Milano, a place to be (maybe)

Borghi (ad CityLife): "Milano? E’ the place to be. E noi abbiamo cambiato la skyline della città"

di Fabio Massa

Ha preso il timone di CityLife il primo agosto 2014, Armando Borghi, amministratore delegato di CityLife voluto dall’azionista Generali. Ex ad di Gabetti Property Solutions, è anche professore alla Bocconi. In un’intervista ad Affaritaliani.it racconta: “Milano? Sicuramente è the place to be. CityLife? Mai abbassato i prezzi, siamo sicuri che sarà un successo”. L’INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT

Armando Borghi, iniziamo ad analizzare il mercato in questi anni. Sicuramente si arriva da una situazione complicata, giusto?
Parlando di mercato immobiliare bisogna fare una grande distinzione tra il residenziale e il non residenziale. Il mercato industriale è completamente inchiodato, non è un tema di prezzi. Non c’è proprio domanda.

Insomma, nessuno vuole i capannoni.
E’ mercato che semplicemente non c’è. Per il residenziale il discorso è diverso: abbiamo avuto tre cicli, ognuno di dieci anni a parte l’ultimo che è durato ben 16 anni. E’ durato il 60 per cento in più per una serie di motivi: introduzione dell’euro e immigrazione, ad esempio. Quindi era legittimo aspettarsi che la crisi non durasse tre anni, come nei due casi precedenti, ma che fosse un po’ più lunga e coerente con periodi di espansione molto più significativi. Il mercato immobiliare è una sinusoide, abbastanza prevedibile. 

Detto questo usciamo da 7 anni di crisi. 
Oggi leggendo i dati ovvero lo sconto, il tempo medio di esposizione sul mercato, i prezzi medi, il numero delle transazioni possiamo dire che Milano ha anticipato la ripresa. Quello che stiamo vedendo nel 2014 e più forte nel 2015 è la ripresa del numero delle transazioni. Dal picco i prezzi sono calati di circa il 30 per cento, ma adesso il calo sta finendo. Poi dipende dalle zone.

Quali zone hanno tenuto meglio di fronte alla crisi?
Città Studi ha tenuto meglio la crisi, infinitamente meglio del resto della città. Il centro ha tenuto perché il mercato è ingessato e le transazioni rarefatte. Nel 2016 vedremo una leggera ripartenza dei prezzi con una continua crescita del numero delle transazioni.

Diceva che uno dei motivi dell’ultimo boom era dovuto all’immigrazione. 
Sì, il valore delle transazioni per l’acquisto da immigrati è stato di circa 4 miliardi. Tuttavia l’effetto è stato molto più vasto: avendo acquistato da italiani, questi poi hanno dovuto acquistare a loro volta, ma ovviamente migliorando. Tuttavia il Paese non può reggere un’altra onda di crescita molto significativa a livello di immigrazione, quindi credo che non si tornerà mai ai livelli di crescita precedenti. 

Quindi, riassumendo?
Il 2015 è stabile, nel 2016 si cresce poco, nel 2017 si cresce molto.

CityLife a che punto è?
Noi abbiamo costruito 536 appartamenti e ne abbiamo a disposizione circa 200. Abbiamo un business plan che comporta un certo numero di vendite, un certo numero di affitti e un certo numero di formule ibride di transazione. Abbiamo la serenità di avere un azionista, Generali, molto forte e molto stabile. Non abbiamo bisogno di abbassare i prezzi per vendere. Il prezzo medio di vendita non è mai stato modificato, questo ci tengo ad evidenziarlo. Abbiamo 27 miliardi di investimenti nell’immobiliare, CityLife pesa per un percentile davvero molto piccolo. Abbassare i prezzi sarebbe suicida: il miglior modo per uccidere un’operazione di sviluppo immobiliare è proprio abbassare i prezzi. 

Perché?
Perché abbassando i prezzi chi ha comprato si sente raggirato. Nessuno di noi ha voglia di sapere che rispetto a quando ha comprato è riuscito a perderci. Se il costruttore abbassa i prezzi i clienti sono arrabbiati. Bisogna avere la forza di tenere i prezzi fermi. Anzi, quando si fa un piano di sviluppo immobiliare bisogna avere l’accortezza di fare listini dinamici: si parte un po’ più bassi e si va a finire un po’ più alti. 

Torniamo a Milano: davvero questa città è “a place to be”?
Assolutamente sì. La stampa internazionale parla piuttosto bene del Paese e molto bene di Milano. C’è un gap percettivo rispetto a Milano e al Paese. Questa operazione di sviluppo, CityLife, e l’altra operazione di sviluppo in Porta Nuova hanno cambiato lo skyline di Milano. Abbiamo dato una spinta importante. Sono fortissimamente convinto che Milano è the place to be.

Che cosa pensa dei fondi stranieri che comprano pezzi, talvolta anche molto pregiati, di Milano?
E’ una cosa totalmente positiva. Vuol dire che siamo entrati nel radar dei grandi fondi istituzionali. Milano ha il grande vantaggio rispetto a Roma di essere più appealing per gli stranieri. I motivi sono tanti: food, università, moda. Sono favorevolissimo a che gli stranieri investano in Italia. Quello che stiamo vedendo è che oltre che dal Nord America, dove però sono più speculativi, stanno arrivano molti soldi da middle east e far east però con un approccio core, cioè vengono per rimanere. Questo è molto positivo.

Se lei dovesse comprare casa non a CityLife dove la comprerebbe?
Domanda politically uncorrect. Risposta: dipende.

Lei dove la comprerebbe?
Io ho 50 anni, non ho figli: probabilmente mi comprerei un pied-a-terre in centro alla città e poi andrei a vivere fuori. Se volessi sposarmi e fare figli, allora direi CityLife senz’ombra di dubbio.

Che tipo di clienti ha CityLife? Come si è segmentato il pubblico?
A CityLife, alle Libeskind hanno comprato più famiglie, perché sono fatte a corte, dove possono giocare i bambini. Su Hadid hanno comprato famiglie e giovani coppie, professionisti a fine carriera. Si va dai 7 ai 10mila euro, prezzo mai modificato. Al 90 per cento sono italiani, mediamente l’acquirente è 50enne: chi ha comprato a 25-30 anni in effetti è stato finanziato dai genitori.

Parliamo dell’azionista, Generali.
In cima alla torre che stiamo costruendo c’è un logo enorme di Generali. E’ un segnale chiaro, no? Tra l’altro sposterà i dipendenti qui da noi. Generali ha circa 3200 dipendenti a Milano, la torre ne riceverà circa 3mila. Credono in questo progetto, è evidente.

@FabioAMassa