La sfida coerente di Parisi: Fi e Lega? Neppure citati. L’analisi - Affaritaliani.it

Milano

La sfida coerente di Parisi: Fi e Lega? Neppure citati. L’analisi

di Fabio Massa

Coerente. Dopo due giorni di sostanziale noia per gli interventi (troppo serrati e troppo tecnici), Stefano Parisi sfida il centrodestra con una coerenza che potrà rivelarsi o una mossa vincente o una sconfitta cocente. Nel discorso finale della convention di due giorni al Megawatt, lo spazio industriale recuperato nella periferia sud di Milano, l’ex candidato sindaco di Milano cita due volte Silvio Berlusconi (la prima al 28esimo minuto di discorso) e mai Forza Italia. Non cita mai Matteo Salvini, o la Lega Nord. Attacca Renzi e sferra un diretto fortissimo all’ANAC di Cantone. Delinea tre temi programmatici che una volta erano patrimonio della sinistra e dai quali dovrebbe rinascere il centrodestra “lavoro, ambiente e immigrazione”. Il tutto condito con quel liberalismo che dovrebbe essere il compimento della rivoluzione liberale iniziata da Berlusconi ma tradita nei lunghi anni di statalismo e centralismo. Parisi, insomma, tira dritto anche se in sala l’aria che si respira, nelle 48 ore che dovrebbero rigenerare il centrodestra, è quella di un popolo (peraltro non numerosissimo, circa 1000 persone rispetto alle 4mila previste) composito. Tra chi ci crede, tra chi crede che questa è la volta buona (per usare uno slogan renziano) e chi invece vede l’esperienza parisiana come una sorta di “arca di Noè” nella quale imbarcare ad esempio in toto l’esperienza ciellina, con l’acqua alla gola di una crisi di consensi in trend irreversibile. 

Alla fine del discorso di Parisi non c’è più nulla, le beghe di Brunetta e Romani, il piccolo cabotaggio e il folklore della fine dell’impero di Arcore sembrano una cosa lontana. La verità è che non è una kermesse, con nani e ballerine, ma un discorso programmatico. Forse non avrà successo. Forse non raccoglierà voti, che sono l’unica dimensione misurabile della possibilità di realizzare il pacchetto di idee che comunque sono state messe in campo. Certo, qualche sbavatura c’è: il format poteva essere migliore e meno noioso, poteva esserci magari qualche imprenditore sul palco e non solo professori ed economisti. Poteva somigliare più alla costituzione di un partito piuttosto che a una esperienza da centro studi. E poi, che cosa vorrà dire quel grande PER? Forse Popolari Europei Riformisti? Chi vivrà vedrà.

@FabioAMassa
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