Milano

Lattuada (Cgil Lombardia) a Fontana: stridono gli appelli a restare in casa

Lattuada (Cgil Lombardia) a Fontana: stridono gli appelli a restare in casa se le aziende restano aperte

IMPRESE-LAVORO.COM - Milano - “Gli appelli ripetuti negli ultimi giorni dal governatore Fontana stridono con il fatto che sono ancora tante le persone che dal lunedì al venerdì devono recarsi al lavoro”. Così Elena Lattuada, segretaria generale della Cgil Lombardia, in un’intervista a Rassegna sindacale. “La situazione è drammatica. Ognuno di noi, ormai, conosce persone malate o è stato toccato da un lutto. La pressione è molto forte. Tornando alle dichiarazioni del governatore Fontana, Lattuada ha aggiunto: “Da una parte si invita tutti a rimanere in casa e, sembrando evidente che la via dell’autoregolamentazione non funziona, si invocano misure anche più restrittive. Dall’altra, al netto di alcune grandi aziende manifatturiere che hanno deciso di fermarsi, restano ancora tanti i luoghi di lavoro aperti. Non si capisce il messaggio”. “Bisogna limitare la prestazione d’opera solo dove risulta indispensabile, penso ovviamente alla sanità e a tutti gli altri settori di pubblica utilità” ha proseguito la leader sindacale. “Nel resto dei casi occorre fermarsi, altrimenti resta troppo stridente la differenza tra un messaggio che dice ‘bisogna produrre’ e un messaggio che dice ‘dovete stare in casa perché questo è l’unico modo per arginare il contagio’. Una contraddizione nella quale è incorsa la stessa Regione che, a fronte del protocollo nazionale sottoscritto, non ha voluto allargarne o estenderne alcune parti o comunque darne concreta applicazione”. Nel frattempo cosa si può fare? “In queste ore stiamo discutendo con la Regione a proposito di un rallentamento dell’attività nella grande distribuzione organizzata. Intanto i lavoratori dei trasporti hanno intensificato i turni per permettere, anche alle persone che si recano a lavoro in metropolitana e sui mezzi pubblici, il rispetto delle distanze di sicurezza imposte dal governo”. Adesso c’è anche il tema delle Rsa, le residenze sanitarie assistenziali, che in Lombardia, come è noto, hanno a disposizione tantissimi posti letto e sono strutture molto diffuse sul territorio. “Alcune di queste residenze – spiega Lattuada –  sono state adibite anche a post ricovero di persone malate di coronavirus. Ma spesso il personale delle rsa non ha né i dispositivi di protezione individuale adeguati, né la competenza professionale per gestire questa situazione. Questo, unito al fatto che per evitare la propagazione del contagio ai parenti non è consentito visitare l’ammalato, ci mette nella condizione di non sapere cosa sta accadendo in quelle strutture. Voci non confermate le raccontano come luoghi dove gli infetti, tendenzialmente persone molto fragili e molto anziane, vanno a morire”. Questa oggi è la Lombardia assediata dal coronavirus. “Una regione che pure si è sempre fatta un grande vanto delle proprie strutture ospedaliere e che certamente, se paragonata ad altre parti del Paese, ha saputo reagire. Per questo è arrivato il momento che i lombardi si fermino, restino a casa. Una misura drastica che non può essere lasciata alla responsabilità del singolo, ma deve essere accompagnata e stimolata da atti conseguenti da parte del sistema delle imprese. È necessario uno sforzo ulteriore. Come sindacato ci siamo e ci siamo stati. Nei rapporti istituzionali. Nell’assistenza alle persone, anche a distanza. Ci siamo stati fisicamente perché le strutture della Lombardia continuano a lavorare e, con le dovute precauzioni, ci sono camere del lavoro che ancora ricevono utenza, e tutte continuano a dare risposte e sostegno. Ci siamo stati perché fino a che c’è una sola persona che lavora, la Cgil c’è. Questo è stato il criterio che abbiamo usato per stringere i denti e andare avanti”.








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