Milano
Lucciole e Lanterne. La rubrica I Hate Milano
Chi non e' stato, la scorsa settimana, alla notte delle lanterne sulla Darsena? E pazienza se tra uno "zio paura fammi fare una foto all'acqua!" e un "raga ma una cartina?" di seguaci del Buddha e del suo messaggio di rinuncia al desiderio terrestre se ne son visti pochi: una folla così' in giro non la si vedeva da tempo. O forse si, la si vede ogni settimana al Rattazzo, ma un tempo quello era un problema e le affilate penne della cronaca locale di via Solferino si scatenavano in dispacci bellici come se il Ticinese fosse una Saigon con il Baffo Moretti al posto del napalm. Adesso pero' l'ordine di scuderia e' cambiato, c'e' Expo da pompare e bisogna far la guerra ai gufi quindi ale', sia benedetto il casino, che bella la musica fino a tardi e sai cosa? A me l'odore dell'urina sui muri non disturba affatto, anzi, fa tanto rustico...
Finche' dura, finche' in questo primo quarto d'estate possiamo illuderci di essere a Berlino, godiamocela senza troppi problemi. Quello che pero' risulta difficile da comprendere, a proposito di lanterne, e' quell'immondo lanternone piazzato li nel mezzo della Darsena. Gia', quel coso illuminato su cui scorrono immagini pubblicitarie 24 ore su 24 (* La rettifica di Navigli Lombardi: "Su CuboLed non scorrono immagini pubblicitarie 24 ore su 24 per la semplice ragione che i contenuti pubblicitari scorrono solo per il 40% del tempo di trasmissione... LEGGI TUTTO). Per non parlare della sponda opposta, dove trova spazio un'altra ributtante mega-installazione pubblicitaria il cui logo si ripete, ossessivo, su tutti i pali della luce. Dieci anni fa, tolsero le romantiche insegne al neon in stile anni '50 da piazza Duomo perche', si diceva allora, "deturpavano il paesaggio urbano". Dieci anni dopo, ci troviamo quel lanternone fetente a irradiare ora una fetta di prosciutto, ora uno svizzero coi baffi che ci dice di prendere il treno, ora una tizia che stringe un maglione e pare avere un orgasmo. Ecco, la cosa davvero incredibile e' come ormai tutto questo sia diventato assolutamente normale, e la pubblicità' sia diventata parte integrante e ingombrante dello spazio urbano al punto da diventare invisibile ai più'. Uno scempio accettato, tollerato, subito col sorriso sulle labbra come se non fosse possibile il contrario. Ci si strappa i capelli - giustamente - per la pagliuzza di una tag: ma non si dice niente davanti alla trave di una simile installazione, davanti al fatto che ormai un qualsiasi intervento di riqualificazione di uno spazio urbano debba necessariamente passare per la prostituzione di quello spazio a un'agenzia pubblicitaria-pappona che sfrutta un pezzo di città' come fosse una lucciola per farci su dei soldi.
A noi questo continua - e continuerà' per sempre - a fare cordialmente schifo.