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Milano, a place to be (maybe)
Pietro Del Bono racconta l’aristocrazia milanese ad Affaritaliani.it
Pietro Del Bono

di Fabio Massa

Pietro Del Bono è uno dei membri della vera aristocrazia milanese. Nipote del ministro della Marina nella prima guerra mondiale, ad Affaritaliani.it racconta Milano vista con occhi “nobili”: “La nobiltà? Ormai non significa più niente. Ci sono più aristocratici di sinistra che di destra. Oggi sotto la Madonnina si inizia a respirare un clima nuovo, dopo la crisi. Chi voterei alle primarie? Sala. Se non avesse la sinistra dietro….” L’INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT

Conte Del Bono, iniziamo dalla sua famiglia…
La mia famiglia è originaria di Parma, risaliamo di padre in figlio a metà del Trecento. Come tutti.

Come tutti? Perché?
Certo, perché è da metà del Trecento che le parrocchie hanno iniziato a tenere l’elenco dei battesimi e dei matrimoni. E quindi nobili o non nobili, in tantissimi possono risalire fino al Trecento nello studio dell’albero genealogico. C’è qualche presenza di miei familiari intorno al 1100, per una pura coincidenza di nomi, anche se non abbiamo prove certe.

Quindi non siete milanesi?
Il mio ramo è stato a Parma fino a 100 anni fa. Dopodiché mio nonno è venuto a vivere a Milano, mio padre è milanese doc, come me e mio fratello.

La sua è una famiglia nobile, di conti.
Il primo stemma della famiglia, che è molto semplice, ovvero un monte con sopra una palla, lo si trova su una pala d’altare di una cappella della chiesa di San Giovanni a Parma. Il titolo di Conte è arrivato nel 1720, prima eravamo tutti notai e avvocati, e quindi non siamo nobiltà di spada. Il mio bisnonno, Alberto, entrò in Marina perché vide tornare la flotta italiana dalla sconfitta di Lissa. Disse che doveva andare in Marina per dare pace ai morti italiani. E infatti fece tutta la carriera e nella prima guerra mondiale fu comandante in capo della flotta italiana e ministro della Marina. La flotta austriaca si arrese nelle sue mani. Sua moglie era a capo delle crocerossine italiane.

Poi ci fu il fascismo.
Sì, ma eravamo tutti fuori. Nel 1920 Alberto Del Bono divenne senatore del Regno, senza prebende rispetto agli attuali senatori della Repubblica. Morì nel 1931. Da allora la famiglia non ha più avuto incarichi politici di alcun genere.

Sua madre invece è una Redaelli.
Avevamo una serie di acciaierie. Oggi la Redaelli non esiste più ormai da 40 anni.

Ci sono tanti nobili a Milano?
Di nobili ce ne sono tanti. Naturalmente non conta più nulla. I titoli sono stati aboliti nel 1946. Però c’è tanta gente in televisione che si spaccia per questo o quello, ma alla fine non ha nessuna tradizione nobiliare. Non che cambi molto: oggi come oggi la nobiltà è storia. E’ un mondo finito.

Che cosa è la nobiltà oggi?
Nulla. O meglio, è qualcosa di morale. Parlavo qualche mese fa con un ragazzo di famiglia aristocratica, di 25 anni. E lui mi disse: vedi, io non porto l’anello con lo stemma, perché io prima di mettermelo voglio guadagnarlo studiando, lavorando. Ecco, la nobiltà è questa: guadagnarsi il titolo lavorando. Portare un nome pesante è difficile.

Esiste ancora un posto dove si incontrano i nobili a Milano?
Ci sono dei circoli, ci sono in ogni città italiana. Ma non contano più. Uno entra e magari viene chiamato principe, ma poi quando è fuori fa l’impiegato.

Cioè, c’è il circolo degli abruzzesi e c’è il circolo degli aristocratici. Stessa cosa.
Esatto. Nobiltà non vuol dire avere soldi. Parlavo con un’amica di antica aristocrazia romana, con un papa e un paio di santi, e lei mi diceva che sono tutti principi, ma due generazioni dopo che erano stati fatti principi dal papa, nel Seicento, non avevano più una lira. E dal Seicento non hanno fatto altro che lavorare. Alcuni nobili fanno la fame, altri no. Alcuni hanno solo l’anello al dito ereditato dal bisnonno, altri hanno il palazzo in centro o l’impresa. Non siamo diversi dal resto degli italiani.

E’ vero che i nobili sono di destra?
Io sono stato in consiglio di zona 1, a Milano, fino al 2006. All’interno della zona 1, dove le vecchie famiglie vivono. Nel centrodestra eravamo in due aristocratici, nel centrosinistra erano quattro.

Milano le piace, dal punto di vista di una “vecchia famiglia”?
A me Milano piace molto. E’ una città molto avanti. Qui a massimo tre ore di auto ci sono le montagne più belle, il mare più bello, le città d’arte più belle.

Negli anni della crisi Milano si è un po’ addormentata e spenta. Oggi pare che questo sia il the place to be. E’ vero?
Io mi occupo di immobiliare. Io ho visto gli anni brutti. Da quattro o cinque mesi vedo uno strano risveglio. Vedo gente che arriva e ricomincia ad essere interessata. Milano è cambiata. Quando io ero ragazzino Milano puzzava in modo incredibile per i riscaldamenti a nafta. C’erano le acciaierie e le grandi industrie. Oggi si contano sulle dite di una mano, le grandi imprese. E’ tutto terziario. E Milano puzza anche di meno.

Expo è stata un successo?
A me è piaciuta molto anche se non ho capito a che cosa servisse. Poi però ho parlato con amici che avevano contatti con i padiglioni e i cluster e mi dicevano che nel retrobottega hanno fatto un sacco di business. Quindi forse Expo è davvero servita.

Dovesse partecipare alle primarie del centrosinistra chi voterebbe?
Probabilmente Beppe Sala. Ma il problema di Giuseppe Sala è che la sua maggioranza sarebbe di sinistra, e quindi non gli lascerebbe fare quel che lui potrebbe fare. Ma io sono di centrodestra, quindi sono di parte, lo confesso.

Se dovesse indicare un nome di centrodestra?
Non ne ho la più pallida idea. Vedo una tabula rasa pazzesca. Ci vorrebbe un altro Albertini. Lui sì che è stato un gran sindaco.

@FabioAMassa

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