Milano

"Martina? Nessun interesse per il figlio". Affidamento, tensione coi nonni

Martina Levato in carcere, il figlio in una struttura per minori. I giudici: "Sprezzante sul futuro del bimbo". Affidamento, tensioni coi nonni. E c'è stato uno scontro tra pm e medici per le dimissioni della ragazza condannata per le aggressioni con l'acido.

"NON SONO IN GRADO DI FARE I GENITORI" - Martina Levato e Alexander Boettcher non sono in grado in questo momento di accudire il figlio. Lo sostengono i giudici del Tribunale dei minori di Milano nel provvedimento col quale hanno disposto che il bimbo venga messo in una "comunita' per soli minori anche di tipo familiare". "Si ritiene - e' quanto scrivono nel provvedimento firmato dal presidente Antonella Brambilla - che entrambi i genitori del minore non siano in grado, per quanto emerso finora dagli atti, di potersi occupare adeguatamente del figlio, per tutte le ragioni esposte ed anche considerato lo stato detentivo di entrambi, che al momento si prospetta in tempi piu' lunghi rispetto alle prime fasi di sviluppo dell'infanzia del bambino". "Il collegio ritiene quindi - e' la conclusione - che la soluzione piu' rispondente all'interesse dal bambino sia il suo collocamento presso una comunita' per soli minori anche a carattere familiare, ove lo stesso possa essere educato e assistito moralmente, pur continuando ad incontrare entrambi i genitori (il padre dal momento in cui si perfezionera' l'iter del riconoscimento) con modalita' protette e osservate cosi' come i parenti entro il quarto grado che ne facciano richiesta". I giudici dispongono poi che il Comune compia "una indagine sociale sul nucleo familiare anche allargato dei genitori entro il 30 settembre 2015".

"ATTEGGIAMENTO SPREZZANTE VERSO IL FIGLIO" - Sono molto severe le parole usate dai giudici del Tribunale dei minori di Milano nei confronti di Martina Levato. "Ai fini del presente giudizio rileva come la donna - si legge nel documento di cinque pagine - avesse subordinato il progetto procreativo e genitoriale al programma criminoso, sprezzante, non solo delle possibili conseguenze sul piano della propria liberta' personale, ma anche di quelle che sarebbero ricadute fin dai primi mesi di vita sul bambino, sulla propria possibilita' di prendersi cura di lui in una condizione di normalita' e sulle ricadute dei propri agiti sulla futura vita dello stesso".

"CRIMINE ANCHE INCINTA" - Inoltre, i quattro giudici del collegio osservano come "la Levato, pur consapevole del proprio stato di gravidanza, insieme al compagno, abbia ordito e commesso azioni gravissime, anche con l'uso di sostanze pericolose, potenzialmente dannose per la propria salute e per quella del bambino che portava in grembo". Secondo il Tribunale, la vicenda che ha portato alla condanna in primo grado a 14 anni di carcere e ad un altro procedimento a carico della ragazza, "evidenziano - sia nella loro gravita' che nel complesso dei motivi che sembrano ad essa correlati - una assenza di pensiero e di sentimento rispetto alla vita che si stava formando e una completa preponderanza di aspetti inerenti alla dimensione aggressiva e rivendicativa".

"FIGLIO NON ESPRESSIONE DI AMORE" - "Il progetto procreativo e genitoriale non pare espressione dell'amore di due genitori che vedono nel bambino la realizzazione della propria unione nella prospettiva di adempiere alla realizzazione di un bene, ma anzi sembra essersi sviluppato insieme al progetto criminoso, che prende forma all'interno di una complessa relazione di coppia, caratterizzata da aspetti fortemente problematici e anche patologici inerenti la sfera affettiva e sessuale". Lo scrivono i giudici del tribunale dei minori di Milano nel provvedimento con il quale hanno disposto di affidare ad una comunita' per minori il bimbo frutto dell'unione tra Martina Levato e Alexander Boettcher, i due giovani condannati a 14 anni di carcere per avere sfigurato con l'acido un ex compagno di studi. "Il bambino - si legge nel documento - e' stato cosi' completamente messo in secondo piano rispetto al loro progetto criminoso, sganciato dalla centralita' che un figlio dovrebbe avere nel pensiero dei genitori".

"LA MADRE POTREBBE NON CAPIRE IL BIMBO" - Secondo i giudici del Tribunale dei Minori di Milano, "non vi sono sufficienti garanzie" che Martina Levato "sia in grado di accogliere, ascoltare e comprendere i bisogni del bambino in una fase in cui i bambini si esprimono con modalita' che richiedono una specifica attivazione della sensibilita' materna". "Questa mancanza di empatia nei confronti dell'altro - osservano - si e' gia' manifestata, allo stato, nel corso della gravidanza, come incapacita' di immedesimarsi, assumere un atteggiamento tutelante nei confronti del bambino". Le considerazioni dei giudici sono in gran pare basate sugli elementi "portati all'attenzione del Tribunale dal pm" e "portano a ritenere sussistente una situazione di grave pregiudizio per l'accudimento e per lo sviluppo psicofisico del minore". I giudici parlano di "condotte di particolare gravita' commesse con modalita' crudeli, premeditate nel loro dettaglio e inserite in un disegno crimonoso che prevedeva di colpire giovani che avevano in modo diverso intrattenuto relazioni con la Levato". La perizia eseguita durante l'indagine a carico di Martina e Alex ha fatto emergere "la figura di una donna con una scarsa capacita' di affidarsi, che nel corso della perizia ha mostrato formale distacco e scarsa empatia".

TENSIONI CON I NONNI - Sulla possibilita' che il figlio della 'coppia dell'acido' finisca in adozione ai nonni, i giudici del Tribunale dei Minori sembrano essere cauti. Nel provvedimento con cui 'affidano' il piccolo a una comunita' in attesa che si compia l'iter per la sua adozione, sottolineano che l'"idoneita'" dei nonni "dovra' essere comunque vagliata, in quanto sono emersi elementi di conflittualita' e di grave tensione per entrambi i genitori con le rispettive famiglie d'origine, conflittualita' preesistenti alle vicende penali".

LO SCONTRO PM-MEDICI - Non tutti all'interno della clinica Mangiagalli di Milano avrebbero voluto dimettere gia' oggi Martina Levato e rispedirla a San Vittore. Un 'muro' eretto a protezione della ragazza da alcuni sanitari si sarebbe pero' scontrato con la volonta' del pm Marcello Musso di rimandarla in carcere una volta ricevuta la lettera di dimissioni arrivata stamattina presto sul suo tavolo e firmata dai medici della Mangiagalli. Lettera di dimissioni che sembrava il preludio a un rientro immediato in carcere dopo la decisione del Tribunale dei Minori di separare il destino della ragazza da quello del figlio, assegnato a una comunita' tramite i servizi sociali. Invece sono passate alcune ore tra le dimissioni e l'uscita dall'ospedale perche', secondo alcuni, le condizioni della donna avrebbero consigliato maggior prudenza. Anche il suo legale Stefano De Cesare, aveva parlato di condizioni di salute "non ancora compatibili con la detenzione". A quanto si e' appreso, una parte dei medici della Mangiagalli non avrebbero quindi accolto di buon grado l'invito del pm a rimandare subito Martina in carcere. La ragazza, saputo di dover tornare a San Vittore, e' stata colta da una violenta crisi di pianto.







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