Milano

Lattuada (CGIL): forte impulso ai vaccini, sistema sanitario da riformare

 

Lattuada (CGIL): ora forte impulso alla campagna vaccinale, sistema sanitario da riformare

IMPRESE-LAVORO.COM - Milano - Elena Lattuada, segretaria del sindacato più radicato in Lombardia, la CGIL, accetta di rispondere a imprese-lavoro.com sui gravi problemi della pandemia e della crisi economica. Le difficoltà della Regione Lombardia nell’affrontare la pandemia sono sotto gli occhi di tutti. Va detto che anche a Roma i problemi non mancano e sono emersi in modo chiaro nella campagna vaccinale che stenta a decollare.

Letizia Moratti sembra orientata – anche col possibile arrivo di Guido Bertolaso – a stringere i tempi di una campagna vaccinale, fino ad oggi molto incerta. Complessivamente - al netto della recente polemica sui dati – come giudica l’impegno della Regione sul fronte Covid?
“Certamente l’emergenza pandemica ha messo tutti, istituzioni – associazioni – cittadini e cittadine- di fronte alla drammatica realtà che la salute pubblica –bene dato per scontato almeno in questa parte di mondo- non è acquisita per sempre e che sono necessarie risorse, economiche e umane, per garantirla. Oggi il vaccino rappresenta una possibilità, anche se certamente i comportamenti individuali e collettivi e le scelte politiche sono indispensabili. Una campagna vaccinale che va condotta non all’insegna della concorrenza tra regioni o fra Stati, ma con scelte autorevoli che debbono provenire prima di tutto dal mondo scientifico nelle opzioni e priorità da adottare: il personale sanitario e socio-sanitario, gli anziani, il personale della scuola, coloro che più sono esposti in ragione delle professioni – pensiamo a tutti coloro che non hanno mai smesso di lavorare - e poi a seguire l’insieme della popolazione. Coscienti che la somministrazione dei vaccini deve essere garantita nel pieno rispetto delle scelte personali, anche in ragione della non obbligatorietà prevista per legge, ma con un forte impulso e informazione alla popolazione. La CGIL è a favore della campagna vaccinale, con il massimo del coinvolgimento e dell’informazione necessaria, senza produrre lacerazioni e strappi come qua e là a volte avvertiamo”.

Al di là dell’emergenza sanitaria c’è il problema di un sistema sanitario che va profondamente riformato. Su quali direttrici?
“Il sistema lombardo, ritenuto dalle giunte regionali di questi anni, il sistema dell’eccellenza italiana ha mostrato tutti i suoi limiti. Se è pur vero che la Lombardia è stata la regione più colpita dalla pandemia, nessuno può dimenticare quello che è successo nelle strutture ospedaliere e nelle RSA nella primavera scorsa e di come il sistema sanitario regionale non sia stato in grado di rispondere efficacemente, soprattutto nel prendersi carico dei bisogni dei cittadini e delle cittadine. E’ necessario una radicale riforma del sistema, a partire dal potenziamento sanitario e socio-sanitario nel territorio, dalla valorizzazione di figure e luoghi (case dalle salute o distretti) che si prendano in carico i bisogni sanitari e socio-sanitari delle persone, che si ridisegni il rapporto tra pubblico e privato che, senza alcuna demonizzazione, ridia però ruolo e funzioni alla regia pubblica della sanità lombarda, sia sul versante delle scelte che dei controlli. Su questa base CGIL CISL UIL, dopo tre giorni di presidio sotto la regione nel mese di giugno scorso, hanno elaborato e presentato le loro proposte e sono in attesa di risposte da parte della Giunta regionale, dopo un giro di confronto con tutti i gruppi consiliari, che hanno dimostrato interesse e voglia di collaborazione”.

Gli effetti della pandemia sull’economia e il mondo del lavoro sono pesanti. Oltre gli ammortizzatori sociali e i ristori alle imprese sarà necessario pensare a un modello sostenibile. La Cgil in che direzione guarda?
“Il blocco dei licenziamenti e gli ammortizzatori sono stati e sono tuttora strumenti indispensabili per evitare il dilagare di una crisi sociale, ancora più profonda di quanto abbiamo vissuto con la crisi economica del 2008 e 2012. Per questo affermiamo che il perdurare dello stato di emergenza sanitaria deve essere accompagnato da queste misure, così come è indispensabile avviare la riforma degli ammortizzatori –purtroppo ancora latente- a valere per l’insieme del mondo del lavoro, dipendenti e autonomi. Un sistema di sostegno e di politiche del lavoro che accompagni anche la trasformazione, necessaria e non più rinviabile, ambientale e sostenibile di molti settori produttivi, verso una economia green nel modo di produzione e nei prodotti: le risorse europee sono una straordinaria occasione che non può essere persa per il nostro paese. I ristori e le risorse destinate agli investimenti per le imprese, a nostro giudizio, debbono essere accompagnate dal vincolo di creare occupazione stabile, soprattutto per giovani e donne, colpiti più di altri dalle crisi degli ultimi anni. Un governo dell’economia che parta dal ruolo anche delle grandi imprese pubbliche italiane, alcune delle quali nei settori strategici per la trasformazione del paese (dal digitale all’energia all’innovazione), che possono aiutare ed essere da traino in molti settori. Abbiamo salutato con grande favore il cambiamento delle scelte politiche europee con le ricadute economiche si potrebbero determinare: il nostro paese e tutti gli attori economici e sociali debbono lavorare per consolidare i risultati, che siano prima di tutto buona occupazione, la riduzione della diseguaglianza sociale e delle opportunità e la riduzione dei divari territoriali”.

La pandemia ha accentuato i problemi nel rapporto tra regioni e governo e l’autonomia sembra essersi indebolita e questo vale per amministrazioni di colore diverso. Crede che il titolo V vada riformato e nel caso in quale direzione, per tutelare anche il mondo del lavoro?
“Come CGIL abbiamo sempre contrastato il progetto autonomista di alcune regioni del nord, a partire da quella lombarda e veneta –pur diverse tra loro-, ritenendo che il nostro paese abbia bisogno di un rilancio economico, sociale e politico e non di frammentazioni e rotture. Non ci convince un nord solo orientato verso i mercati europei e un centro-sud desertificato e senza qualità nelle produzioni. E’ forse arrivato il momento, pandemia permettendo, di ragionare e promuovere una riforma di integrazione delle autonomie: se non c’è dubbio che c’è un tema di vicinanza tra istituzioni e cittadini, di allargamento della partecipazione nelle scelte che è resa più facile se chi decide è raggiungibile, non vi è altrettanto dubbio che la legislazione concorrente non ha risposto a questi bisogni. Pensiamo ai venti modelli sanitari e come questi, di fronte al Covid, abbiano risposto in modo diverso e difforme ma complessivamente non all’altezza dell’emergenza. Tant’è che il ruolo del ministero della Sanità è stato centrale in questa fase non solo nella distribuzione delle risorse ma anche nell’orientamento delle scelte da assumere. Se poi pensiamo alle politiche del lavoro e al rapporto tra le scelte in capo alle regioni e quelle al ministero del lavoro, potremmo parlare di vero e proprio fallimento. Io credo che l’uscita dall’emergenza sanitaria dovrà portare le forze politiche e le istituzioni a ragionare e valutare quanto è accaduto e a promuovere una riflessione collettiva sul sistema delle autonomie, anche a partire dall’utilizzo delle risorse del recovery found che se disperso in mille rivoli e mille progetti rischia di essere vanificato”. (Daniele Bonecchi)

 

 







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