Milano
La prof sgozzata in una notte di fine estate: l’omicidio Del Gaudio di Seriate
Un omicidio senza spiegazioni, quello di Seriate. Il corpo di Gianna Del Gaudio è trovato dal marito in casa in una pozza di sangue. Ma nessuno ha sentito nulla
di Fabrizio Carcano
La prof sgozzata in una notte di fine estate: l’omicidio di Gianna Del Gaudio a Seriate
L’estate sta finendo, ma fa ancora caldo il 27 agosto del 2016. Così caldo da costringere il signor Antonio Tizzani a sfruttare le ore buie per innaffiare le piante del giardino. E’ appena scoccata mezzanotte, l’ora delle streghe e dei fantasmi. Come quello che si aggira in via Madonna delle Nevi nella periferia di Seriate, comune attaccato a Bergamo, affacciato sull’omonimo fiume Serio.
Il padrone di casa, Antonio Tizzani, 68enne pensionato delle Ferrovie, è fuori con la canna dell’acqua in mano, in una notte silenziosa, nel verde di una zona residenziale di villette a schiera, deserta in quell’ultimo scorcio di agosto. Vicini in vacanza, tapparelle abbassate, nessuna macchina che passa di lì. Finestre aperte per far entrare il fresco. E un assassino venuto dal nulla, senza un perché. Un assassino che nessun occhio elettronico ha intercettato e neppure nessun occhio umano.
Lo ha visto solo lui, il Tizzani, arrivato troppo tardi in cucina, un secondo di ritardo fatale per Gianna Del Gaudio, la moglie 63enne, un insegnante in pensione da un anno, che giace a terra in un lago di sangue. Non ha urlato, non ha tentato una reazione o una fuga.Non si è accorta di nulla. La gola tagliata da un solo colpo, da dietro, una rasoiata con un cutter.
IL FANTASMA E’ IN CUCINA?
La scena descritta dal Tizzani è agghiacciante: intravede una sagoma incappucciata, questione di un amen, l’altro scappa dal retro, inghiottito dal nulla, mentre lui si getta a terra per soccorrere la moglie ormai spirata. Un fantasma svanito con i rintocchi della mezzanotte.
Nessuna telecamera lo inquadra, nessun testimone lo incrocia.Un predatore che si sarebbe infilato nelle mura domestiche di una villetta dove c’era vita, dove gli inquilini non erano in vacanza e si erano mangiati una mozzarella a cena. È il marito a chiamare i Carabinieri, intorno all’una, dopo aver prestato i primi soccorsi inutili alla moglie e dopo aver chiesto aiuto ai pochi presenti nel vicinato, incluso il figlio.
I militari dell’Arma arrivano subito, trovano la scena ancora calda, cominciano i mille controlli sull’abitazione, evitano contaminazioni dell’ambiente. Non troveranno nessuna traccia di estranei e la pista di un misterioso molestatore incappucciato che da tempo importuna la nuora dei Tizzani si rivelerà subito una bufala.
Le indagini puntano inevitabilmente sull’unico soggetto presente sulla scena del delitto, il marito. Voci di paese si rincorrono, presunte liti tra i due, lei Gianna che tempo addietro si sarebbe presentata a scuola con dei lividi sospetti, poi delle urla sentite da alcuni vicini poco prima del delitto. Fumo senza arrosto.
Non ci sono riscontri e lo tsunami di analisi scientifiche e ad ambientali cui sono sottoposti il Tizzani e la villetta non portano a nulla in un ambiente dove, ovviamente, impronte e tracce del padrone di casa sono evidentemente ovunque.
IL RITROVAMENTO DEL CUTTER
Quaranta giorni dopo il delitto un clamoroso colpo di scena che illude su una svolta nelle indagini.
Il 6 ottobre, un uomo sta potando le siepi della sua villetta, a poche centinaia di metri da quella dei Tizzani: appesa tra i rami scorge una busta della spesa con all’interno un taglierino lungo circa 20 centimetri, un paio di guanti e alcuni resti di cibo ed un sacchetto per le mozzarelle. Sono i resti dell'ultima cena consumata dai coniugi Tizzani la sera del 26 agosto, poche ore prima del delitto. E il cutter è proprio l'arma con cui è stata assassinata Gianna, l'arma, su cui i Ris rilevano tracce di un dna maschile, misto a quello della vittima, di un soggetto ignoto ed estraneo ai familiari: il marito Antonio Tizzani, e i figli Mario e Paolo. Sulla lama erano state rilevate dai carabinieri tracce ematiche, in parte coperte dalla ruggine, appartenenti alla vittima e sul manico altre riconducibili al marito. Una prova che non porta a nulla e non aggrava il quadro indiziario a carico del Tizzani.
Ma non aiuta nemmeno nelle indagini, perché l’incappucciato, a detta del marito, indossava dei guanti, per cui non può aver lasciato impronte ne sul cutter ne sulla vittima. Tizzani resta indagato a piede libero ma la sua posizione, anche tra l’opinione pubblica bergamasca, si alleggerisce notevolmente.
E rimane una domanda: il sacchetto è rimasto appeso alla siepe per tutti quei quaranta giorni da quella notte del 27 agosto o l’assassino lo ha collocato in secondo momento tornando sulla scena del delitto?
L’OMICIDIO FOTOCOPIA DI COLOGNOLA
Quattro mesi dopo a Bergamo, a sei chilometri dalla villetta di Madonna delle Nevi, un’altra donna uccisa da un fantasma scomparso nel nulla, sempre con un fendente alla gola, un solo colpo da dietro, preciso e secco.
La vittima Daniela Roveri ha 48 anni e viene ammazzata nell’androne del portone di casa, nel quartiere periferico di Colognola. La modalità degli omicidi è quasi identica ma la comparazione delle ferite (complicata perché altezza, movimenti istintivi e ambiente possono variare traiettorie e tagli inferti) non permettono di stabilire che a colpire sia stata la stessa mano, ma nemmeno lo escludono.
E anche il DNA non aiuta, sul corpo della Roveri vengono rinvenute due tracce genetiche con un aplotipo Y maschile compatibile con tracce rinvenute sul corpo della Del Gaudio, ma non si va oltre, troppo poco per ricostruire un profilo genetico.
I laboratori del Ris vanno avanti, lavorando su possibili tracce genetiche sulla vestaglia indossata quella notte maledetta da Gianna, ma senza progressi.
IL MOVENTE DELLA RAPINA
Ma se non è stato un serial killer ad uccidere Gianna e Daniela allora chi ha ucciso Gianna?
Il marito resta sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti, ma intanto si fa strada l'ipotesi di una anomala rapina, quasi a sfondo feticista.
L'uomo incappucciato avrebbe frugato tra i cassetti della vittima e avrebbe trafugato la collanina che la Del Gaudio portava al collo. Sarebbe questo il movente? Una collanina?Avrebbe ucciso per questo il fantasma sparito nel nulla?E quel sacchetto con il cutter rinvenuto dopo quaranta giorni nonostante le perlustrazioni effettuate? E’ stato l’assassino a posizionarlo sulle siepi per farlo trovare?
Misteri di un giallo ancora aperto.
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