Milano

Lollo, il runner del cortile: 30km al giorno rispettando le norme

Amelia Cartia

Con l'ulteriore stretta delle limitazioni anche correre è un problema, ma c'è chi non rinuncia e si ingegna nel rispetto delle regole

Lollo, il runner del cortile: 30km al giorno rispettando le norme

Lorenzo Artioli, Lollo, è impiegato, ha 45 anni e una passione per la corsa, da sempre. In tempi di restrizioni anti contagio, lo spettro del coronvirus ha ristretto le sue possibilità ma non il suo spirito. E allora, in ottemperanza alla progressiva stretta imposta dal susseguirsi dei decreti del premier Giuseppe Conte, s’è dato da fare. Nei limiti delle norme.

“Ho sempre cercato - racconta ad Affari - di mantenere l’impegno con la corsa, nei limiti imposti naturalmente. Domenica mattina è venuta fuori l’ultima restrizione, allora ho messo le scarpette e sono sceso in cortile, con tanto di carta di identità. Volevo fare 20 km, ne ho fatti 30”.

Quanti giri del cortile?

“Non lo so, saranno 60. Il cortile è grande 50 metri… La corsa è una valvola di sfogo, sono sempre uscito prendendo grandi precauzioni. Prima andavo un po’ fuori, dove ero sicuro di non trovare nessuno, poi via via che i decreti stringevano, ho ristretto il cerchio intorno al palazzo, dalle parti del Naviglio. E ora il cortile”.

Sa di far parte di una categoria considerata “la strega” di questa epidemia?

“Sì, e mi dispiace. Noi runners non siamo le streghe, non siamo gli untori: a me non è capitato di sentire niente in prima persona, forse perché sono sempre intorno a casa e ho le cuffie, quindi magari mi urlano dietro e non li sento. Però amici mi hanno raccontato scene spiacevoli, di insulti, di grida. Ma d’altro canto, quelli che magari incontri in giro in macchina alle sei del mattino e ti gridano dietro, non sono loro stessi fuori casa? È diventato pericoloso, sembra che siamo gli appestati. Ma io in prima persona, come gli amici che fanno parte del gruppo che ho fondato su Facebook (Alzaia Naviglio Runners), so bene che devi essere tu il primo a preoccuparti, per te e per gli altri. Se mi capitava di incrociare altri runners sulla strada, o sul Naviglio deserto, ero io il primo a fare cenno per mantenere la distanza imposta. Poi certo, anche sul gruppo stesso non mancano i commenti arrabbiati: mi scrivono che il sudore può essere veicolo per il virus, e se con le mani sudate apro il cancello costituisco il rischio. Io rispondo che lo stesso vale per chi esce a fare la spesa, e allego foto della mia Amuchina, che porto sempre. Poi capisco che chi ha un parente malato sia ancora più spaventato, a ragione”.

In queste settimane le è capitato di essere fermato, di dover esibire l’autocertificazione?

“No, a me no. Più o meno seguiamo le stesse misure che segue chi porta fuori il cane, ci portiamo dietro la carta di identità in caso di controllo. Mi è capitato invece di incontrare dei vicini, sempre nei pressi del palazzo, che magari si sono riscoperti corridori in questo periodo, perché tutti gli altri sport sono vietati. Ci facciamo un cenno di saluto e andiamo avanti”.

Ha paura?

“Ho paura per il futuro, certo. Quando sarà finito tutto la ricostruzione sarà impegnativa. E poi ho paura perché il nemico può essere ovunque, mia suocera mi ha detto che almeno durante la guerra sapevi dove erano i rifugi in caso di bombardamento, ora non stai tranquillo nemmeno al supermercato. Ma sono sicuro che stiamo facendo le cose per bene: lavoro in una multinazionale, e i colleghi stranieri mi dicono che anche Paesi come la Germania stanno guardando all’Italia per prendere esempio, perché abbiamo avuto la sfortuna di essere i primi”.







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