Milano
Milano come New York: a picco il turismo, hotel in fallimento
Studio Halldis sugli impatti della pandemia: meno 80 per cento nell'estate 2020 in relazione al 2019 e una perdita del 70 per cento del fatturato
Milano come New York: a picco il turismo, hotel in fallimento
Turismo giù, hotel in fallimento, modello Airbnb a picco. È un destino ingrato quello che colpisce Halldis. Il colosso degli affitti brevi, a Milano dal 2002 e che gestisce 2mila proprietà nelle principali città vacanze italiane oltre a Parigi e Bruxelles, ha chiesto ad agosto al tribunale di Milano di essere ammesso al concordato preventivo. La crisi Covid non ha risparmiato la società fondata nel 1986 in Toscana da Leonardo Ferragamo per “vivere un soggiorno da favola”. Destino ingrato perché ancora a marzo inoltrato del 2020 si poteva leggere nella sezione “Magazine” del sito di Halldis l'articolo “Milano non si ferma mai”.“Riconquistare – recita(va) l'articolo – la fiducia da parte degli altri paesi, dopo il caos generato dalle notizie (spesso esagerate) sulla diffusione del Coronavirus. Apprendiamo infatti oggi che molte testate giornalistiche italiane sono state denunciate per procurato allarme, dopo aver inondato le edicole e i siti web di titoli sensazionalistici, scelti apposta per generare il panico. A riprova del fatto che l'Italia è un paese sicuro e Milano la sua roccaforte”.
Tempi diversi. Nel decreto estivo del tribunale meneghino che sancisce lo stato di crisi dell'azienda, firmato dalla giudice Caterina Macchi, si legge una ricostruzione diversa. La pandemia ha dato il colpo finale a conti già traballanti: 5,7 milioni di attivi e debiti totali per 12,1 milioni sono in dati finanziari che esemplificano il bilancio al 31 dicembre 2019. È la stessa società a mettere nero su bianco le criticità: “struttura del personale sovradimensionata rispetto alla quota di mercato” si legge in un passaggio; “la società ha acquisito negli anni un portafoglio di contratti e un insieme di proprietà che non le ha permesso di raggiungere il pieno equilibrio finanziario” recita un altro; “difficoltà di accesso al credito” fino ad oggi colmato dalle ricapitalizzazioni dei soci. Difficoltà che hanno generato un “significativo numero di contenziosi”. Tutto ciò in un settore caratterizzato da marginalità inferiore a quello dei competitor dell'Hotellerie.
Uno studio sul settore della stessa Halldis ha stimato gli impatti della pandemia: meno 80 per cento nell'estate 2020 in relazione al 2019 e una perdita del 70 per cento del fatturato. I principali attori del mercato tuttavia prevedono la ripartenza nei primi mesi del 2021 in occasione delle grandi manifestazioni, dal Carnevale di Venezia al Salone del Mobile di Milano.
Se gli affitti brevi piangono, gli hotel non ridono. A rischio di tracollo definitivo è il “Seven Stars Galleria” all'interno della Galleria Vittorio Emanuele. Nel 2015 Forbes lo indicava come l'unico hotel al mondo a poter vantare 7 stelle ufficiali. Ma già nell'autunno 2019 la NEVES SRL – ex Seven Stars Galleria Italia srl, società che deteneva molte concessioni all'interno di Galleria Vittorio Emanuele – si presenta in tribunale a Milano dove viene nominato un commissario giudiziale. Proprio come Townhouse.it srl. Il cui turno in corso di Porta Vittoria è arrivato invece il 10 settembre 2020 davanti alla giudice Alinda Paluchowski che ha nominato commissario il commercialista Ignazio Arcuri. La società a Milano gestisce l'omonimo “gioiello“ che guarda la Cattedrale del Duomo e un boutique hotel in via Goldoni 33 dove è registrata anche la sede. Ora ha tempo fino al gennaio 2021 per la presentazione di una proposta definitiva di concordato preventivo e accordi per la ristrutturazione dei debiti.
Entrambe le società sono state cedute come ramo d'azienda nel 2018 da Alessandro Rosso a Alexander Vik, miliardario norvegese, per un valore di 18 milioni di euro. Operazione servita a Rosso per ripianare il maxi debito nei confronti del Comune di Milano. Mentre all'epoca ha destato dubbi e curiosità l'arrivo di un finanziere come Alexander Vik sotto la Madonnina. A causa di un contenzioso multimiliardario fra il magnate scandinavo e Deutsche Bank derivante da alcune operazioni di trading effettuate durante la crisi finanziaria del 2008 negli anni in cui Vik era azionista e direttore della Sebastian Holdings Inc. Con Vik che ha citato in giudizio la banca tedesca chiedendo 8 miliardi di dollari e Deutsche Bank che si è vista riconoscere da un tribunale del Regno Unito un'ingiunzione di pagamento per 250 milioni di dollari nel frattempo cresciuti con gli interessi fino a 350 milioni. La vicenda si è conclusa nel febbraio 2020 – come riporta Bloomberg – quando Deutsche Bank ha fatto “congelare” le azioni di una società di software riconducibile alla famiglia del miliardario poi vendute in una transazione obbligatoria disposta dalle autorità norvegesi.
Nei mesi in cui Alessandro Rosso trattava con Vik per la cessione dei gioielli dell'hotellerie milanese (e per le concessioni degli ampi spazi che fanno capo a Palazzo Marino), altre trattative per la cessione di pezzi del business sono state molto chiacchierate. Si vociferava infatti l'interessamento di fondi arabi e cinesi e anche di un interessamento del Gruppo MilanoCard fondato da Edoardo Filippo Scarpellini.
Francesco Floris/Fabio Massa
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