Milano

Il Comune di Milano: Prefabbricati in legno per aumentare gli alloggi popolari

di Francesco Floris per Affaritaliani.it Milano

L'assessore alla casa Gabriele Rabaiotti ad Affaritaliani.it Milano: “Prefabbricati in legno sui palazzi popolari per aumentare alloggi e volumi"

Il Comune di Milano: Prefabbricati in legno per aumentare gli alloggi popolari

“Caricare” e “densificare” i quartieri popolari. Getta il cuore oltre l'ostacolo l'assessore alle politiche abitative di Milano, Gabriele Rabaiotti, quando dice “non prima della fine del mandato”. Ecco uno dei piani della giunta Sala e delle carte da giocarsi in vista della corsa a Palazzo Marino del 2021, per alleviare la sofferenza abitativa in città. Come? “Abbiamo patrimonio pubblico mediamente di 6-7 piani, molto di rado di 13-15 piani” spiega Rabaiotti che ora porta sulle spalle anche la delega alle politiche sociali da quando Pierfrancesco Majorino è volato è Bruxelles e Strasburgo come europarlamentare. “Con le tecnologie attuali possiamo far sì che alcuni di questi stabili possano sopportare in testa altri due piani prefabbricati in legno. Per aumentarne il volume e il numero di alloggi a disposizione”. Aumentare il “carico insediativo – dice l'ex ricercatore e docente del Politecnico – ma senza rubare standard urbanistico”. Perché “nel Pgt adottato si è ottenuto che l'edilizia pubblica di Metropolitana Milanese e Aler sia considerata 'standard urbanistico'”. Ciò significa che “se carichiamo con due piani in più non stiamo rubando standard alla città anzi, lo stiamo regalando sotto forma di interesse pubblico, come se costruissimo una scuola o un asilo nido”. Fino a qualche anno fa non era così. Tutta l'edilizia, anche quella pubblica e popolare, non solo non produceva “standard” ma ne chiedeva di nuovo. Per ogni intervento serviva più “verde”, più scuole, più servizi pubblici e via dicendo. Ora potrebbe iniziare “una stagione temporanea” la definisce l'assessore ma volta ad accresce e incrementare il patrimonio del Comune.

Doveva essere l'anno del riscatto il 2020 per le politiche abitative di Milano. Finita la stagione degli sgomberi con 1.794 case recuperate nel 2018 e altre 1.206 di cui riappropriarsi entro il 2021, l'anno nuovo è stato inaugurato la mattina dello scorso 1 gennaio con un comunicato stampa trionfante. Che annuncia un maxi piano per raddoppiare le assegnazioni di case popolari in città in un solo anno: 2.550 alloggi (1.416 MM e 1.134 Aler) da destinare alle famiglie. Con quote fissate al 20 per cento per legge da Regione Lombardia per gli indigenti (Isee sotto i 3mila, quota raddoppiata da Palazzo Marino attingendo dal proprio patrimonio), per i familiari delle forze dell'ordine e altri alloggi da destinare alla cosiddetta “emergenza abitativa”: chi viene sfrattato o pignorato sul mercato immobiliare e delle locazioni privato. Una piaga che coinvolge circa 5mila famiglie l'anno su Milano e area metropolitana secondo stime e proiezioni. Numeri che dovevano segnare una cesura col passato. Nel 2019, infatti, le assegnazioni di case pubbliche sono state inferiori della metà: 898 case MM e 739 della Regione attraverso Aler.

Poi il Covid e lo scontro con il centrodestra al Pirellone. Prima sulla piattaforma informatica che deve regolare automaticamente la graduatoria già a partire dal primo bando, chiusosi il 6 dicembre, per assegnare 440 appartamenti sul capoluogo. A oggi le famiglie entrate in una casa popolare sono state meno di 30. La crisi economica del Coronavirus ha messo ulteriormente i bastoni fra le ruote. “Il tema scottante sarò quello degli inquilini di edilizia residenziale pubblica, tra i quali il lavoro nero è diffusissimo e risparmi zero” dice ad Affaritaliani.it Milano Massimo Bricocoli, Direttore del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico che nella scorsa edizione di Book City ha moderato la presentazione di quattro libri all'Ordine degli Architetti durante un incontro intitolato “Le case dei poveri”. “Molte famiglie rischiano la fame perché il lavoro nero è una piaga più profonda di quello che si vorrebbe credere” ha scritto su Facebook in pieno lockdown Don Giovanni, vice parroco nella periferia di Gratosoglio.

Poi c'è il mercato privato: in meno di 20 giorni – dall'1 al 20 maggio – sono arrivate agli uffici comunali di Milano 16.965 domande per accedere al sostegno affitto. Un massimo di 1.500 euro di contributo per pagare quattro mensilità. Le richieste sono tutte ancora da vagliare e da aggiungere (o sovrapporre) alle 36mila famiglie che hanno fatto domanda di un buono spesa da 300 o 700 euro. Cifre enormi. Sopratutto se si pensa che un bilocale medio a Milano costa 1.200-1.300 euro al mese; che le famiglie in affitto generalmente hanno un numero di componenti superiori alle media Istat (2,3 persone a nucleo) e che dal bando milanese sono esclusi in partenza tutti gli Isee superiori a 26mila e i non residenti, a cominciare da studenti fuori sede e lavoratori immigrati, italiani o stranieri, di breve periodo. “Abbiamo inviato il bando ai grandi proprietari immobiliari con più di 60 appartamenti affittati per promuoverlo – dichiara ad Affaritaliani.it Milano l'assessore Rabaiotti – perché il contributo affitto non può funzionare se la proprietà non accetta di farsi parte attiva visto che i 1.500 euro vengono accreditati sul loro conto corrente, non su quello dell'inquilino che pure può avere titolo e requisti”. “In ogni caso proporremo il passaggio al canone concordato, mediato dall'agenzia Milano Abitare, con un accordo per il futuro che vale cinque anni a un canone più basso fino al 30 per cento e un pacchetto di benefici fiscali e fondi per la morosità e le ristrutturazioni destinati ai proprietari che decidono di affittare a canoni più bassi”.

Ma l'idea fissa dell'assessore alle politiche abitative per calmierare il mercato degli affitti è far sì che l'offerta di case si adegui alla domanda. “A Milano abbiamo il 72 per cento di famiglie in proprietà e il 28 per cento in locazione. Nelle grandi città europee hanno indici doppi o tripli rispetto ai nostri, con meccanismi sociali più dinamici e mobili”. Allora avanti tutta per attrarre investimenti pubblici e privati che aumentino lo stock di case in affitto. A cominciare dall'housing sociale. Quello di Fondazione Cariplo (62 milioni di euro investiti in 20 anni), quello di Cassa depositi e prestiti e InvestiRE sgr (Banca Finnat) o di altre fondazioni bancarie o enti, come il Policlinico di Milano che punta a valorizzare il proprio patrimonio immobiliare e con i proventi costruire il nuovo ospedale, a cominciare dal maxi progetto di recupero sulle proprie case nel triangolo Paolo Sarpi-Montello-Bramante. “Dobbiamo a fatica riconquistare quote di affitto – dice Rabaiotti – e questi progetti attivi a Milano sono fra i primi in Italia. Qual è il prezzo che paghiamo in una fase di avvio e pionieristica di questa riapertura sul fronte locazione? Che per averli chiediamo poco. Perché se chiedessimo molto, come per esempio di ospitare canoni bassissimi, di prendere persone con Isee prossimi allo zero, di fornire alloggi dove a decidere le assegnazioni è il Comune stesso, allora gli operatori privati scapperebbero perché nei fatti sono attirati in modo potente dagli investimenti in proprietà e dai rendimenti”. Ora “abbiamo iniziato a strappare dagli interessi della speculazione immobiliare dei comparti di capitale più paziente – chiude l'assessore –. Con il risultato che più aumentiamo lo stock di affitto più possiamo permetterci di scendere con la remunerazione attesa e caricare di elementi sociali le operazioni immobiliari. O il mercato mette in campo tanta disponibilità di affitto da raggiungere un aggiustamento fra domanda e offerta oppure intervenendo il Comune con aree pubbliche, con capitali a basso costo, con incentivi fiscali, finanziamenti a fondo perduto, con sistemi come la proprietà convenzionata, si riesce ad abbattere i costi dell'operazione e in cambio richiedere elementi sociali sempre più marcati”.







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