Milano

L'addio di Pizzul alla Regione. "Ipotesi candidatura alle Europee '24"

di Nicolò Rubeis

Pizzul: "Majorino è sempre stato molto cittadino e a Milano ha il suo consenso, fuori fa un po' fatica"

L'addio di Pizzul alla Regione. "Ipotesi candidatura alle Europee '24"

"Pierfrancesco Majorino in questo momento è la figura che probabilmente interpreta al meglio un certo Pd, se vogliamo quello milanese e più identitario. Il tema è capire quanto riesca a parlare fuori Milano e alla Lombardia più profonda". Fabio Pizzul, capogruppo del Pd al Pirellone, in un'intervista ad Affaritaliani.it Milano analizza la candidatura di Majorino, quella di Letizia Moratti e l'accordo tra i dem e il M5s. "Il Pd oggi non sta benissimo, e lo scandalo europeo di certo non aiuta. Però credo ci sia voglia di cambiare in Lombardia e speriamo si riesca ad intercettarla".

Pizzul, qualcuno dice che Majorino è troppo 'milanese'.

Majorino è sempre stato molto cittadino e a Milano ha il suo consenso, fuori fa un po' fatica. Credo debba puntare su candidature nelle liste che possano fargli recuperare questo gap, tipo il sindaco Emilio Del Bono a Brescia. Lui oggettivamente ha il limite di essere troppo milanese e descritto come schiacciato sulla sinistra. Ma ha esperienza e sa che non può fare il pasdaran in ruoli istituzionali, anche se qualche malumore nell'ala più moderata rischia di generarlo.

Se Moratti avesse abiurato prima delle elezioni politiche oggi sarebbe la candidata del Pd?

Difficile dirlo. Io in tempi non sospetti avevo detto di provare a sedersi al tavolo con lei perché una parte di Lombardia produttiva, moderata e cattolica senza dubbio non avrebbe disdegnato un dialogo con il Terzo polo e quindi con Moratti. Non è stato possibile, quindi adesso siamo tutti concentrati affinché Majorino abbia il miglior risultato possibile.

Giusto fare l'accoro con il M5s?

Arrivati a questo punto era una cosa necessaria, sempre nelle condizioni date. Il tema era quello di non finire come ci si era presentati alle nazionali, con l'idea di essere isolati. Non essendo riusciti a fare un accordo con il Terzo polo era giusto andare fino in fondo per non essere da soli e avere maggior allargamento di consenso. Ma se devo dire la mia, avrei preferito fare prima dell'estate un'alleanza la più larga possibile, tenendo dentro tutti, dal Terzo polo al M5s.

Sì, ma come?

Prendendoci la responsabilità come dirigenti regionali dei vari partiti e dicendo che Roma non ci interessa e che volevamo una proposta larga fondata sulla convinzione che la Lombardia dovesse cambiare. Non si è avuto il coraggio e la forza per fare una cosa del genere.

Benedetto della Vedova è stato eletto in Parlamento nelle liste del Pd. Dopo l'accordo con il M5s, però, vuole sfilarsi dalla coalizione insieme a +Europa.

Questo è anche frutto della mancanza di leadership nel Pd a livello nazionale, che ha portato anche alla non scelta su Moratti. Con una leadership più forte qualcuno avrebbe potuto prendere coraggio e andare al tavolo con lei o con Della Vedova spiegando le ragioni dell'intesa. La scelta di Enrico Letta di lasciare il Pd senza una guida forte è molto penalizzante per chi va al voto, Lombardia e Lazio. Anche la decisione di celebrare il congresso in contemporanea con due elezioni regionali è davvero folle.

Il vero peccato originale in Lombardia è stato arrivare così tardi a un candidato?

Sono molto deluso che si sia arrivati in extremis a dover scegliere una candidatura con modalità emergenziali. Nulla contro Majorino che è, nelle condizioni date, il miglior candidato possibile. Ma essere finiti in queste situazione è una responsabilità della classe dirigente. E io mi sento parte di questo gruppo che non è stato capace di decidere per tempo. Se dovessi leggere con malignità la situazione si potrebbe pensare che si è temporeggiato perché non si volevano fare le primarie a tutti i costi. Ma con i se e con i ma non si fa la storia.

La Lega in Lombardia è davvero divisa?

Io credo ci sia una spaccatura reale. Quello che registro anche tra i vari consiglieri è un grosso malumore e un'insofferenza con cui Salvini ha condotto e sta conducendo la sua politica. C'è una sensazione di un progressivo allontanamento dalle istanze del Nord e della Lombardia che rischia di fargli perdere grande consenso. I consiglieri espulsi non potevano aspettare ancora, hanno dovuto bruciare i tempi perché Fontana stava per convocare le elezioni. Non sta a me giudicare ma credo sia solo la punta di un iceberg.

Il mondo cattolico appare diviso. Alcuni sostengono Moratti, altri Fontana. E anche parte del Pd rivendica un'eredità popolare.

Ci sono diverse sensibilità ma al momento è un po’ smarrito il mondo cattolico, e poco rappresentato. Roberto Formigoni diceva di essere il rappresentante privilegiato di quest'area, una cosa che ho sempre contestato: nessuno può arrogarsi questo diritto. I diversi partiti devono essere aperti verso questa ricchezza che va ascoltata. Ma anche il mondo cattolico, quello delle parrocchie, dei movimenti e delle associazioni, deve interrogarsi su una sua minore incisività.

Tre mandati in Consiglio regionale, una lunga militanza del Pd. Cosa farà in futuro Fabio Pizzul?

Non mi ricandido perché farlo per la quarta volta nello stesso ruolo non è sostenibile. Io faccio campagna elettorale fino al 13 febbraio in maniera convinta: se vinciamo sono disponibile per mettere la mia esperienza al servizio di Majorino, sennò sono un giornalista in aspettativa e torno volentieri a fare quel lavoro. Magari in prospettiva potrei pensare di candidarmi alle europee del 2024.








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