Milano

Il codice del potere: Stefanoni racconta i segreti degli avvocati italiani

Redazione

Torna nelle librerie con una edizione ampliata "Il codice del potere", a cura del giornalista e saggista Franco Stefanoni

Il codice del potere: il libro di Stefanoni sui segreti degli avvocati italiani

Torna nelle librerie con una edizione aggiornata ed ampliata “Il codice del potere”. Il documentatissimo volume ad opera del giornalista e saggista Franco Stefanoni, per Zolfo editore, racconta gli avvocati d’Italia. Ovvero le storie, i segreti, le bugie della più influente èlite professionale del nostro Paese, dagli anni Cinquanta ad oggi. I nomi e i cognomi, i grandi vecchi, le dinastie blasonate, gli outsider, i rispettati e i discussi. Ma soprattutto chi c’era e chi c’è dietro le quinte, come lavora, gli intrighi, le amicizie sbagliate, i successi, i difetti. Dentro e fuori dai tribunali. Un racconto avvincente e che non fa sconti ai suoi protagonisti

Avvocati e potere: l’epoca di Gambino e Grande Stevens

Un’opera documentatissima e ricca di aneddoti, retroscena e curiosità, dunque. Sui grandi di ieri e sulle nuove leve. C’è Agostino Gambino (“l’equazione Andreotti più Gambino uguale misteri”), che negli anni Settanta assiste numerosi boiardi di Stato tra i quali Michele Sindona ma anche Paul Marcinkus, discusso vescovo alla guida dello Ior. Ma che nel 1994 sarà tra i tre saggi chiamati da Silvio Berlusconi a risolvere lo spinoso ginepraio del conflitto d’interesse.

Strettamente legato al nome di Gianni Agnelli è invece Franzo Grande Stevens. L’ “avvocato dell’Avvocato” che progetta l’architettura societaria della Fiat negli anni Ottanta. E che per qualche tempo dichiara redditi superiori addirittura a quelli dello stesso Agnelli. Ma nonostante ricchezza, frequentazioni e mezzo sangue blu, il suo cuore batte a sinistra. Seppur moderatamente. Negli ultimi anni, scrive Stefanoni, Grande Stevens sarà invece “prostrato” dai casi Ifil-Exor ed eredità degli Agnelli.

Giulio Tremonti, l’enfant prodige

C’è poi la storia di Giulio Tremonti, l’enfant prodige dei tributi “Molto studioso, molto inquadrato, subito divora libri guiridici, pure in tedesco, lingua che non conosce. A tradurglieli è Fausta Beltrametti, ragazza che poi sposerà”. Prima di approdare alla politica, negli anni Ottanta, è lui a fornire consulenza e revisione contabile a Deloitte. Dopo essere divenuto uno dei “rampanti del garofano” con Bettino Craxi, lo troviamo poi fuori e dentro dai governi Berlusconi. Il suo zig zag suscita sospetti di conflitti di interesse. Ma Tremonti tira dritto. Mantenendo un basso profilo che lo tiene lontano dagli scandali: “Non risulterà titolare di barche da favola come tanti suoi colleghi, si rifugierà in Cadore per passeggiare e raccogliere funghi, con i calzoni alla zuava e il maglioncino in cashmere”.

Severino e la megavilla romana: “E’ frutto del mio lavoro”

Più appariscente il modo in cui rivendica i propri successi un’altra figura tra studi legali e politica: Paola Severino. Che a Roma alloggia in una megavilla un tempo residenza di Rosario NIcolò: “Non me ne vergogno, è frutto del mio lavoro”. Si dice che nel suo studio in piazza della Libertà ci sia una scultura di bronzo raffigurante un grande corno con la testa di Pulcinella, che Severino qualche volta accarezzerebbe a mo’ di scaramanzia.

L’estate italiana di Guido Rossi

Spazio ne “Il codice del potere” anche per le avventure di Guido Rossi. Protagonista assoluto tra il 2005 (con Antonveneta e scalata ad Rcs-Corriere) e soprattutto il 2006, quando viene nominato commissario straordinario della Figc nei giorni delle condanne per Calciopoli. Stefanoni riporta il giudizio tranchant di Diego della Valle sull’operato di Rossi, interista sfegatato: “Rossi sa tutto lui, ha tutto in mano lui, risolve tutto lui, magari giocherà qualche partita il prossimo campionato. E’ un avvocato di 75 anni travolta da una passione senile per un mondo che gli ha dato immensa popolarità”.

Coppi, l’angelo custode di Andreotti

Torniamo ad Andreotti: il suo angelo custode per un quindicennio è Franco Coppi: “ha calore umano”, spiega l’avvocato. Penalista puro, in grado di intimidire anche i giudici con la sua dialettica. Che da il meglio di sè soprattutto in Cassazione. Ma che sin da bambino coltivava un sogno: quello di seguire le orme del suo quasi omonimo Fausto Coppi.

Quando Ghedini diceva: “Berlusconi è buono, quello cattivo sono io”

Capitolo Niccolò Ghedini: la storia tra lui e il “cliente della vita” Silvio Berlusconi inizia quando persino Pecorella nel 2010 si smarca dal Cavaliere: “Dopo Ruby non ce l’ho fatta più, esiste un limite, avevo già mandato giù troppe cose”. Limite che invece Ghedini supera, alzando il tiro della difesa di Berlusconi e dando vita ad una stagione politico-giudiziaria rovente. “Berlusconi è buono, lui perdona. Io no. Sono il più cattivo”, dirà l’algido Ghedini.

E oggi? Le big four e i discepoli del “tridente tricolore”

Il volume di Stefanoni racconta dettagliatamente anche il fenomeno dei super studi, decollati e dominanti anche in Italia: Deloitte, PWC, Ernst&Young e KPMG. E poi l’ascesa di una nuova generazione di avvocati. Che hanno un mito. Il “tridente tricolore” costituito da Sergio Erede, Michele Carpinelli e Francesco Gianni. Loro sono i riferimenti da seguire.

L'agguerrito formicaio della nuova generazione di avvocati italiani

Così l’autore descrive il nuovo panorama di coloro che oggi ambiscono a detenere “Il codice del potere”: “In nome della trilogia si forgia una generazione professionale dai connotati prima sconosciuti. Nel nuovo millennio e da lì fino ai Duemilaventi la fascia alta della professione cambia infatti dimensione, modalità di carriera, forme di espressione strategica, di dedizione ai compiti affidati, disponibilità al sacrificio, tipi di opportunità proposte, stili di vita, rapporti con la clientela, facilità ad accumulare relazioni e poteri. Sono salti di categoria. Concentrata anch’essa soprattutto nella city milanese e nella capitale, la tribù dei «law firm boys» con in testa le tre «leggende» Erede, Carpinelli e Gianni si smarca in parte da quelle dei decenni precedenti tanto per mentalità quanto per attitudini. Salvo poi rimodellarsi. Non che prima fossero mancati personalismi, competizione nelle carriere, «workaholic», estetiche di rampantismo e lusso. Ora però a muoversi è un ancor più agguerrito formicaio, incontenibile, di pimpanti giovani avvocati e avvocate con i curricula in mano, la cui fame pur di «arrivare», toccato il picco, a detta degli addetti ai lavori, va tuttavia a diminuire con l’avvicinarsi proprio ai Duemilaventi”.








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