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Milano
L'autonomia dimenticata di Milano. Aem, Amsa, Atm? La riflessione
amsa milano

di Ambrogio Simonetta*

"Il vostro principe, nato da ingiusta stirpe, dimentico di ogni gratitudine e d'ogni timor di Dio, è entrato come volpe nella vigna del Signore e minaccia di distruggerla.” Sono parole che vengono da uno scritto antico ed ormai dimenticato, la lettera che papa Adriano IV scrisse al nobile milanese Guido di Biandrate, che si era alleato con il Barbarossa per prevalere contro i consoli Visconti e Dall’Orto a Milano, parole che predicevano con precisione la distruzione della città contesa, puntualmente avvenuta nel 1161.

E’ stata la prima, tragica verifica di ciò che succederà regolarmente ed altrettanto regolarmente verrà dimenticato : quando i milanesi chiedono aiuto per risolvere conflitti intestini ad un potere sovraordinato, sia esso l’Impero, lo Stato nazionale o alleanze continentali , perdono ..intestino e corpo intero a vantaggio della “volpe” che si era tenuta accuratamente alla larga dalle mura di Ambrogio quando le stesse erano difese dalla cittadinanza intera e dai suoi capi. Sarà forse per questo che la classe dirigente milanese ha sviluppato nel tempo una particolare abilità a vivere e “fare negozio” contando esclusivamente sulle proprie forze , cercando di convivere con il minimo danno possibile con un potere esterno , fosse francese, spagnolo, austriaco o “romano”, con il quale non si integra mai, mantenendosi estranea ma al tempo stesso il meno conflittuale possibile . Questa sorta di “autonomia convivente” con un potere esterno non ha preservato più di tanto la città dai conflitti, riproducendo più volte la situazione della “volpe nella vigna”, anche se non con gli stessi effetti radicalmente distruttivi dei tempi del Barbarossa. Il caso più recente, fortunatamente meno cruento, vede come attor giovane in questi giorni un debuttante assessore al bilancio presentato con grande pompa e curriculum ma che, chiamato a miracolo mostrare, si sta rivelando poco avvezzo e un po' protervo: per risolvere una differenza di vedute strategiche e politiche con una parte consistente del gruppo dirigente della città, ha chiamato in soccorso la struttura comunale per sfornare pareri tanto dotti quanto, ahimè, poco accurati e soprattutto si è integrato in un disegno peraltro giunto precocemente al tramonto , quello che vede le Ferrovie dello Stato come “braccio armato” della centralizzazione della politica e soprattutto della gestione dei trasporti urbani, a partire proprio da Milano e dalla sua Azienda Atm.

La vicenda non è nuova : le “ municipalizzate” sono piatto ricco e la loro difesa fu contrastata già alla nascita sia dagli industriali milanesi guidati dalla Edison di Giovanni Colombo, sia dalle varie Union de Gaze, Societè Gen. ed altre società francesi che godevano dell’appoggio del Governo sabaudo, contrasto risolto positivamente per la città solo grazie alla forte determinazione del sindaco Caldara e della sua giunta riformista ; in tempi a noi più vicini , il sindaco Albertini letteralmente svendette per puro ideologismo un pezzo della Aem con l’appoggio convinto del governo Berlusconi, mentre il sindaco Moratti, senza neppure l’alibi della ideologia e senza nessuna strategia espressa né implicita né esplicita, completò l’opera cedendo l’Amsa . Anche nel caso Atm il pensiero strategico e l’approfondimento ed il confronto sono i grandi assenti nella partita milanese, nella quale appare chiara solo la voglia di qualcuno di far vedere che a palazzo Marino forse non è cambiata la musica, ma certamente sono cambiati i suonatori .

Ne è dimostrazione l’opacità e la contraddittorietà di annunci, decisioni e perfino passaggi procedurali , che hanno sconcertato più che deluso tanto la maggioranza quanto la minoranza politica cittadina. Sarà meglio che questa situazione venga ripresa in mano con chiarezza di idee, certezza dei passaggi procedurali e capacità, quando ciò fosse necessario, di risolvere i contrasti nei luoghi deputati, primo fra tutti il Consiglio Comunale, come si fa a Milano sin dai tempi dei fratelli Verri fino a quelli di Malagodi, Bucalossi ed Aniasi : i confronti politici erano durissimi, avevano risvolti anche sui rapporti personali e di amicizia, ma venivano risolti fra i protagonisti, all’ Accademia dei Pugni od al direttivo di Partito, senza aprire le porte a nessun predatore desideroso solo di introdursi in città. Ci può illuminare per il futuro l’ultima parte della lettera di Adriano IV, laddove fa un riferimento diretto proprio alla “volpe” Barbarossa : “Egli non ha mai mantenuto nessuna delle sue promesse; ha sempre e dovunque mentito ; Egli possiede l'impero solo per merito nostro e noi abbiamo il diritto di riprendere quello che accordammo a chi credemmo capace di gratitudine. Riconducete sulla retta via il vostro principe; altrimenti, se nuovo conflitto scoppierà, anche voi sarete trascinati in un'irreparabile rovina". Conviene ricordare che pochi anni dopo Barbarossa fu sbaragliato proprio laddove oggi c’è il nodo ferroviario di Legnano, Biandrate fu distrutta e Guido scappò con l’Imperatore attraverso il valico del Gottardo..

*Ambrogio Simonetta è un nome collettivo che firma scritti, indicazioni ed anche polemiche dei municipalisti milanesi convinti che quel che Milano pensa oggi, l’Italia penserà domani, come diceva Salvemini. L’acronimo fra il vescovo Ambrogio ed il laico Cicco Simonetta simboleggia la sintesi fra le migliori antiche radici politiche, amministrative e culturali sulle quali si fonda la tradizione di buon governo e di buona politica cui si ispirano .

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