Milano

La scommessa di Articolo 1 MDP per uscire dalla palude della politica italiana

L’obiettivo fissato è uno: il progetto politico, e anche il metodo è uno: è quello democratico. L'analisi di Arturo Bodini

Per la Repubblica Italiana.
La drammatica crisi che sta attraversando la nostra Repubblica è ben evidente a tutti e, nonostante le interpretazioni ottimistiche su aspetti particolari, non si intravvede una decisa svolta positiva: le cause sono strutturali: pesano e vanno ben oltre le turbolenze internazionali.
 
Questo dissesto viene da lontano ed è derivato in buona parte da quella che è l’antropologia politica degli italiani (Salvatore Natoli, ed. La Scuola) che è familistica e clientelare, di conseguenza esprime una classe politica in sintonia con questi caratteri. Quest’ultima utilizza da tempo sistematicamente nel suo divenire il trasformismo, metodo introdotto da Depretis, nel lontano ottocento. Con questa prassi, si sostituisce al confronto parlamentare tra la maggioranza che governa e l’opposizione che controlla, la cooptazione nella maggioranza di elementi dell’opposizione e si creano ragnatele d’intese di tipo clientelare.

Berlinguer comprese che il trasformismo non avrebbe più sorretto lo sviluppo del Paese e propose a Moro il compromesso storico, per superare l’immobilismo politico. I tempi non erano ancora maturi , vigeva la politica della cortina di ferro.  Il muro di Berlino crollerà solo undici anni dopo.
 
L’assassinio di Moro ingessò lo spazio politico in cui il poteva operare il Governo Italiano. Venne così il tempo di Craxi, con l’espansione del debito pubblico, utilizzato per foraggiare una oligarchia politica, sottraendo risorse allo sviluppo del Paese. Tangentopoli mise alla sbarra alcuni rappresentanti di questo sistema, ma non intaccò più di tanto le consuetudini ormai inveterate della nomenclatura politica. Infatti il termine “seconda Repubblica” definisce una faticosa transizione, in cui i mali del Paese si sono progressivamente acuiti.

Un tentativo è stato fatto, per modificare il divenire di una classe politica, quando Beniamino Andreatta individuò in Prodi il leader e quest’ultimo promosse l’esperienza dell’Ulivo costruendo un progetto popolare, naufragato poi per l’assenza di una condivisione politica con i partiti che sostenevano il governo.

In questi anni non si è voluto affrontare il problema enorme del debito pubblico, che è continuato a crescere in modo esponenziale, anche in tempi recenti, togliendo risorse agli investimenti e agli interventi sociali. Le strutture amministrative sono obsolete. Il merito è escluso dal vocabolario politico ed è stato sostituito dalla parola clientelismo. E’ saltato il patto sociale tra generazioni (disoccupazione giovanile),  tra aree geografiche (il problema del meridione) e tra coetanei (esodati). La malavita organizzata trova nella corruzione ampi spazi per collusioni e solide infiltrazioni. L’evasione fiscale ha livelli ancora intollerabili. Queste ed altre emergenze hanno portato il sistema Italia in un vicolo cieco e può essere un punto di non ritorno o, più banalmente, ad ulteriore gravi difficoltà.

La classe politica ha utilizzato sistematicamente il trasformismo per governare la Repubblica e vorrebbe continuare a farlo. Eppure la Costituzione, che ha retto, e non a caso, a pesanti tentativi di destrutturazione, ha nel suo dettato le modalità per superare questa drammatica situazione. L’articolo 49 recita “Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.  
 
L’obiettivo fissato è uno: il progetto politico, e anche il metodo è uno: è quello democratico. Il tutto per portare un benessere socialmente diffuso al nostro Popolo. Tuttavia vi è una resistenza traversale e ben determinata ad ogni innovazione che comporti la modifica dello status quo. Per uscire dalla palude in cui si dibatte il nostro mondo politico, occorre l’impegno di forze politiche che abbiano il coraggio di proporre agli elettori rimedi, anche se pur drastici, risanatori, Occorre avere anche la capacità di perseguirli. E’ questa la scommessa che in modo ancora euristico ha proposto Articolo 1 MDP.

Per prima cosa occorre avere la forza di declinare il progetto politico. Fondamenta ne è stata un implicito, interessante, ma anche imperfetto, avvio. Determinato il progetto occorre confrontarsi con altre forze per attuare una convergenza attraverso una mediazione alta sui temi controversi e stabilire le effettive priorità rispetto alla situazione del Paese. Attuata questa sintesi alla coalizione non resta che confrontarsi con gli elettori. Se la maggioranza di questi ne condivideranno gli intenti occorrerà poi essere coerenti e tenaci nella realizzazione.

La proposta di costruire una alleanza politica è perciò conseguente e non propedeutica ad una convergenza progettuale. In Germania, quando si forma un governo di coalizione, le parti in causa impiegano tempi lunghi per definire in tutte le sue sfaccettature l’azione di governo. Solo così l’uscita dal PD di Articolo 1 MDP avrà un senso politico. Altrimenti si ricadrebbe nel trasformismo: attuare una generica alleanza politica e adattarla poi alle esigenze dei vari comprimari, ma non a quelle del Popolo Italiano.
                                                                                                          
Arturo Bodini
Presidente del Coordinamento Metropolitano Articolo 1 - MDP

 







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