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Milano, fine delle piscine pubbliche? Riva: “Partenariato non significa privatizzazione”

Milano, fine delle piscine pubbliche? Riva: “Partenariato non significa privatizzazione”


Giornata di confronto serrato in Commissione Consiliare trigiunta (Sport, Antimafia e Olimpiadi). Il Comune di Milano discute di un tema spinoso: la gestione degli impianti sportivi comunali e la loro presunta privatizzazione. Motivo del contendere è stato il report: “Il fine o la fine dello sport e del tempo libero pubblico a Milano?”, curato dalla campagna di mobilitazione Sai che puoi. Il report lascia intendere che ci sia equivalenza tra partenariato pubblico privato (PPP) e privatizzazione. Narrazione prontamente smentita dall’assessora allo Sport, Martina Riva.

Il confronto sul documento di Sai che puoi sulle piscine milanesi

Il report sulla balneazione come diritto pubblico – redatto da Alessandro Coppola, Tommaso Goisis e Antonio Longo, che hanno partecipato alla seduta – vuole essere un grido d’allarme sulla situazione degli impianti per praticare sport a basso costo. In sintesi, gli attivisti denunciano una progressiva privatizzazione di molti degli oltre 140 spazi di servizi sportivi, con cambio di natura e di scopo. Oltre che di prezzi di accesso.

Riva: “PPP è una scelta sociale e necessaria”

Denuncia prontamente rimandata al mittente da Riva, che difende la soluzione del partenariato come “scelta che guarda al sociale”. Per l’assessora si tratta di una scelta necessaria per impianti spesso consegnati in condizioni critiche, a cui occorrono investimenti di milioni di euro di investimenti. “Pubblico e privato non devono essere messi per forza in contrapposizione. Anzi la forza di Milano è proprio quella di riuscire a farli collaborare in maniera efficace. Una collaborazione dove il ruolo del pubblico è quello di attrarre capitali privati e poi dettare le linee guida, massimizzando sempre l'interesse pubblico, che è sempre il nostro faro” prosegue Riva.

Partenariato non significa privatizzazione

La narrazione del report lascia intendere che ci sia equivalenza tra PPP e privatizzazione. “Non è così – replica Riva. Nel PPP, così come in tutte le concessioni, la proprietà dell'impianto resta pubblica”. Per l’assessora “il partenariato non è altro che ì un'altra porta di accesso alla concessione di servizi che prevede una lunga fase di trattativa con il proponente privato. Così è accaduto nel caso delle piscine Lido e Scarioni”. Riva respinge le accuse di pigrizia mosse alla passività del Comune che si limiterebbe a ratificare i progetti dei privati. “Dietro c’è un lavoro tecnico di valutazione del per una durata media di circa 2 anni di lavoro per gli uffici”.

A Milano 118 impianti in concessione, solo 24 a Milanosport

Nel documento gli attivisti di Sai che puoi scrivono che “con i PPP si privatizza la gestione". Dopo aver ribadito la natura di concessione dei partenariati con la gestione del servizio e i costi a carico del concessionario, Riva inserisce i tre casi di piscine sottoposte a analizzate nel report – Lido, Scarioni e Argelati – nel quadro più ampio di un sistema con 24 impianti gestiti direttamente da Milanosport e 118 in concessione. “Gestire con fondi pubblici tutti questi 118 impianti costerebbe al Comune una cifra che non riusciamo nemmeno bene a quantificare” chiosa Riva. “Del resto, non esiste nessun Comune in Italia che gestisca direttamente 142 impianti sportivi. Napoli ne gestisce una decina, ad esempio”. Per l’assessora un ulteriore implemento di impianti pubblici sarebbe uno “spreco di risorse pubbliche. Nel concreto, il progetto di ripensamento del Lido richiede 25 milioni di euro; quello di Argelati e Scarioni 18”. Cifre enormi, se si tiene conto che il budget comunale per lo sport è di circa 7 milioni all’anno.

 


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