Milano

Italiano pro Isis istigava alla jihad: patteggia due anni

Indottrinava i giovanissimi sui social e salutava positivamente l'arrivo del Covid: Nicola "Issa" Ferrara, italiano convertito, patteggia due anni di pena

Italiano pro Isis istigava alla jihad: patteggia due anni

Lo avevano intercettato mentre indottrinava i ragazzi ad andare in moschea dopo la scuola, e mentre diceva che "il Covid e' stato una cosa positiva perche' la gente sta impazzendo e per i non musulmani tutto l'haram (parola che in arabo significa 'cio' che e' vietato') adesso e' difficile farlo", cioe' sono stati "tolti loro i vizi quali fumare, bere e andare in giro, che caratterizzano il loro stile di vita". Nicola 'Issa' (nome da convertito) Ferrara, che era stato arrestato il 7 luglio 2020 per terrorismo dopo un'operazione del Ros di Milano, e ora ha patteggiato due anni con pena sospesa e non menzione. La pena e' stata ratificata dal gup Livio Cristofano. Il 39enne originario di Canosa di Puglia (Bari) dopo una breve permanenza a San Vittore, era stato scarcerato e aveva chiesto subito il rito alternativo.

Il suo arresto fece scalpore soprattutto perche' oltre a indottrinare i giovanissimi attraverso i social, intratteneva una corrispondenza epistolare con Ghassen Hammami, detenuto nel carcere di Rossano Calabro (Cosenza) dopo un'indagine della polizia postale di Perugia e per la cui sussistenza in carcere aveva anche inviato 400 euro. Le accuse per lui erano di apologia e istigazione nell'adesione all'associazione con finalita' di terrorismo internazionale denominata Stato Islamico, con l'aggravante dell'utilizzo di strumenti informatici e telematici. Una lunga indagine quella del reparto operativo speciale milanese - guidato da Andrea Leo e coordinato dai pm Leonardo Lesti e Piero Basilone e dal capo dell'antiterrorismo, Alberto Nobili - che ha portato all'arresto, ma anche a ricostruire una fitta rete di contatti soprattutto sul web tra Nicola-Issa Ferrara e una serie di soggetti gia' arrestati in precedenti indagini antiterrorismo, come quelle di Torino e Foggia. Il gip Guido Salvini nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere scriveva che l'uomo "non era un semplice convertito, ma una persona che da qualche anno aveva deciso di dedicare la sua vita alla religione islamica con una visuale radicale, in particolare condividendo gli ideali dell'Isis ed apprezzando le doti dei principali esponenti di tali organizzazioni e di quelle che, come Al Qaeda, l'hanno preceduta storicamente". "A me Bin Laden piace", diceva al telefono con interlocutore, ma nel suo pantheon c'erano anche il califfo di Daesh Al Baghdadi e lo sceicco Abou Muhammad Al Adnani. Il processo di radicalizzazione - gia' attivo nel 2015, quando ancora l'Isis era nel pieno delle sue forze - si era approfondito tra il 2018 e il 2019, dopo 9 mesi passati tra Qatar ed Emirati Arabi Uniti "per ragioni che sono rimaste in parte sconosciute", e forse legate all'esigenza di trovare una moglie, con cui avrebbe dovuto riunirsi nei prossimi mesi. Tornato in Italia, Ferrara aveva deciso di applicare la taqiyya, ovvero la dissimulazione, cambiando frequentemente d'abito: mentre lavorava in una ditta di produzione di plexiglass vestiva all'occidentale, ma nei luoghi di culto e quando incontrava i ragazzi da trascinare nelle sue teorie estreme indossava la veste islamica (corredata dalla barba alla maniera tradizionale) e confessava: "Ostentare un largo sorriso di fronte a certe persone, mentre il nostro cuore li maledice".








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