato, si restringe’. Lo racconta Michael Graziano, studioso di neuroscienze a Princeton, nel libro ‘The Spaces Between us’, dove illustra come il cervello umano sia in grado di modellare quella "bolla protettiva", che rappresenta al tempo stesso un ponte necessario e invisibile tra noi e gli altri.
In queste settimane a causa dell’emergenza Covid-19 ognuno di noi ha fatto i conti con confini, tangibili e intangibili, che hanno ridisegnato lo spazio che prima conoscevamo. Che fossero le pareti di una stanza, il perimetro del proprio giardino o la distanza di un abbraccio concesso virtualmente.
Ma lo spazio della casa, costantemente ribadito dal #iorestoacasa, non assume per tutti la stessa valenza. Se per molti la simbolizzazione prevalente è quella di un luogo opprimente da cui fuggire, in attesa che finisca la quarantena, per altri la casa rappresenta un luogo sicuro in cui rifugiarsi, spesso decidendo di tagliare i propri rapporti con il mondo, se non addirittura con lo spazio che vive al di fuori della propria stanza.Sono gli Hikikomori, termine giapponese che indica letteralmente ‘colui che sta in disparte’, ovvero ragazzi e giovani adulti che decidono liberamente di isolarsi dal contesto sociale e di chiudersi nella propria stanza. Ne abbiamo parlato con Marco Crepaldi, psicologo e fondatore di HikikomoriItalia.it, un blog di sensibilizzazione divenuto un’associazione a Milano nel 2017, grazie all’incontro con i genitori di ragazzi Hikikomori.
Chi sono gli Hikikomori?
L’Hikikomori è una persona che si isola, che si chiude in casa per un periodo di tempo prolungato, parliamo di mesi se non addirittura anni, e che non è legato a momento di difficoltà personale come ad esempio un lutto o una malattia. Il fenomeno dell’isolamento sociale, nato in Giappone negli anni ’60, registra oggi numeri immensi: in Giappone si contano più di 1 milione di casi accertati. In Italia le stime parlano di almeno 100.000 casi e dopo questo ‘isolamento forzato’ temiamo possano crescere.
Qual è l’età di esordio e c’è una prevalenza di genere?
Il fenomeno si manifesta attorno ai 15 anni, mentre l’età media degli Hikikomori oggi in Italia è attorno ai 20 anni. Si conta una maggior prevalenza nella popolazione maschile. Questo fenomeno però tende a cronicizzarsi, come ci dimostrano i dati in Giappone, e questo porterà a una conseguente crescita dell’età media.
Il distanziamento sociale è solo verso l’esterno o anche verso l’interno, ovvero il nucleo famigliare che vive nella stessa casa?
Varia da caso a caso. Ci sono casi molto gravi dove il ragazzo non ha rapporti nemmeno con i genitori, non esce mai dalla propria stanza. Questo dipende molto dall’atteggiamento dei genitori, ovvero se sono collaborativi o pressanti. Gli Hikikomori di fatto si sottraggono a tutto ciò che rappresenta per loro una fonte di pressione legata alla realizzazione personale e al giudizio. Quindi se il genitore viene percepito come giudicante, l’Hikikomori si chiude nella camera da letto; in altri casi il genitore può trovare una modalità di approccio, anche se il rapporto resta sempre molto conflittuale.
La casa in questi mesi è diventata il rifugio di tutta la famiglia (se non di tutta la popolazione). Che ripercussioni può avere questa condizione ‘forzata’ sull’equilibrio di un Hikikomori?
Il discorso è ampio. Il primo dato che va sottolineato è che molti Hikikomori in questo periodo stanno meglio, per un semplice motivo: non avvertono la pressione del dover uscire, del dover fare cose, del dover stare in mezzo alla socialità. Si sentono di fatto ‘normali’. Ser la prima volta nella loro vita l’intera società è isolata proprio come loro, quindi avvertono uno sgravio di pressione: non hanno l’ansia che altri si stanno realizzando, stanno andando avanti con il loro progetto di vita mentre loro sono fermi, inchiodati alla propria stanza. La situazione di quarantena forzata nasconde però un grandissimo rischio: quando tutto questo finirà e le persone ricominceranno ad uscire, gli Hikikomori subiranno un contraccolpo enorme, perché si renderanno conto che la loro condizione non si risolve con la fine della quarantena.
Quindi il contesto sociale di quarantena forzata, a suo avviso, può essere considerato un fattore di rischio o un fattore protettivo per gli Hikikomori?
Credo che in ogni caso si tratti di un fattore di rischio. In alcuni casi, potrebbe determinare una procrastinazione da parte di alcuni nella ricerca di aiuto, sottovalutando la propria condizione. In altri casi, questo periodo potrebbe essere l’inizio di un isolamento progressivo: ipotizziamo che un ragazzo andava a scuola e non aveva mai sperimentato la situazione di stare a casa. Adesso si ambienta, capisce che sta meglio a casa e quando ricomincerà la scuola decide che non vuole più tornarci. Io temo fortemente che questo momento potrà portare a un aumento dei casi di isolamento sociale.
Hikikomori, scuola, bullismo. L’implementazione (anche in questo caso forzata) di strumenti di didattica online, quindi a distanza, potrebbe favorire il riavvicinamento di Hikikomori alla scuola?
La nostra associazione è impegnata da anni nella sensibilizzazione all’utilizzo di strumenti tecnologici per la scuola. Molto spesso quando gli Hikikomori abbandonano la scuola hanno ottimi voti, a riprova del fatto che il nodo problematico è insito nel contesto sociale, ovvero la difficoltà a legare con i compagni, il bullismo, la paura di stare in un ambiente dove ti senti costantemente giudicato. Ma spesso, se gli Hikikomori abbandonano la scuola, è anche la scuola stessa ad abbandonare loro, in assenza di strumenti per portare avanti un percorso didattico senza la presenza in aula. L’emergenza che stiamo vivendo ha costretto la scuola a velocizzarsi, a creare e implementare altre forme di didattica, e questo potrà essere incredibilmente utile anche per questi ragazzi, se il sistema scolastico manterrà la volontà e la flessibilità di comprendere la complessità del fenomeno Hikikomori.
Hikikomori e social. Gli Hikikomori si isolano per allontanarsi da una società che impone una competizione continua, competizione che però si è spostata sui social, con dirette Instagram h24, specialisti che fioriscono in ogni settore. Come viene percepito questo dagli Hikikomori?
Molti Hikikomori hanno sviluppato nel tempo misantropia, una visione molto cinica rispetto agli altri, ma credo che in questo momento di clausura forzata avvertano come il gap tra loro e le persone di successo si sia ristretto. Se il meccanismo dei social ti porta a postare ciò che ritieni più valorizzante, ‘vite perfette’ da un punto di vista estetico e di successo, ora questa prassi è stata fortemente ridimensionata perché tutti sono costretti a casa. E il perimetro delle possibilità è ridotto per tutti.
Come si aiuta un ragazzo Hikikomori?
Nella nostra associazione diciamo sempre che occorre ‘Aprire la prima porta’. Ovvero quella della camera da letto. Non puoi sperare che un Hikikomori esca di casa se prima non ha superato il primo confine, quello della propria stanza. Uscire dalla camera da letto, mangiare con i genitori, vivere l’ambiente domestico come non minaccioso o giudicante. E’ quello che cerchiamo di fare ogni giorno con la nostra associazione Hikikomori Italia, nata nel 2017 grazie soprattutto ai genitori di ragazzi Hikikomori. Oggi ne contiamo oltre 2000. Nella cura privilegiamo sempre un approccio multidisciplinare: il primo passo è quello di una visita psichiatrica, per escludere altre psicopatologie. Poi occorre lavorare con il nucleo famigliare, altrimenti gli eventuali benefici di un percorso psicoterapeutico rischiano di essere vanificati da un ambiente famigliare disfunzionale.E’ essenziale ricostruire un’alleanza tra genitore e figlio. Per poi aprire la porta di casa e tornare a essere parte del mondo.Associazione Hikikomori Italia https://www.hikikomoriitalia.it/