Milano

"Il colore perfetto", presto nelle librerie il libro di Gianni Maimeri

L'autore ad Affari Italiani: "Il mio libro indaga il colore declinato nelle emozioni delle persone"

Alla Triennale di Milano è stato presentato il volume di Gianni Maimeri “Il colore perfetto, Viaggi, incontri e racconti dal nostro immaginario cromatico”, edito da Il Saggiatore. 

“I colori sono i veri abitanti dello spazio. La linea non fa che viaggiarvi attraverso e percorrerlo; essa passa soltanto” sosteneva suggestivamente Yves Klein. Il mondo simbolico che ci circonda è fatto di colori, “pura visibilità” cromatica che si riflette nei nostri sguardi fugaci. Il nostro immaginario è costellato da memorie variopinte, arcobaleni comuni, sensazioni cromatiche alle quali il volume di Maimeri spinge ad accostarci, aiutandoci a vedere l’elemento primario e costituente di ogni opera sotto una nuova “luce”. Così gli incontri con Steve McCurry, Gillo Dorfles, Lamberto Maffei, Gualtiero Marchesi, Michael Nyman, Stefano Boeri, Mario Bellini, con direttori della fotografia e costumisti, curatori e medici, scenografi e psicologi, restauratori e pubblicitari, designer e musicisti compongono la tela che Maimeri dipinge nel libro “Il colore perfetto, Viaggi, incontri e racconti dal nostro immaginario cromatico”, edito dal Saggiatore, volto a ricostruire parte del nostro passato in chiave “cromatica”.

L’interesse per le pigmentazioni è scritto nella storia personale dell’autore, intimamente legata all’industria Maimeri che dal 1923 produce colori per le Belle Arti. Affaritaliani.it ne ha parlato con l’autore, il quale ha  evidenziato la volontà  di indagare anche al di là dell’arte tout-court: “Mi sono sempre occupato del colore, in modo particolare per l’arte, ma in questo libro ho cercato di approcciare con una visione molto più ampia che indaga il colore declinato nell’emozione delle persone, dei talenti. Ho avuto modo di confrontarmi su questo con fotografi, chef, hair-stylist, psichiatri e ho cercato di comprendere se ci potesse essere un elemento di attrazione  che andasse oltre alla propria esperienza, al periodo storico, alla propria cultura e quant’altro”.

 

Esistono dunque delle sensazioni oggettive veicolate dai colori? Su quest’aspetto ambivalente  si interroga anche Stefano Boeri, Direttore della Triennale di Milano,  che ad Affaritaliani.it ha sottolineato: “Spesso i materiali che usa l’architettura hanno un colore primario. L’architettura è anche una grande arte nel posizionamento di superfici cromatiche e nella variazione dei materiali. Tendenzialmente per noi è fondamentale una conoscenza attenta dei colori. Rifletto spesso su come il colore sia in parte una caratteristica oggettiva e in parte sia legato alla percezione soggettiva”.

Il libro, che vanta una prefazione dell'artista Luigi Serafini, è dunque un vero e proprio omaggio al colore,

 come testimonia questo breve estratto:

 

Il colore perfetto
 

Quando entro nella stanza McCurry è girato, ma lo riconosco subito. Indossa una giacca di sartoria azzurro scura, dei pantaloni beige e delle scarpe testa di moro. Riconosco il baffo grigio, rado, gli occhi blu. Lui mi sorprende con un italiano imperfetto ma apprezzabile: «Ciao Gianni!». Il mio interesse primario è quale sia il suo rapporto di fotografo e artista con il colore: «Il mondo è a colori, e io da fotografo non posso che ritrarlo com’è. La mia ricerca mi ha portato a confrontarmi con storie e culture nelle quali il colore è elemento essenziale. Pensa agli scatti dei monaci shaolin o della festa dell’Holī: il colore è una parte integrante del soggetto, dell’ambiente, della foto». Immediatamente visualizzo le immagini di cui parla: il gruppo di monaci in un momento di riposo, mentre un compagno fa stretching e un altro sta saltando; un movimento fissato per sempre, che ribalta interamente la prospettiva. Cosa sarebbe questa immagine senza l’arancione delle vesti? «Le sfumature possono variare, molto, da scuola a scuola» spiega «ma tendenzialmente il significato del colore è lo stesso: l’arancione simboleggia la rinuncia a una vita di piaceri, e non a caso nel buddhismo solo i monaci possono vestirlo. Senza l’arancione – e i colori del luogo, il muro, il terreno – questa scena avrebbe perso un pezzo insostituibile del racconto.

 

 








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