Milano
La nuova moda di Milano? II flash mob “swing” in città
Per chi non ha lo smoking nell’armadio sono arrivati il latinoamericano, il tango e lo swing...
di Ugo Poletti
Dopo il rigetto sessantottino del ballo di coppia (giudicato troppo borghese e sessista), dagli anni ’90 sono ritornati i balli dove bisogna abbracciare le donne e Milano è la città che ha interpretato meglio la nuova tendenza. Una certa buona società non ha mai smesso di ballare il valzer viennese, con due eventi caratteristici: il Ballo austriaco a gennaio e il Ballo delle Rose a giugno, entrambi alla Società del Giardino. Ma per chi non ha lo smoking nell’armadio, sono arrivati il latinoamericano (salsa e merengue), il tango e lo swing (lindy hop e boogie woogie).
Sono tutti balli nati in altri Paesi e con una particolare ambientazione storica. Chi balla il valzer riassapora l’epoca di Strauss e della Felix Austria. Il latinoamericano ci porta con la fantasia alla sensualità disinibita di Cuba e Santo Domingo. Lo swing è invece un tuffo nell’America degli anni ’30 e ’40. E’ la musica dell’orchestra di Glenn Miller e la voce di Ella Fitzgerald, ritmo e melodie che anche chi non balla riconosce al volo. E’ dal ritmo dello swing che sono nati due balli strettamente imparentati tra loro: il lindy hop (dedicato all’aviatore Charles Lindbergh. “Lindy hops the Atlantic!” = “Lindberg salta l’Atlantico!”) e il boogie woogie. Sono quelle danze che abbiamo visto in qualche film sulla fine della seconda guerra mondiale con i soldati americani che ballano con ragazze francesi e italiane “liberate”.
Questa è la nuova moda che si sta diffondendo a Milano. Sempre più spesso si vedono coppie di uomini in bretelle e farfallino con donne dalle gonne larghe e foulard attorno ai capelli, che ballano nel pomeriggio in Darsena o in Piazza Gae Aulenti, all’Arco della Pace o a Piazza Leonardo da Vinci, etc. E’ il cosiddetto flash mob (= raduno di un gruppo di persone in luogo pubblico per fare un evento “toccata e fuga”), una tipologia diversa dal già rodato “tango illegal” (vedi precedente articolo). Gli amanti del flash mob trovano l’avviso con data, ora e luogo sui social network e si riuniscono con apparato musicale, bibite (ballare fa venir sete) e qualche snack per rendere speciale un pomeriggio qualsiasi milanese. Non ci sono vincoli per partecipare. Però bisogna essere raggiunti dal passaparola dei frequentatori delle scuole di ballo. Né ci sono regole particolari, a parte qualche gradito accessorio anni ’30 (la classica paglietta “boater hat” per i maschi e qualche suggestivo fiore in testa per le femmine). Ma è essenziale la voglia di invitare a ballare e lasciarsi invitare, anche se non si è ancora esperti.
Il tutto può durare 2-3 ore, se il flash mob è fisso, o pochi minuti se è itinerante con tappe (per esempio dal Castello Sforzesco alla Galleria di Corso Vittorio Emanuele II). Insomma, un uso della città allegro e anarcoide, dove il confine tra spazio dedicato al passeggio e allo shopping ed evento musicale e danzereccio si annulla e anche i passanti si fermano a vedere lo spettacolo, fotografandolo con telefonini o, i più coraggiosi, provando i passi con i ballerini che conoscono già l’arte. Inoltre, la possibilità di invitare una sconosciuta (ma anche uno sconosciuto; le donne possono prendere l’iniziativa) e guidare i suoi passi seguendo il ritmo, è un’occasione intrigante per conoscere una persona.
Il flash mob è l’occasione di giocare insieme per strada sulle note musicali di un’epoca lontana (la metà del secolo scorso), che ancora oggi fanno muovere istintivamente le gambe, con la soddisfazione di svelare la natura gaudente e trasgressiva della Milano dell’efficienza e dell’ordine. Una vera e propria trasgressione, perché si balla con il timore che appaiano i vigili urbani (obbligati per legge a disperdere un raduno non autorizzato) o la famigerata SIAE (che per legge deve tassare anche i flash mob). Ma in quel malaugurato caso, ci sarebbe un “fuggi-fuggi” generale..
@UgoPoletti