Milano

Il Coronavirus si abbatte sul florido mondo culturale e creativo milanese

di Eleonora Aragona

Spettacolo, arte, cultura, eventi, anche questi settori, da sempre fiore all'occhiello di Milano, boccheggiano per via del blocco causato dal coronavirus

Il Coronavirus si abbatte sul florido mondo culturale e creativo milanese

Si sta scrivendo sull’acqua. In questa immagine si può riassumere ciò che sta accadendo nel settore culturale e creativo di Milano. Spesso ci si dimentica che le fragili attività che offrono arte, intrattenimento, bellezza e condivisione sono anche delle imprese. Imprese che spesso navigano a vista quando la situazione economica è florida, figurarsi adesso.

In piena emergenza coronavirus Milano scopre come queste attività siano una parte importante della sua economia, ma forse sta sottovalutando gli impatti che questo blocco forzato possa avere su uno dei suoi motori. In Lombardia le attività culturali e creative danno lavoro a 365 mila persone e producono 25.4 miliardi di euro di valore aggiunto. La imprese di questo settore producono il 10.1% dell’economia provinciale e occupano un buon 10.3% della popolazione.

La sola città di Milano deve il 10% del proprio Pil cittadino a teatri, musei, spettacoli dal vivo, imprese creative, editoria e comunicazione e alle proprie librerie. E conta sul 9% degli occupati. Posti di lavoro messi in discussione da questa crisi senza precedenti.

Una parte importante di queste attività dipendono dal contatto diretto con il pubblico e per loro la chiusura potrebbe protrarsi ben oltre la data del 3 Maggio. Anche se è ancora presto per avere un quadro dei danni economici arrecati da questa inattività forzata del settore Affaritaliani.it Milano ha cercato di capire cosa sta accadendo e quali sono le reali difficoltà a cui si va incontro

Le perdite di Milano e della Lombardia

L’assessore alla Cultura e per i grandi eventi di Milano, Filippo Del Corno, parlando con Affaritaliani.it Milano, ha sottolineato che le stime sulla crisi si potranno fornire solo quando ci sarà la certezza sulla riapertura e il Comune potrà capire quali attività saranno riprogrammabili e quali invece si dovranno considerare come perdite secche.

Più pessimista da questo punto di vista è stato l’assessore regionale alla Cultura, Stefano Bruno Galli, che alla stessa domanda sullo stato della crisi in questi due mesi ci ha risposto: “La situazione è drammatica. Ho musei che mi perdono 250 mila euro a settimana e in Lombardia ci sono 190 musei riconosciuti dalla Regione, ma il complesso delle attività museali è di 585 strutture”.

L’assessore della Giunta Fontana sta riprogrammando il piano annuale per la destinazione dei finanziamenti e ha sottolineato come per affrontare questa situazione i fondi prospettati nel Cura Italia siano assolutamente insufficienti: “Si parla di 10 milioni da distribuire da Bolzano a Palermo, questa cifra non basterebbe solo a me per tamponare le perdite e rilanciare le attività dei musei lombardi”.

“Per affrontare questo momento ci vuole un cambio di passo”, sostiene Galli. Ne approfitta anche per lanciare dei messaggi su come la Lombardia si troverà a rimboccarsi le maniche e farà da sola. La parola autonomia della cultura fa capolino diverse volte nella nostra conversazione. Tra le proposte dell’assessore c’è una sorta di art bonus regionale, in modo da bypassare il controllo nazionale delle risorse e per fruire dei fondi laddove c’è più bisogno.

Non c’è ancora idea delle cifre straordinarie che si potranno recuperare per il settore. Galli ha spiegato ad Affaritaliani.it Milano che per il suo comparto prevede una rivoluzione con un potenziamento delle biglietterie online, in modo da rendere meno problematici gli ingressi nei musei e sta lavorando su una semplificazione per l’accesso alle risorse. Si lavora su un bando unico piuttosto che dei soliti 12/15 suddivisi per ogni settore o microsettore.

L’assessore leghista cerca di trasmettere la massima propositiva e annuncia una rivoluzione nelle pratiche, ma non può negare che per quest’anno di dovrà fare una selezione molto dura sulle attività da finanziare. Con la speranza poi di poter recuperare su altri settori del comparto culturale l’anno prossimo. 

Serrata sui grandi appuntamenti per Milano

Scegliere sarà la parola d’ordine del Comune per quel che riguarda i suoi Grandi appuntamenti che sono diventati una delle caratteristiche di Milano. Del Corno sostiene: “I grandi eventi, una delle spine dorsali della città, dovranno fare i conti con spostamenti ridotti e si dovrà trovare nuovi modi di progettare e realizzare. Ci si deve focalizzare su quale siano gli elementi unici che contraddistinguono Milano e sui quali abbiamo la capacità di primeggiare. Io credo sia la capacità creativa dimostrata dalla città negli anni”.

Basta con la Milano in cui si sono moltiplicate le Week e i formati City che hanno seguito l’Expo. “Già prima di questo evento epidemico molte città stavano mettendo in discussione un tipo di turismo massivo e indifferenziato” ha sottolineato durante l’intervista Del Corno. “Si deve trovare equilibrio. Quando il sindaco Sala presentò il programma Fare Milano nel 2016 io presentai un Piano strategico in cui scrissi in modo molto chiaro che gli eventi non avrebbero dovuto proliferare, ma disporsi su un calendario armonico e selettivo. Poi la città si è fatta prendere la mano”.

Quest’estate, se tutto procede nel migliore dei modi e si riesce a contenere il contagio, sarà il momento della sperimentazione di eventi contingentati e in formule nuove. “Il primo appuntamento a cui si sta pensando è l’Estate sforzesca – aggiunge l’assessore -. Poi speriamo in una ripresa delle attività regolari in autunno”.

Il dramma di cinema e teatri

Mentre nei palazzi si ragiona ci sono i cinema chiusi dal 22/23 Febbraio. Domenico Dinoia, presidente dell’Associazione Generale italiana dello Spettacolo Lombardia ed esercente di cinema d’essay, ci ha aiutato a capire cosa sta comportando il blocco di questi mesi e quali sono i timori di questa categoria. “Avevamo chiuso lo scorso anno con un +12% di ingressi a Milano. Le sale di qualità a Milano e in provincia avevano segnato dei risultati molto positivi, smentendo anche le preoccupazioni sull’avvento delle piattaforme”.

Sui tempi e i modi in cui si spera di tornare al lavoro Dinoia afferma: “Sono convinto che si debba ripartire quando si potrà accogliere gli utenti senza panico ed evitare di dover misurare la febbre alla biglietteria. Poi è impensabile aprire con ingressi contingentati soprattutto per chi ha strutture di piccole dimensioni”.

I dati raccolti dall’Agis e pubblicati in questi giorni hanno monitorato il settore dello spettacolo dal vivo e si parla di 400 sale attive tra cinema e teatri nella provincia milanese. Da i botteghini dei locali lombardi arrivano i1/4 degli incassi nazionali del settore degli eventi.

Tra il 23 Febbraio e il 13 Aprile è stato stimato che siano state 3.500 le date di concerti, spettacoli e altre forme di rappresentazione cancellate, comprese le tournée e le attività delle scuole. Sono 7 milioni in meno di entrate per le imprese. Le presenze nei cinema sono state stimate in 4 milioni in meno per una perdita di incassi di 28 milioni di euro. Questo monitoraggio di Agis si basa sui dati forniti da più di 120 società lombarde. È stato perso intorno tra il 10% e il 30% del fatturato dalle diverse imprese del settore.

A rischiare sono soprattutto i più piccoli o coloro che sono ancora delle realtà giovani. Ad esempio, il Cinemino di Milano che se non si ripartirà entro l’estate, ci racconta Agata uno dei fondatori, potrebbe non sostenere i danni subiti.

La stagione teatrale è data per finita. Il timore maggiore per Umberto Angelini, direttore artistico (oltre che curatore per Triennale Milano), è che questa chiusura si protragga oltre settembre. In quel caso anche un teatro come quello della Triennale che riceve importanti finanziamenti statali potrebbe risentire di un duro contraccolpo.

Nel frattempo, si cerca di mantenere un rapporto con il proprio pubblico con attività in streaming, come con il format Decameron che ha attivato la Triennale che coinvolge artisti, designer, architetti, intellettuali, musicisti, cantanti, scrittori, registi.  “Lo scenario più ottimistico è quello di un ritorno in struttura entro settembre. Si cerca di riprogrammare il cartellone ma quello che temiamo è un po’ l’incertezza con cui le persone reagiranno nel post. Ci sarà timore di approcciarsi agli altri? E poi per molti sarà anche un periodo di lutto per le perdite subite”.

Le difficoltà dei rimborsi in attesa degli aiuti

Il direttore artistico del Carcano, Fioravante Cozzaglio, raggiunto da Affaritaliani.it Milano racconta come “Stimo il danno in circa mezzo milione di euro. Anche se l’attività è ferma per noi restano i costi di affitto, gli stipendi e poi rispetto agli aiuti ci sono molti problemi pratici. Uno tanto per fare un esempio riguarda la possibilità di rimborsare gli spettatori con dei voucher spendibili per la prossima stagione, ma questa soluzione al momento non possiamo applicarla agli abbonamenti perché manca l’approvazione sul prolungamento della validità delle tessere dalla SIAE”.

Ruben Jais, direttore generale dell’Orchestra La Verdi, stima in 200 mila euro le perdite settimanali. “Per adesso la priorità resta quella di mantenere il contatto con il nostro pubblico. Ci si sta muovendo con newsletter e con la diffusione sui canali di concerti registrati nelle stagioni precedenti. Si lavora per capire Fondo integrazione salariale, per fare in modo che i lavoratori abbiano il massimo del sostegno” ci racconta Jais.

E i lavoratori

Se c’è una cosa emersa chiaramente in queste settimane di lockdown è quanto siano precarie le situazioni dei lavoratori delle attività culturali. Se ancora ci fossero dubbi in proposito. Se i musicisti assunti stabilmente sono coperti da tutele come qualsiasi lavoratore, gli strumentisti aggiunti e quelli che lavorano a chiamata stanno vivendo un vero e proprio dramma. Firmano dei contratti anche giornalieri, non hanno ferie e malattie e se si sono trovati con meno di 30 versamenti giornalieri nel 2019 o senza un contratto attivo al 17 Marzo potrebbero essere esclusi dal bonus di 600 euro. Situazione identica per i musicisti che lavorano facendo concerti o per chi ha una sala di registrazione.

Gli attori non sono messi meglio. Carlo, attore originario della provincia, ci racconta delle tournée a Broadway cancellate, opportunità che non si ripresenteranno con la riapertura, e che se la situazione non si sblocca si è pronti a trovarsi un lavoro in attesa che si possa tornare in teatro. Anche Gilda si destreggia come può con lezioni di teatro in streaming, la richiesta del bonus per gli autonomi e augurandosi che la sospensione del mutuo arrivi per usare quei soldi per la spesa.

Matteo, performer non convenzionale, che in genere lavora in festival internazionali ed eventi come il Carnevale di Venezia ha interrotto la tournée, tutte le date estere sono state cancellate da fine Febbraio e fino a data da destinarsi. Non rientra nei beneficiari del bonus da 600 euro e ha gli alimenti da pagare all’ex compagna. Era una persona senza problemi economici prima di questa situazione e vive dei suoi spettacoli.

L’insicurezza è la cosa peggiore per queste attività basate sul contatto con il pubblico. Come si può tornare dopo questa esperienza e con quali cambiamenti ci si dovrà confrontare. Sono lavoratori stufi di essere dei resilienti paladini della cultura. In troppi danno per scontato che loro trovino il modo di farcela e che vadano avanti senza i diritti che spettano a tutti i lavoratori.

Si ci reinventa

Il post è la grande incognita su cui sia attività pubbliche che private ragionano. E sì perché ci sono locali privati che hanno un ruolo in questa storia. Il Blue Note di Milano non si può non considerare parte del panorama artistico e culturale della città con i suoi 60 mila spettatori l’anno.

Come tutti anche loro hanno subito una battuta d’arresto e stanno navigando in acque sconosciute. Andrea De Micheli, presidente e ad di Casta Diva Group azienda proprietaria del locale, annuncia che si lavora per il primo concerto in streaming del locale e su nuovi formati in virtual show. Il periodo della ripartenza per loro è settembre, almeno si spera.

Librerie ed editori come  usciranno da questa emergenza

E chiudiamo questo lungo giro con librerie ed editori, la filiera di questo settore in Lombardia produce circa 4 mld di valore aggiunto l’anno. Ci si sta inventando di tutto, dalle consegne a domicilio con ordini tramite Facebook come la Libreria Centofiori, ai gruppi di lettura su Zoom e ai concerti sui social del caffè letterario il Colibrì, fino alle presentazioni a distanza, i bonus per i clienti della Scatola Lilla. La realtà è che la chiusura delle serrande ha prodotto cali del fatturato intorno al 50%/70% alle librerie indipendenti della città. E per il mese di Aprile ci si attendono numeri anche peggiori.

Ci sono dei marchi editoriali già più preparati sul fronte e-pub e molto specializzati come catalogo, ad esempio Mimesis Edizioni, che sono riusciti a contenere su un 40% le perdite del primo mese. E che in prospettiva temono meno una crisi.

“La verità è che in questa situazione abbiamo realizzato quanto la nostra attività sia materiale, legata all’oggetto fisico e al luogo” commenta Lillo Garlisi, proprietario di Zolfo editore e del marchio Laurana. “Senza le librerie e con i canali di distribuzione online che in questa emergenza hanno dato priorità ad altro siamo senza sbocchi”.

Sulle prospettive Garlisi è realista “Il decreto liquidità al momento è solo un bel annuncio. Noi siamo attività che lavorano a debito e adesso stiamo pagando costi su ciò che abbiamo già realizzato 3 mesi fa. Se non si troverà il modo di rendere semplice e rapido questo flusso di liquidi ci saranno grossi problemi. E c’è uno scarso allarme rispetto alla crisi che potrà investire questo settore, c’è anche un certo pudore degli addetti a parlarne”.

“Con cadute del 75% dei fatturati questi 2 mesi si prospettano uno stillicidio soprattutto se tra editori, librai e distributori non si innescherà un meccanismo virtuoso e responsabile” sottolinea il presidente nazionale dell’Associazione Librerie indipendenti (che fa capo a Confcommercio) Paolo Ambrosini. “Altrimenti si innescherà una guerra interna in cui tutti rischiano di perdere e di scaricare i problemi sulla filiera”.

Si cerca di capire come rispondere e riprogrammare il piano editoriale, ma non si può ignorare che in questi giorni nei supermercati i reparti dei libri sono sbarrati dai nastri stile CSI in quanto beni non di prima necessità. È un messaggio chiaro.

 








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