Milano

Maran lancia la sua candidatura: "Non rispondo ai partiti, solo ai lombardi"

di Fabio Massa

La gente comincia ad affluire presto, in un sabato mattina un po' uggioso, al Teatro Franco Parenti. L'appuntamento - politicamente parlando -  è di quelli ghiotti: "La gran de impresa Lombardia 2023". Pierfrancesco Maran lancia la sua candidatura con una conferenza stampa che di fatto diventa appuntamento pubblico, raduno di popolo. Giù, dentro al foyer, iniziano i conciliaboli politici. Arriva Emanuele Fiano, ex deputato del Partito Democratico poi piazzato da Enrico Letta in un collegio impossibile contro Isabella Rauti. Non eletto, pareva potesse essere una candidatura dell'establishment proprio contro Pierfrancesco Maran. Ma lui, stuzzicato da Affari, nega: "Se sono venuto qui per vedere il mio sfidante? Ah no, lo escludo proprio". Niente primarie per lui. Il vero possibile competitor abita a una manciata di centinaia di metri, ed è Pierfrancesco Majorino. Lui non si vede, non scende le fatidiche scale, con un gesto che vorrebbe dire che la sua riflessione è chiusa e che la cambiale di quando Maran non si candidò alle Europee proprio per non fargli ombra è finalmente saldata. Sulle sedie si accomoda Filippo Del Corno, ex assessore alla Cultura del Comune di Milano e oggi compositore. Si è fatto crescere un filo di barba, ed è serenissimo. C'è ovviamente Pietro Bussolati, consigliere regionale e amico da sempre di Maran, vero regista delle operations. C'è Martina Riva, assessore allo Sport del Comune. C'è Cristina Tajani, ex assessore al lavoro e oggi numero uno di Anpal Servizi. C'è Massimo Scarinzi, che apre la conferenza stampa. C'è Cesare Cerea, c'è Carlo Cerami, "il partigiano del riformismo milanese", c'è Simone Dragone, c'è Davide Corritore, c'è Riccardo Rocco. C'è la sinistra radicale, la sinistra riformista, la sinistra che governa e la sinistra che contesta in consiglio regionale, la sinistra che ha votato decine di volte contro Attilio Fontana e pure contro Letizia Moratti.

IL DISCORSO DI PIERFRANCESCO MARAN

Vestito blu, camicia bianca sbottonata, taglio fresco di barbiere. "Le ultime elezioni hanno consegnato al nostro Paese il governo più a destra della nostra storia - spiega Maran - Questo per assenza di visione e di una costruzione di un'alternativa. Di solito dopo le sconfitte esiste una reazione, si scatena una energia e un entusiasmo. E' passato più di un mese e nessuno di noi ha questa sensazione di questa presa di voglia di fare e di cambiare. Io penso che quando le cose non vanno si cerca di risolverle lavorando di più, identificando quella che è la prossima sfida". Poi Maran attacca: "Noi siamo cittadini lombardi e la prossima sfida è che si sceglierà la presidenza della regione lombardia. Da oltre 30 anni la Regione è la roccaforte della destra in Italia. Cinque anni fa Giogio Gori aveva senza dubbio la proposta politica migliore, senza dubbio qualunque cittadino lombardo pensava fosse migliore, ma la contemporaneità con le elezioni politiche gli ha reso impossibile giocarsi la partita. Questa volta ci sono le condizioni, perché si vota senza le elezioni politiche. C'è una spaccatura a destra, c'è stato un litigio tra presidente e vicepresidente. Chi governa la regione è una classe politica decadente, incapace di gestire l'ordinaria amministrazione in tempi straordinari. Che non ha alcuna apertura al mondo esterno e all'innovazione. La destra lombarda è il rifiuto alla modernità, è rendita di posizione. Se ne accorgono tutti. Bisogna solo offrire loro una alternativa. Ci sono 10 milioni di lombardi che ogni giorno sono ancora più lontani da Palazzo Lombardia e cercano solo qualcun altro da votare.

Era doveroso per il centrosinistra avere una proposta polilica alternativa. Era doveroso non cedere l'iniziativa politica ad altre forze. La proposta alternativa deve essere valoriale e di discontinuità. E questo viene prima della fredda ricerca delle alleanza di laboratorio".

Poi Pierfrancesco Maran si richiama alla rivoluzione arancione di Giuliano Pisapia: "L'altro ieri Giuliano Pisapia, che solo 11 anni fa ha dato vita alla rivoluzione arancione, ha detto che è tempo di una nuova generazione. E secondo me ha ragione. La politica è coraggio, e questa candidatura rompe gli schemi. Se diamo un'idea di autonomia e libertà di pensiero, andiamo a sfidare non solo il nostro campo ma anche la Lega. In questi decenni la Lega ha fatto dell'autonomia da Roma il suo must. Ma che autonomia ha Fontana da Roma se deve aspettare un mese per sostituire Letizia Moratti?".

Il discorso da presidente

Poi arriva la parte di candidato presidente: "Se sarò presidente io risponderò ai cittadini, non ad accordi politici. Questo è un elemento essenziale del messaggio di stamattina: i lombardi votano una proposta politica che risponde solo a loro e non ai partiti. In tanti in queste ore hanno indicato una marea di limiti in questo percorso che propongo. A questi rispondo che rappresento una generazione che si confronta con il consenso. Da alcuni mesi giro la Lombardia, prima con nella presentazione del mio libro e poi con "Ricominciamo da capo". Ecco. C'è voglia di cambiare. Perché i lombardi sanno che non c'è amore in chi li governa. Vogliono vedere che da noi c'è una proposta alternativa. La mia è una proposta riformista. Il riformismo lombardo non si imbriglia in schemi. C'è una capacità e un modello che sa tenere insieme i partiti". Il resto del discorso scivola via sui temi: trasporti, casa, sanità, lavoro. Fino alla stoccata a Letizia Moratti: "Non esiste nessuna motivazione per cui un elettore del Terzo Polo non dovrebbe votare per me. Molti di loro, io penso, sono in imbarazzo a votare l'ex vicepresidente della Regione. E poi c'è da dire che se Moratti leverà voti a destra, mi aiuterà a battere Attilio Fontana". 

Le domande di Affaritaliani.it Milano

Rispondendo poi alle domande di Affaritaliani.it Milano. "Se mi candido alla Regione o alle primarie? Questa sfida rompe gli schemi perché gli schemi si sono complicati. Io sono in campo contro Moratti e Fontana. Sono pronto a correre alle primarie, e il segretario Vinicio Peluffo ha annunciato che le primarie sono lo schema, e quindi immagino che ci saranno. La mia storia politica dice che funziono se vengo legittimato da un voto popolare ed è difficile che venga cooptato". E ancora: "Se la Moratti deve partecipare a primarie? Ho invitato più volte il terzo polo a partecipare, potrei ripetere quest'oggi lo stesso invito ma dubito che cambierebbe l'approccio. Mi sembra improbabile lo scenario di Moratti alle primarie, e quindi non la vedo come una opzione realistica. Spero che ci possa essere una valutazione dopo che sarò stato scelto come candidato dai cittadini". E infine su Vinicio Peluffo: "Se si deve dimettere? Non mi sembra un problema di questo momento, ma mi sembra che il Pd debba ripartire da zero il prima possibile". Rispondendo a una domanda del Corriere: "Non mi dimetto prima di essere eletto. Ho informato il segretario Enrico Letta di questa mia decisione, e ho parlato non solo con il sindaco di Milano ma anche tanti altri sindaci metropolitani".

fabio.massa@affaritaliani.it








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