Milano

“La madre di tutte le battaglie”: i big in corsa per le comunali

di Francesco Floris

La Lega ci crede per il 2021. “Milano post Covid? Come dopo Tangentopoli”. Fratelli d'Italia punta sui giovani: “Basta ciclabili e sicurezza, facciamo politica"

 “La madre di tutte le battaglie”: i big in corsa per le comunali

Per i massimi dirigenti della Lega Milano è “la madre di tutte le battaglie”. Una battaglia che al Carroccio sono convinti di poter vincere nel 2021. Fratelli d'Italia punta a liberare “forze fresche” nel partito senza stroncare sul nascere le ambizioni di giovani rampanti in nome di “padrini politici” e “mister” o “miss” preferenze che attraggono tanto consenso personale senza un progetto politico per la città.

C'è la partita sul candidato sindaco – certo – a sinistra come a destra. Ma in attesa che da una parte Beppe Sala indichi la via alla coalizione e dall'altra Matteo Salvini ufficializzi un nome a fine ottobre, i partiti si organizzano per la corsa a Palazzo Marino del maggio venturo. Perché oltre alla nome di punta ci sono da riempire caselle e liste per il consiglio comunale. Nel centrodestra lombardo ora ci credono che Milano sia contendibile. I vertici della Lega in Regione sentono l'odore del sangue la spiegano così ad Affaritaliani.it Milano: un Beppe Sala stanco e provato dalla crisi Covid alla fine sarà costretto a candidarsi per motivi interni al centro sinistra. E visto che in città non è il momento di tagliare nastri e celebrare il “modello” la Lega ha le chances di giocarsela. I big di via Bellerio fanno un paragone fra la Milano del post pandemia e quella che uscì distrutta – e da ricostruire – da Mani Pulite e Tangentopoli. Vinsero loro. Con Formentini. E poi governarono in maggioranza fino al 2011 con Albertini e Moratti.

A chi gli obietta che la Milano “città aperta” è l'unico capoluogo di provincia in Lombardia che respinge con forza le orde leghiste per cultura prima ancora che per politica, rispondono che così è stato in passato ma non adesso: gli equilibri sono cambiati rispetto al 2016, sostengono. Il reggente della Lega in città e uomo di Matteo Salvini, Stefano Bolognini, ha fatto un lavoro di tessitura per aprirsi a mondi che guardavano con sospetto “quelli di Pontida”. Ora Milano esprime europarlamentari leghisti e il partito è uscito dalla propria dimensione “antropologica” fatto di successi nei piccoli centri mentre si rimane invisi alle élite urbane e alle dinamiche di una metropoli. Rimane un nodo. Quelle delle candidature. Perché circolano sondaggi e report che dicono una cosa chiara: in una città contendibile sono i “big” che possono fare la differenza.

Senza raggiungere le vette di Luca Zaia in Veneto, ci sono personaggi che da soli, con i “loro” voti, possono spostare nell'ordine del 1-2 per cento. I nomi si sanno: sono quelli di Silvia Sardone, Alessandro Morelli, Stefano Bolognini, Gianmarco Senna, lo stesso Salvini. Tanto basterebbe per vincere. Quindi, candidarsi tutti? No perché poi si pone il problema dei doppi o tripli incarichi. E perché nel frattempo nei nove Municipi della città c'è movimento. Lì dove nel 2016 il centro destra ha vinto 5 a 4, anche grazie alla legge elettorale e a un regolamento che dalle parti del Partito democratico definiscono “assurdo” in attesa che i dem lo portino forse in consiglio per una discussione, sono cresciute le ambizioni dei consiglieri di municipio. Pronti e vogliosi di fare il grande salto da via Oglio (Municipio 4) o via Guerzoni (Municipio 9) fino a Piazza della Scala. “Ambizione legittima – taglia corto un alto dirigente della Lega – perché hanno lavorato cinque anni sul territorio”. Legittima ma forse poco strategica. Perché “il ragionamento da vincente è un altro: se vinco porto dentro il doppio dei consiglieri” grazie al premio di maggioranza. Per questo “la Lega non può ragionare come partito di opposizione a Milano”.

Stesse “grane” per Fratelli d'Italia, soluzioni diverse. Il partito di Giorgia Meloni, forte di sondaggi che lo danno in ascesa, può puntare a un risultato di peso sotto la Madonnina per ridisegnare anche gli equilibri dentro la coalizione. I big di Fdi a Milano e in Lombardia si conoscono: Carlo Fidanza, Marco Osnato, Stefano Maullu, Daniela Santanché, Ignazio La Russa, Riccardo De Corato. Hanno tutti altri ruoli: assessori, onorevoli, senatori o europarlamentari. Anche per loro c'è l'incognita doppio incarico. Ma soprattutto – ragiona un alto esponente del partito – c'è da puntare su un'immagine più fresca per costruire una proposta politica che guardi oltre il 2021, fino al 2026. “Siamo tornati al centro della vita milanese – dice il dirigente ad Affaritaliani.it Milano – è impensabile che si parli solo di sicurezza e ciclabili” mentre la città affronta sfide urbanistiche, lavorative, ambientali senza precedenti. “Facciamo politica” è il suo appello ai compagni di partito. Poi c'è la tattica: che senso ha candidare qualche acchiappa-preferenze da 1.500-2mila voti ciascuno, se dietro non cresce nulla? Le liste sono da fare a breve, i giovani dei Municipi devono candidarsi – è il ragionamento – e nessun “padrino politico” deve impedirlo in nome di un successo personale quanto vano. Solo così si avrà “una lista più accanita, liberando risorse, vincendo nella coalizione” si pensa dalle parti di FdI.

Francesco Floris/Fabio Massa

frafloris89@gmail.com fabio.massa@affaritaliani.it







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