Milano

Introzzi: “La Lombardia ed il nord possono farcela anche da soli”

di Carlo Traggia di Baio

Intervista al professore Massimo Introzzi che propone i bond regionali per uscire dalla crisi economica da Coronavirus

“La Lombardia ed il nord possono farcela anche da soli” intervista al professore Massimo Introzzi che propone i bond regionali per uscire dalla crisi economica da Coronavirus.

Intervistiamo Massimo Introzzi, classe 1957, docente di economia alla università statale Bicocca di Milano, vice presidente del centro studi Sinergie, consulente finanziario di fama internazionale, siede in diversi importanti consigli di amministrazione, sposato con Viviana, ha due figli (Giorgia e Andrea), orgoglioso ufficiale degli alpini, impegnato in diverse iniziative culturali e sociali. In questo momento di grave crisi economica e finanziaria causa blocco da emergenza pandemica da Coronavirus, il Prof. Introzzi ha elaborato una proposta che è già nelle mani dei vertici della Regione Lombardia e dei partiti di centrodestra.

Quale è la Sua opinione sul terribile momento che stiamo vivendo?

Per l’economia il problema più’ grosso arriverà tra   fine maggio e fine giugno quando nonostante la possibilità di riprendere le attività, ancorché con forti limitazioni e vincoli, le aziende dopo aver smaltito il residuo delle consegne e degli ordini cominceranno ad avere problemi di approvvigionamento e di disponibilità di cassa. Il picco della crisi per le aziende sarà traslato di due o tre mesi rispetto al picco dell’epidemia e questo stato di crisi economica-finanziaria rimarrà elevato per 18/24 mesi con un possibile inizio di discesa nella seconda parte del 2023. Ritengo sia possibile un ritorno alla normalità o meglio ad una situazione stabilizzata (nuova normalità con regole riscritte) da metà/fine 2024. Per poter arrivare a vedere la stabilizzazione degli aspetti finanziari ed economici, elementi base della ripartenza, dobbiamo concentrare l’attenzione sul sostegno nei prossimi due anni alle aziende e questo a partire da subito dopo l’estate. In tutto questo le Regioni avranno un ruolo fondamentale e dovranno essere l’attore principale.

Perché  pensare a un intervento diretto delle regioni?

Indipendentemente dalle azioni che Stato, Governo, Europa, Enti ed Istituzioni Finanziarie Pubbliche o Private metteranno in campo, quale l'emissione da 100 miliardi  di euro in COVID Bond decisa da CDP a sostegno delle iniziative di contrasto alla crisi, sarà comunque necessario avere disponibilità finanziaria a livello locale. Mi permetta di puntualizzare che da settembre di quest’anno è pensabile che diminuirà drasticamente la capacità di generazione di liquidità a seguito della perdita di mercato e, probabilmente, di forza lavoro da parte delle aziende. Questo aspetto avrà un effetto devastante sui conti pubblici ed in particolare sui flussi fiscali. La riduzione del valore generato dalle aziende ed il calo dei consumi avrà effetto sia sull’imposizione diretta che sull’imposizione indiretta. Una prima ipotesi parla di una diminuzione del 30% fino a punte del 50% sul 2020 per poi risalire a valori meno drammatici ma con lentezza nei prossimi due anni, fino a fine 2023. La ricaduta sarà una diminuzione dei servizi erogati dallo stato e una probabile contrazione degli aiuti. Proprio a fronte del possibile scenario è necessario regionalizzare gli interventi e, di conseguenza, la generazione dei flussi finanziari per sostenere gli aiuti alle aziende del territorio.

La Sua proposta è di strutturare un Bond Regionale, perchè  non ricorrere ai fondi già presenti nelle Regioni o nelle Finanziarie delle Regioni?

I fondi allocati nei fondi regionali sono tendenzialmente tutti allocati a specifiche attività o voci di spesa e distrarli sarebbe difficile, lungo e, a mio giudizio, fuori luogo perché introdurrebbe ulteriore complessità nel sistema.  La definizione di uno specifico strumento, in questo caso, un Bond Regionale eventualmente garantito da fondi o asset Regionali sarebbe più semplice ed avrebbe tempi di realizzazione più veloci.  Altro punto a favore dell’ipotesi Bond è che il periodo di utilizzo del Bond sarebbe duraturo nel tempo, fino a 72 mesi nella fase di erogazione, modulato o modulabile in base alla evoluzione generale della situazione economica generale.

Quello che emerge dalla situazione attuale è la necessità di fare in fretta, ritiene che un Bond sia lo strumento corretto per dare una risposta a questa urgenza?

La soluzione, se esistesse la volontà politica, è strutturabile velocemente. Da alcune verifiche fatte: sia a livello Italia (risparmiatori ad elevato capitale, operatori della finanza e alcuni Fondi); sia a livello internazionale (fondi e fondi sovrani; esiste la disponibilità a valutare l’acquisto di questo tipo di strumento. Elemento fondamentale di questa proposta è la corretta definizione di cosa dovrebbe finanziare questo Titolo e con che orizzonte temporale. Lo strumento potrebbe essere strutturato come supporto alla liquidità nei primi 12/18 mesi con riassorbimento dei prestiti in 36 mesi e, successivamente, come supporto diretto agli investimenti: produttivi, marketing, sviluppo presenza internazionale, e innovazione.  L’innovazione sarà un fattore strategico per il rilancio dell'industria; è necessario evitare, come già evidenziato, Il concreto rischio che le aziende o gli imprenditori tra 12 mesi a fronte del dilemma se pagare gli stipendi o investire in marketing, sviluppo commerciale o innovazione debbano necessariamente scegliere gli stipendi. Questo equivarrebbe a dire che "l'intervento è andato bene ma il paziente è morto".

Chi potrebbe comprare questi titoli?

Ritengo che possano essere tre le aree di proposta del Bond. In primis una parte degli oltre 2.000 miliardi di risparmio privato e dei 1.400 miliardi di liquidità sui conti correnti; gli investitori privati potrebbero essere sollecitati dall'idea di avere disponibile un investimento a valenza sociale. Gli Italiani, nonostante ciò che si dice sono attenti e sensibili al bene della Nazione, specialmente in questo frangente. Una seconda classe di investitori sarebbero gli investitori istituzionali che avrebbero l'opportunità di diversificare il proprio portafoglio rispetto a titoli ad elevata volatilità o ai titoli di stato. Da ultima, ma non meno importante, la classe degli investitori esteri (istituzionali o private) che, a fronte dell'elevato rating e credibilità di alcune delle regioni Italiane potrebbero essere orientati ad investire.

Da ultimo, in una parola, come vede il futuro?

Complesso ma rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo, come fanno gli Alpini.







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