Milano
Vogliono farle sposare il cugino, la salvano i professori: famigliari di una pakistana a processo
Il caso a Seregno: una 18enne ha denunciato la volontà dei suoi genitori di farle sposare un cugino. Ora i famigliari sono a processo. Il ruolo decisivo degli insegnanti
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Vogliono farle sposare il cugino, la salvano i professori: famigliari di una pakistana a processo
Una ragazza pakistana di 18 anni ha raccontato la sua opposizione al matrimonio forzato che i suoi genitori volevano imporle. La vicenda, accaduta a Seregno, ha portato all’apertura di un processo al Tribunale di Monza, dove i genitori e il fratello maggiore della giovane sono accusati di tentata induzione al matrimonio. Il Comune di Seregno si è costituito parte civile, mentre il dibattimento entrerà nel vivo a febbraio con le prime testimonianze.
Queste le sue parole, come riportato dal quotidiano Il Giorno: “Io non sarei riuscita a sottrarmi, avevo tutti contro, anche mia zia che vive a Londra. Mi dispiace per i miei familiari che mi hanno sempre trattato come una principessa, ma io non accetto un matrimonio combinato.”
Un progetto di matrimonio avviato quando lei aveva 13 anni
Secondo quanto emerso, la famiglia aveva iniziato a progettare il matrimonio quando la ragazza aveva solo 13 anni. I genitori insistevano che avrebbe potuto studiare e costruirsi una vita solo accettando il matrimonio con un cugino di 21 anni. Il rifiuto della giovane è stato però costante.
Sono stati gli insegnanti a notare segnali di malessere, tra cui episodi di autolesionismo, e a segnalare il caso ai servizi sociali. Sembrava che il progetto fosse stato abbandonato fino al 2022, quando il padre ha ripreso i preparativi, arrivando persino a farle prendere le misure per l’abito da sposa.
La situazione è precipitata nel febbraio 2023, quando una telefonata intercettata tra il padre e lo zio ha rivelato una preoccupante escalation. Lo zio si lamentava dell’opposizione della figlia a un matrimonio forzato, e il padre della giovane ha risposto con una frase inquietante: “Se si oppone chiama me... ci penso io con due colpi. Non importa se vado in carcere.”
La svolta: la fuga e il processo
Di fronte a questa situazione, la ragazza ha deciso di chiedere protezione ed è stata trasferita in una comunità protetta. Da allora, ha tagliato ogni contatto con la famiglia. “Ora si trova in una località sicura e sta ricevendo tutto il supporto necessario per costruirsi il futuro che desidera”, ha dichiarato l’avvocato Lucilla Tassi, che rappresenta il Comune di Seregno.
La Procura di Monza inizialmente aveva richiesto l’archiviazione del caso, sostenendo che il comportamento dei familiari non fosse stato minatorio, ma ispirato dal desiderio di garantirle un futuro migliore, sebbene condizionato da valori culturali. Tuttavia, la giudice per le indagini preliminari Angela Colella ha disposto l’imputazione coatta per i genitori e il fratello maggiore, riconoscendo la gravità delle pressioni subite dalla ragazza.
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