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Il giallo della fonderia di Marcheno: due morti e nessuna risposta
Mario Bozzoli: il giallo di Marcheno

Il giallo della fonderia di Marcheno: due morti e nessuna risposta

di Fabrizio Carcano

Un corpo sparito nel nulla, una fornace che sembra non averlo inghiottito e un operaio morto in maniera ancora da spiegare.Voci su dissapori familiari e persino progetti omicidi tutti da verificare. E nessun fatto certo.

La verità su Mario Bozzoli, a tre anni dalla sua scomparsa, sembra ormai irraggiungibile. Zero prove, nessun indizio, quattro indagati da troppo tempo, senza che sia mai emerso qualcosa di concreto a loro carico. E un doppio mistero che sembra legato a restare tale per sempre, quello della scomparsa di Mario Bozzoli e della successiva morte di Giuseppe Gherardini.

L’ULTIMA TELEFONATA PRIMA DI SPARIRE

La sera dell’8 ottobre 2015 Mario Bozzoli è un imprenditore bresciano 50enne. Imprenditore insieme al fratello Adelio, soci alla pari di una fonderia a Marcheno. Tra i due pare ci fossero divergenze aziendali ed economiche sul futuro dello stabilimento: liti tra fratelli e soprattutto liti tra Mario e i due nipoti, i figli di Adelio, Giacomo e Alex, oggi 40 e 33 anni.

Liti come ne capitano in tante famiglie, soprattutto quando di mezzo ci sono i soldi e un’azienda. Storie come tante, ma questa è una storia diversa perché la storia di Mario Bozzoli finisce in un buco nero in una sera di inizio ottobre, un giovedì, l’8 ottobre 2015.

Una normale giornata di lavoro come tante altre, intorno alle 19 Mario terminato il suo turno esce dallo spogliatoio dove si è cambiato lasciando la tuta che utilizza nello stabilimento, e prima di salire in auto chiama la moglie per dirle che sta per arrivare a casa per cena. Come sempre.

Eppure non salirà mai in auto. Di lui verrà trovata solo la felpa che avrebbe dovuto indossare per ripararsi dal primo freddo autunnale.

La macchina resta nel parcheggio, la felpa nel corridoio, come se l’uomo non avesse mai abbandonato lo stabilimento.Impossibile sapere dove sia finito perché le telecamere puntate verso gli spogliatoi, verso i forni e verso altri locali dell’azienda quel giorno stranamente non hanno funzionato. Forse per un guasto o forse perché disattivate. Del resto i forse sono tanti in questa storia.

Un dettaglio che in ogni caso insospettisce gli inquirenti, che puntano su una direzione logica e semplice: quella del forno.

Un mostro di fuoco che si dovrebbe divorare tutto.Il teorema è elementare, Bozzoli sarebbe caduto accidentalmente oppure ci sarebbe stato gettato da vivo o da morto in quell’inferno di calore capace di sciogliere qualsiasi resto umano, si dice.

Sembra quella la soluzione del giallo.Vengono chiamati i massimi esperti in materia.Eppure tre anni dopo, al termine di una lunga serie di sofisticate analisi delle scorie dei forni, non verranno rinvenute sostanze chimiche che possano essere ricondotte alla presenza di resti umani.

Nemmeno i resti della protesi dentale di Mario Bozzoli, realizzata in titanio, l’unica in grado di rimanere intatta all’eventuale fusione del forno, che supera i mille gradi. Dunque non è stato il fuoco della fornace a far sparire Mario Bozzoli. Tuttavia Mario è scomparso e con il passare dei mesi la presunzione della sua morte diventa quasi una certezza.

IL CORPO IN UN FURGONE?

Resta un’ipotesi alternativa: che il suo corpo sia stato caricato su un furgone e portato altrove.Le telecamere esterne dell’azienda poco dopo le 19,20 inquadrano l’uscita di alcuni furgoni. Ma è un’ipotesi che non ha ancora trovato prove. Come non ci sono prove certe sul guasto alle telecamere, anche se la moglie della vittima sostiene che gli apparecchi di videosorveglianza fossero comandati attraverso una password a disposizione solo dei nipoti del Bozzoli, Alex e Giacomo. Che a distanza di tre anni continuano a professarsi innocenti pur restando indagati per omicidio e distruzione di cadavere insieme a due ex operai della ditta presente quella sera, Oscar Maggi e Aboagye Akwasi.

Ma al mistero della scomparsa di Bozzoli si intreccia un altro mistero.

LA MORTE DELL’OPERAIO

Una settimana dopo la scomparsa di Bozzoli scompare anche un suo operaio, Giuseppe Ghirardini.

Era di turno quella sera dell’8 ottobre.Lo ritrovano alcuni giorni dopo in una area boschiva della Valle Camonica, dove sarebbe andato per pescare, per rilassarsi dopo giorni in cui era teso e nervoso.E’ morto intossicato, inghiottendo una voluminosa pasticca al cianuro, un’esca per animali.Una meccanica di suicidio molto complessa, che non convince gli inquirenti, e neppure i familiari dell’operaio che escludono la volontà di farla finita. Anche questa pista non condurrà a nulla.Un altro mistero nel mistero.

VELENI FAMILIARI E VOCI SENZA RISCONTRO

E il trascorrere dei mesi e degli anni non porterà nuovi elementi concreti.

Emergeranno alla luce del sole i dissapori familiari, con la moglie di Mario ad accusare i nipoti, e voci che non troveranno riscontri, come quella di Jessica, l’ex fidanzata del giovane Giacomo Bozzoli, che si presenta dai Carabinieri accusando l’ex compagno di aver più volte detto, intorno al 2011 (quattro anni prima della scomparsa del Bozzoli), di voler uccidere lo zio e di averle chiesto addirittura di fornirle un falso alibi nel giorno in cui avrebbe messo in atto il suo piano omicida.

Ma anche questa pista non porta a nulla.Come i vari accertamenti patrimoniali sui conti degli indagati e dell’operaio trovato morto in Val Camonica. Misteri su misteri.

Per il giallo per eccellenza, due morti senza giustizia, un corpo che non si trova da oltre tre anni e un forno che ha illuso tutti, su una verità che non era stata inghiottita dal suo calore.

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