Milano

"La bolla e la bestia": il successo di Salvini? Lo spiega la scienza. VIDEO

Federico Ughi

"Comunicazione in rete, social media e democrazia" all'incontro promosso da Linfastruttura con Matteo Pucciarelli e Matteo Flora

La bolla e la bestia: comunicazione in rete, social media e democrazia

"La risposta non la devi cercare fuori, la risposta è dentro di te. E però è sbagliata": così ammoniva Corrado Guzzanti nei panni del serafico santone Quelo. Sembrava una battuta, ma è esattamente la conclusione cui giungono anche i più recenti sviluppi della psicologia cognitiva sul modo in cui i nostri processi decisionali sono condizionati - in negativo - da una serie di fattori ed elementi che nulla hanno di razionale. Roba da aule universitarie? Mica tanto, perchè conoscere tali dinamiche significa poterle governare nella quotidianità, con conseguenze macroscopiche non solo a livello individuale ma anche collettivo, ad esempio in campi come l'economia o la politica. Se ci aggiungiamo la dirompente pervasività comunicativa dei social e shakeriamo il tutto, ecco servita una possibile chiave di lettura a fenomeni quali la Brexit, la vittoria di Trump, l'ascesa dei sovranismi. O, guardando dentro ai nostri confini nazionali, all'evidente mismatch mediatico creatosi tra Matteo Salvini ed i suoi competitor.

Di questo si è parlato giovedì 20 giugno all'incontro promosso da Linfastruttura allo spazio ChiAmaMilano di via Laghetto e intitolato "La bolla e la bestia: comunicazione in rete, social media e democrazia", con il giornalista di Repubblica Matteo Pucciarelli, autore di "Anatomia di un populista. La vera storia di Matteo Salvini", e Matteo Flora, docente ed esperto di Corporate reputation, storytelling, propaganda digitale, moderati da Paolo Dell'Oca.  

sotto: il video integrale della serata (da Lenius.it)

 

"Condannati" alla superficialità

Secondo Daniel Kahneman, psicologo premio Nobel per l'Economia nel 2002, la mente umana è caratterizzata da due processi di pensiero: uno veloce ed intuitivo, battezzato "Sistema 1", l'altro più logico e riflessivo, ma anche più lento ed energivoro ("Sistema 2"). Il primo presiede ad attività cognitive automatiche ed involontarie, il secondo interviene quando siamo posti di fronte a compiti che richiedono concentrazione ed autocontrollo, ed è in grado di elaborare competenze e risposte rispetto ad operazioni complesse. "Sistema 2" tutta la vita? La risposta non è purtroppo così semplice, ha spiegato Matteo Flora. Perchè il "Sistema 2", oltre ad essere essenzialmente pigro, è comunque facilmente suggestionabile dagli stereotipi e cade in frequenti errori sistematici (bias) che per giunta fatica a voler ammettere. Non solo. Aggiunge Flora: "per la prima volta nella storia siamo esposti a troppe informazioni e non siamo in possesso di un algoritmo in grado di fornirci risposte adeguate". E così, affidarsi al "Sistema 1" diviene una necessità: "Questo entra in funzione - spiega Flora - quando siamo in pericolo, ma anche quando siamo stanchi, abbiamo poco tempo per decidere e troppe informazioni. Il 'Sistema 1' ha sempre una risposta rapida pronta". Ma non è detto che sia quella corretta.

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C'è un ambiente in cui queste dinamiche sono oggi particolarmente evidenti, ed è Facebook. Dove tutti elaboriamo input e output fondamentalmente in costante modalità "Sistema 1". Condizioni ideali per chi - con un uso consapevole di tali  processi - può così lavorare su una mirata costruzione del consenso, sfruttando anche il caratteristico meccanismo delle "bolle" per mezzo del quale la nostra identità social si muove in un habitat virtuale popolato da persone che condividono i nostri interessi e la nostra stessa visione del mondo, auto-alimentandola continuamente. "Messaggi semplici, slogan, alibi se non bugie per tutto ciò che si promette e non si riesce a mantenere - spiega Flora - sono tutte comunicazioni da 'Sistema 1'", particolarmente efficace sul social network. Uno dei problemi dunque della sinistra oggi? Continuare ad argomentare solo in modalità "Sistema 2". Incapace di prescindere da una complessità che diventa un impaccio. Almeno in certi contesti (tuttavia oggi cruciali). E a dirlo è la psicologia cognitiva.

Salvini e il "decalogo di Morisi"

Concreta dimostrazione di tutti questi ragionamenti, dunque, il successo eclatante di Matteo Salvini, che molto deve alla sua pagina Facebook, e quindi al lavoro di Luca Morisi e Andrea Paganella, mente e braccio della "Bestia", la macchina da guerra della propaganda social al servizio del leader leghista. Matteo Pucciarelli ha seguito con attenzione sin dagli esordi il fenomeno ("quando la Lega era al 4%, Morisi era ben contento di raccontare quante più cose ai giornalisti, oggi non mi parla più") e ricorda: "Cinque anni fa, notavamo Salvini arrivare un'ora prima ad ogni comizio per fare selfie con i supporter. Sembrava una sostanziale perdita di tempo. Ma tutti condividevano poi quello scatto sui propri profili, alimentando l'immagine di 'Salvini uno di noi'. Oggi, la sua pagina conta tre milioni e mezzo di iscritti, ha più fan della gran parte dei media tradizionali. Cosa significa questo? Avendo capito per primo tempo fa che le persone si informano sui social, ha il potere di dettare quotidianamente l'agenda pubblica. Non solo: è stato proprio analizzando i flussi e le reazioni ai suoi post che Salvini ha capito ad esempio che anche al Sud certi temi potevano avere risonanza", avviando così, a partire da Facebook, la svolta nazionale della Lega. "La pagina di Salvini non si limita a dare voce alla rabbia, ma la crea. La risoluzione dei problemi non è rilevante, ciò che conta è soffiare sulle paure", dice Pucciarelli.

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Ed anche tutto ciò che sembra più naïf se non vicino al trash, tra foto di grigliate a torso nudo, sughi Star e fidanzate, è in realtà frutto di una ben ponderata strategia che ha portato Salvini ad assumere una posizione di egemonia culturale. "Sulla pagina - spiega Pucciarelli - lavorano venti persone, oggi tutte stipendiate come consulenti dal ministero. E Morisi ha stilato un vero e proprio decalogo". Regole banali, come ricorrere a una punteggiatura sempre uguale, non concedersi mai pause, commentare i fatti appena accadono, rispondere ai commenti, parlare anche di ambiti extrapolitici, fare crossmedialità con tv e territorio. Precetti che tuttavia, applicati rigorosamente e con costanza, hanno creato un format di grande successo. E che molti oggi cercano di copiare. Ma l'originale è naturalmente destinato a mantenere un vantaggio. Anche perchè, ancora una volta, Morisi e la sua squadra dimostrano di voler restare almeno due passi davanti a tutti: "Ultimamente - annota Pucciarelli - stanno utilizzando gran parte degli investimenti sui social per campagne rivolte al target più giovane". Le potenziali nuove generazioni di elettori di Salvini.







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