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Milano
"Milano, edilizia scolastica pubblica agonizzante". La lettera
La scuola di via Bognetti, Milano

Riceviamo e pubblichiamo

Caro direttore,

l’edilizia scolastica pubblica milanese è davvero agonizzante. La stessa città che orgogliosamente ha ospitato l’Expo 2015 e si è candidata ad accogliere la sede dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), lascia nel più completo abbandono le scuole cittadine, costringendo ai salti mortali gli incolpevoli insegnanti e gli ancor più incolpevoli genitori. L’ultimo caso riguarda la scuola di via Bognetti (qualche centinaio di metri più a sud della prestigiosa università Bocconi), chiusa ormai dal 25 gennaio per un problema al riscaldamento. Un problema che non si è manifestato all’improvviso, se è vero che già a dicembre i bambini e le bambine erano stati costretti a indossare sciarpe e cappotti, e a mangiare nelle aule anziché in refettorio, perché lì il freddo era davvero glaciale.

Un problema, dunque, che poteva essere risolto nel periodo delle vacanze natalizie da quegli stessi operai che ormai da due anni (proprio così) lavorano alla ristrutturazione della scuola, limitando ovviamente l’utilizzo degli spazi interni ed esterni agli alunni e ai docenti.

Al limite della sopportazione, la dirigenza scolastica ha deciso di trasferire gli alunni in due edifici scolastici non distanti appartenenti allo stesso istituto onnicomprensivo: le seconde e le terze nella scuola elementare di via Antonini, le prime, le quarte e le quinte nella scuola media di via Heine.

Sorvolerò sulla sfortuna di chi – come nel mio caso personale – ha una figlia in quinta e una in seconda, e quindi deve sopportare un disagio maggiore. Il punto vero è che ad oggi non si sa quando gli alunni potranno tornare nella loro scuola. Il Comune di Milano, infatti, non è in grado di rispondere a questa semplicissima domanda. Lo scorso 2 febbraio lo staff dell’assessore ai lavori pubblici ha scritto che il 5 febbraio l’istituto avrebbe potuto ospitare alunni e docenti. Possibilità negata a seguito di un sopralluogo da parte del personale scolastico.  Il 7 febbraio l’assessore in persona ha reso noto che il riscaldamento finalmente funzionava. “Era stato installato – ha scritto via email – un pezzo sottodimensionato che causava lo spegnimento dell’impianto”. Ma l’ennesimo sopralluogo ha smentito il funzionamento e il ripristino dei locali. Le foto che allego ne sono una testimonianza. Siamo ben oltre un problema di riscaldamento.

Al di là di questo episodio specifico, sembra proprio che per i nostri amministratori pubblici (a tutti i livelli, locale e nazionale) la situazione della scuola sia grave ma non seria, parafrasando Flaiano. Tutto ciò si porta una riflessione sconfortante sullo stato della scuola pubblica che va trascende l’edilizia. C’è in generale una tendenza a non investire nella scuola pubblica – i genitori costretti a portare carta igienica, sapone e rotoli asciuga tutto sono ormai una realtà consolidata non solo a Milano – lasciando sulle spalle delle famiglie quelli che in alcuni casi sono veri e propri bisogni primari di educazione. Nelle prime classi delle elementari s’insegna inglese solo un’ora alla settimana, mentre le lezioni di religione durano due ore.

Molti corsi sono lasciati alle disponibilità delle famiglie. Insomma, la scuola italiana che è stata a lungo uno strumento di mobilità sociale e di vera integrazione oggi si differenzia drammaticamente tra una serie A per le famiglie più abbienti e una serie B per quelle meno abbienti.

Se una volta la scuola privata era in massima parte residuale, ai livelli superiori un vero e proprio diplomificio, ora sembra che il messaggio che si vuole trasmettere sia: “se te lo puoi permettere, vai alla scuola privata”.

Siamo di fronte a una crisi profondissima della nostra scuola pubblica statale, provocata in modo deliberato da chi si prefigge di demolire questo essenziale strumento di democrazia. Il Comune di Milano ci faccia capire cosa vuole fare. E ci dica finalmente quando gli alunni di via Bognetti potranno tornare nella loro scuola.

Mario Bonaccorso

 

 

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