Milano

Milano, l'erba alta ed il gioco delle tre carte

Di Sallustio Santori

L'erba alta a Milano? Non è incuria ma tutela della biodiversità. Lo certifica il paletto con QrCode. Insomma, se qualcosa non funziona, è per il nostro bene...

Milano, l'erba alta ed il gioco delle tre carte

A Milano il gioco delle tre carte, oggi, si fa con le parole. Una volta erano i soliti quattro-cinque meridionali che nella linea 2, a Garibaldi o Centrale, facevano finta di scommettere e vincere aspettando il giusto pollo da spennare. Diecimila lire di qua, cinque di là, un palo a fare segnalazioni casomai arrivasse qualche vigile o divisa curiosa. Poi la gente si è smaliziata (insomma, più o meno) e con l’arrivo dell’euro gli allegroni sono spariti.

Milano e la forza delle parole

Qualcuno dei loro discendenti, però, deve aver conseguito un master in marketing, sennò non si spiega. Non si spiega cioè come una città quale Milano, la città mitteleuropea, friendly, inclusiva, la città taaaaaaac! Che ora non è più quella di Renato Pozzetto in “Il ragazzo di campagna” del ruggente 1984, ma quella taaaaaaaaac!, di Germano Lanzoni e gli imbruttiti (una banda di geni veri della comicità, detto con ammirazione), che ha scoperto le parole e il loro potere.

Eccoci qua, in centro. Siamo ai giardini Montanelli e le aiuole sono incolte: in qualsiasi altro posto al mondo la gente manderebbe foto e lettere indignate ai giornali, criticherebbe il sindaco, sottolineerebbe come mantenere le aiuole incolte in una grande città sia il miglior modo per favorire pulci, zecche, topi, siringhe (a seconda del quartiere e della capacità di spesa dei tossicomani).

E invece no! A Milano taaaaaaaac, e il problema si risolve con un palettino infisso nel terreno incolto con un bel QR Code che ta molto taaaaaaaac così ué figa ci si informa restando produttivi in pausina pranzo e poi a fatturare, scoprendo che in realtà l’aiuola fa schifo e resta incolta e disordinata per il nostro bene.

Erba alta, altro che gli orti di guerra in Stazione Centrale

"Qui l’erba è alta per tutelare la biodiversità”, firmato – con stemma – Comune di Milano. L’Autorità ha parlato, anzi ha infisso. E siccome ha infisso io non sono così fesso, non capisco ma mi adeguo come un Maurizio Ferrini nei panni del venditore di pedalò a Quelli della Notte con Renzo Arbore e soci, 1985. Altro che i fascistissimi (Dio ce ne scampi e liberi!!!) orti di guerra coltivati davanti alla Stazione Centrale o il grano mietuto in Duomo durante la guerra: che il Duce pensasse alla tutela dell’agricoltura contro la gentrificazione, come si direbbe oggi? Se sì, sarebbe un visionario.

Siccome l’infisso non è fesso, pensate a quante soluzioni taaaaaaac si potrebbero sviluppare: “Questa scala mobile non funziona per tutelare la vostra salute facendo le scale” (e immaginate che risparmio per l’ATM che non dovrebbe più occuparsi della manutenzione delle scale mobili); “Quest’autobus è fuori servizio per farvi andare a piedi o in bicicletta, magari usando la pista ciclabile di Corso Buenos Aires che è una delle cose più inspiegabili dell’umanità dopo Stonhenge”; “Questo quartiere è una piazza di spaccio a cielo aperto perché tuteliamo l’antiproibizionismo” (alte grida di approvazione dal Boschetto di Rogoredo o dalla zona di Benedetto Marcello dove spacciano a cielo aperto, guardate i servizi pubblicati da Affari).

Se il Comune sa quello che è meglio per tutti noi...

Insomma, pensateci, è geniale! Questa cosa non funziona? Ma c’è una ragione caro pisquano: è per il tuo bene. Io, l’Istituzione-Mamma, ho pensato al tuo bene, bene che tu nemmeno conosci. Un po’ come Steve Jobs che inventava il bisogno a cui uno dei suoi prodotti avrebbe risposto, o prevedeva future necessità per proporre telefoni o tablet. Ecco, a proposito di bisogni: “Questi gabinetti sono fuori servizio per risparmiare le riserve idriche e rendere un posto migliore”. Adesso immaginate assieme: niente scale mobili, niente bus (inquinano), niente caldaie d’inverno che bruciano nafta, niente sfalci nelle aiuole, niente cessi pubblici. E magari la riapertura dei Navigli: dopodiché ci manca solo la Peste Nera e potremo festeggiare serenamente il Capodanno 1378. Si stava meglio quando si stava peggio. Anzi no: si stava meglio e basta. Il Comune sa quello che è meglio per tutti noi.








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