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Milano, Franco D’Alfonso: "Al centrosinistra prima serve una federazione"

Nicolò Rubeis

Franco D'Alfonso: il centrosinistra è maggioranza da tredici elezioni, ha sempre privilegiato quelli che sono i punti in comune e non le divisioni

Milano, Franco D’Alfonso: "Al centrosinistra prima serve una federazione e poi un federatore”





"Al centrosinistra prima serve una federazione su un progetto comune e poi un federatore. Il sindaco Sala certamente sarebbe adatto". Franco D'Alfonso, ex assessore comunale tra gli artefici della 'rivoluzione arancione' di Giuliano Pisapia e presidente del centro studi Emilio Caldara, in un'intervista ad Affaritaliani.it Milano commenta i risultati delle europee e dice la sua sulla suggestione di una federazione di centrosinistra guidata da Sala. "A Milano il centrosinistra è maggioranza da tredici elezioni consecutive" osserva. "Questo perché qui il centrosinistra ha sempre privilegiato quelli che sono i punti in comune e non le divisioni". Esattamente il contrario, secondo D'Alfonso, di quello che accade a livello nazionale.




D'Alfonso, il risultato delle europee in città riflette davvero un gradimento verso l'amministrazione?
La realtà è che a Milano, dal 2011, sono tredici elezioni consecutive, tra comunali, regionali, politiche, ed europee, che vince il centrosinistra. Anche nei momenti delle sconfitte più rovinose, come quella di Majorino alle scorse regionali o il disastro di Renzi del 2018, in città ha sempre vinto la maggioranza milanese.

Questo quindi cosa vuol dire?
Secondo me due cose. Intanto c'è un evidente giudizio generale positivo sul lavoro delle amministrazioni. I milanesi protestano sui singoli aspetti ma non credono a un'alternativa di centrodestra per la città. La seconda ragione è che la composizione elettorale si sta assestando in tal senso. È un voto palesemente milanese, non a caso i risultati cambiano se andiamo a Sesto o a Pioltello.

Il centrosinistra viene premiato praticamente in tutte le grandi città.
Un dato che è sicuramente europeo e mondiale. Anche in Polonia, quando governava la destra conservatrice e reazionaria, Varsavia e Danzica erano sempre in mano al centrosinistra. Londra non ha mai avuto un sindaco non di sinistra. Berlino e Monaco hanno sempre avuto tendenze di sinistra. Per non parlare della distanza che c’è tra le città americane e il resto del Paese. Non c'è dubbio: c'è un orientamento politico e sociale non ideologico sul mondo urbano. Le città sono più internazionali, più cosmopolite. Il messaggio semplificato e non sofisticato della destra attecchisce maggiormente in realtà diversamente colte, che hanno più a che fare con la complessità della società.

Sala può essere la figura del Nord in grado di unire il centrosinistra?
Sì, ma occorrono delle precisazioni. Sala adesso, e Pisapia prima, sono riusciti a tenere insieme una maggioranza di centrosinistra larga non perché sono bravi alchimisti ma perché hanno tenuto una barra politica dritta. Non sono stati insieme intorno a una coalizione fatta con le pezze a colori. L'accordo è stato sugli obiettivi di fondo. Diciamo che più che una formula, quello di Milano è un metodo. Si parte dai problemi, si mettono insieme le persone e poi si sceglie un candidato consono. Le soluzioni personalistiche sono già fallite. Il miglior solista espresso ultimamente dal centrosinistra, Matteo Renzi, è precipitato nel fatto di non essere più presentabile se non nel circolo delle sue amicizie...

E quindi?
Non credo che serva un federatore al centrosinistra. Semmai serve prima una federazione e un progetto comune. E poi dopo un interprete. Sala, che è un sindaco politico e che non è più definibile come sindaco manager, certamente può esserlo e potrebbe essere adatto.

A Milano, visti i risultati e le difficoltà del centrodestra, il rischio non è quello di sottovalutare l'avversario?
Sottostimare gli avversari è l'errore più grande che si può fare ed è un rischio che esiste. Se la maggioranza è così stabile da anni, è anche perché a Milano il centrodestra non ha mai espresso una classe dirigente. Dopo Pisapia, Sala non era un leader riconosciuto ma un ottimo candidato. Eppure vinse, anche se di stretta misura, le primarie e poi sempre di stretta misura le elezioni vere e proprio. Lo fece perché non era da solo. Se fosse stato da solo non avrebbe superato nemmeno le primarie. La differenza vera che c'è a Milano con la destra è che la destra non è stata capace di esprimere una classe dirigente nuova e diversa da quella dell'epoca berlusconiana. Gabriele Albertini quando è stato presentato era sconosciuto ma garantiva Silvio Berlusconi. All'epoca Berlusconi avrebbe eletto anche il suo portinaio. Poi è evidente che Albertini non si è dimostrato un portinaio...

Come andrà scelto il candidato che raccoglierà l'eredità di Sala?
Sicuramente non attraverso un beauty contest. E non servirà nemmeno stare lì con il lanternino. Toccherà ai dirigenti politici, che in questi anni magari si sono visti meno perché l'attenzione maggiore è stata sulla figura del sindaco. Ma non fai 13 vittorie consecutive perché c'è un uomo solo al comando. I dirigenti devono essere capaci di esprimere un sindaco come parte di una classe dirigente.







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