The Milan Show-Biz
I comandamenti della critica gastronomica secondo Roberta Schira
di Krystel Lowell
L'inviata speciale di Affaritaliani.it Krystel Lowell (www.theshowear.com) ha incontrato e intervistato la famosa scrittrice, giornalista e gourmet cremasca Roberta Schira. Grazie ad un'esperienza ventennale nel mondo del food e del bon ton è oggi riconosciuta come uno dei massimi esperti italiani di critica gastronomica. Collaboratrice fissa del "Corriere della Sera" con la sua rubrica "A Tavola", ha scritto numerosi ricettari e libri di successo sull'argomento.
Buongiorno Roberta e grazie per questa chiacchierata con affaritaliani.it. Sei un personaggio piuttosto eclettico nel mondo food, collabori con diversi giornali come il "Corriere della Sera", hai scritto un romanzo, una biografia e diversi manuali di antropologia alimentare. Fai la moderatrice a diversi eventi, ma cosa vuoi fare da grande?
Esattamente quello che faccio. Viaggiare e raccontare ciò che vedo e assaggio e le persone che incontro. E quando mi viene una buona idea, scrivere un libro.
Che cosa è esattamente un critico gastronomico?
Spesso oggi si confonde un critico gastronomico con un cronista o un giornalista che scrive "intorno" al mondo cibo. Un critico è qualcosa in più, è qualcuno che è in grado di spiegare cosa c'è che non va in un ristorante e in un piatto. È qualcuno che ha il coraggio di "mandare indietro" un piatto motivando educatamente con una critica sempre costruttiva e mai distruttiva. Un critico deve avere innanzittutto un "buon palato" che si ottiene al 30% assaggiando, al 30 % studiando e 30% confrontando. Il restante é una predisposizione genetica. Un vero critico come accade nell'arte, nel cinema e nel teatro esprime il proprio giudizio basandosi sulla comparazione ovvero confrontando le diverse esperienze. Se, per esempio, hai assaggiato una terrina di foie gras una sola volta, non potrai mai esprimere un giudizio perché non hai un metro di paragone.
Critico gastonomico, a nominare questa figura viene in mente il severo Anton Egò del famoso cartoon della Disney "Ratatouille"... E' così?
Non credo alla figura dal critico severo a tutti i costi. Chi fa il mio lavoro lo deve usare per cercare di cambiare le cose e aiutare gli altri a migliorare e non per un ritorno personale. E' necessario avere il coraggio di dire la verità. Piuttosto che "stroncare" un ristorante preferisco non scrivere e magari ritornarci. A volte mi reco nei locali in anonimato, a volte no. Se uno è un pessimo cuoco non si trasforma in uno bravo solo perché ci sono io seduta al tavolo. Un mio desiderio è quello di provare i ristoranti stellati all'estero in anonimato, ma è molto oneroso. Fare il critico non è una professione che rende, almeno in Italia. Come dicevo la critica deve sempre essere costruttiva. "Sparare a zero" sul lavoro degli altri è scorretto e poco etico, tutti possono sbagliare.
Ma come si diventa critici gastronomici? Qualche consiglio per gli aspiranti?
Nel mio ultimo libro "Mangiato Bene?" do dei consigli a chi vuole intraprendere questo lavoro e illustro con diversi esempi le recensioni errate. Un critico gastronomico deve avere un buon palato e una buona capacità di scrittura. È inutile scoprire un talento della cucina se poi non si riesce a trasmetterlo agli altri. Per diventare un bravo critico bisogna applicare i tre comandamenti, che sono poi la base di ogni critico, al di la' del campo di interesse: assaggiare, approfondire, comparare. Un critico che si possa definire tale deve andare spesso nei locali così come fa il critico d'arte o quello teatrale. Io ho capito che volevo fare questo lavoro (in Italia siamo pochissime) quando mio padre mi portava al ristorante da bambina e io davo mentalmente i voti ad ogni piatto.
Il tuo ultimo libro "Mangiato bene" edito da Salani e ora uscito anche in Olanda e Brasile, svela le regole universali per valutare un’esperienza gastronomica. Quali sono?
Più che regole sono categorie, sono elementi che possiamo prendere in considerazione e votare ogni volta che usciamo mangiare, che sia una semplice pizza o un piatto sofisticato. Ingredienti: senza qualità delle materie prime non si può parlare di buona cucina. Il libro ci aiuta a riconosce la qualità a partire dal pane e dall'olio, che sono le basi fondamentali. Tecnica: se non si conoscono le tecniche e i procedimenti di questa meravigliosa arte non si va da nessuna parte. Genio: se vai al ristorante devi saper riconoscere se hai di fronte un fuoriclasse o meno. Equilibrio: un piatto è giusto se è equilibrato e armonico e se nessun ingrediente sovrasta sugli altri in maniera invasiva. Atmosfera: luci, servizio, cantina, odori, e mood sono importantissimi in un ristorante e li ho racchiusi in questa categoria.
Parliamo di piatti, quali sono i tuoi preferiti?
La pizza, perché è italiana, è golosa e scatena la creatività. Perché cucinare una pizza è avere una tavolozza da dipingere ogni volta.
Cinque ristoranti assolutamente da provare a Milano?
Il mio ristorante preferito in assoluto non esiste. Ne ho uno se ho voglia di carne, uno se ho voglia di pesce, uno se ho voglia di mangiare stellato etc... Diciamo che uno dei miei preferiti è la "Langosteria 10" a Milano, il pesce migliore di sempre. Per la carne "La Griglia di Varrone", tra le cucine mix (le etniche fusion) amo "Wicky's Wicuisone Seafood" e "Bon Wei". Se voglio una serata chic vado da "Seta" al Mandarin. Il mio preferito in Lombardia è l' "Osteria della Brughiera" a Villa D'Almè vicino a Bergamo.
Quali i tuoi prossimi progetti?
Mi piacerebbe fare la radio. Ho partecipato, come ospite di diverse radio nazionali, sul tema del Bon Ton. Mi piace molto questo mezzo di comunicazione, lo trovo molto più intimo della televisione. La mia seconda passione dopo i ristoranti sono le SPA e i centri benessere. Proprio per questo inizierò a collaborare per il magazine "YOUSpa". Infine sto scrivendo un nuovo libro edito da "Vallardi", che uscirà in autunno, ma non posso dire di più.
Un sogno?
Finire la mia guida dei ristoranti nel mondo: metà romanzo e metà Chatwin - Style.