Milano

Milano, la lettera di Delpini ai fratelli musulmani è un atto di sottomissione

Di Sallustio Santori

Le parole dell’Arcivescovo di Milano ai “fratelli e sorelle musulmani” per la fine del Ramadan profumano di sottomissione

Milano, la lettera di Delpini ai fratelli musulmani è un atto di sottomissione

Tante belle parole per significare un dialogo che profuma di sottomissione. E’ la lettera che l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha inviato ai “cari fratelli e sorelle musulmani” in occasione della prossima festa di ‘Id al-Fitr, che rappresenta il giorno in cui si rompe il digiuno islamico del mese di purificazione che è il Ramadan.

Gli auguri di Delpini in occasione della fine del Ramadan

Gli auguri sono presentati a suo nome e di tutta la Chiesa ambrosiana tenendo presente che lui scrive: “Nel giorno in cui la Chiesa cattolica festeggia la Domenica di Pasqua nella Resurrezione del Signore Gesù, e ringrazio le comunità che mi hanno fatto giungere i loro auguri. In questo giorno si compie e si rivela tutto il significato del cammino di penitenza e preghiera che abbiamo vissuto per quaranta giorni, la Quaresima: un cammino voluto per togliere dalle nostre vite qualsiasi distrazione e concentrarci su Dio, sul suo disegno di salvezza per noi”.

Tutto molto bello, peccato che nel mondo islamico Gesù non sia affatto il Figlio di Dio né, tantomeno, il Signore, bensì un profeta venuto prima di Maometto. Perché andare a cercare similitudini dove non ce ne sono affatto? Eppure Delpini prosegue imperterrito e dialogante: “Come lo scorso anno, abbiamo condiviso gran parte di questo momento fondamentale della nostra fede con il vostro mese di Ramadan. Una circostanza temporale che è molto più di una semplice coincidenza. Ci siamo allenati insieme a rimettere al centro della storia Dio, ricordandoci che quando l’uomo estromette Dio dalla sua vita finisce per adorare le cose terrene, e che la vera religiosità è quella che adora Dio e ama il prossimo”.

Quando Francesco disse che “Dio non è cattolico”

Uhm… veramente da un lato c’è la Chiesa cattolica, la quale insegna come non vi possa essere salvezza al di fuori del suo Credo e dunque del suo messaggio; dall’altra c’è l’Islam, che implica sottomissione ad Allah, a volte anche imponendola come fa il terrorismo e l’estremismo islamico, il quale ritiene il Dio cristiano diverso da quello suo. Con buona pace di Papa Francesco che, poco dopo la sua ascesa al Soglio pontificio, scrisse che “Dio non è cattolico”. Se non lo è allora vale tutto: difficile però che un musulmano possa accettare un Dio senza identità.

Delpini chiede passi umili e concreti. Come a Renate o a Monfalcone?

A questo punto Delpini passa alle considerazioni alla camomilla: “Stiamo vivendo tempi difficili: la pace è insidiata da guerre che sentiamo vicine e la violenza si insinua come un tentatore anche nei rapporti più quotidiani e familiari”. Benissimo, e poi: “È nostro compito, è compito delle religioni aiutare a discernere il bene e a metterlo in pratica con le opere, con la preghiera e con la fatica del lavoro interiore, per edificare la cultura dell’incontro e della pace, fatta di pazienza, comprensione, passi umili e concreti”. Pazienza, comprensione, passi umili e concreti: tipo la festa in oratorio per la fine del Ramadan che si è tenuta il 5 aprile all’oratorio di Renate (MB) che era stata preceduta dalle polemiche.

Le polemiche per il Ramadan celebrato in oratorio

Alessandro Corbetta, capogruppo regionale Lega, aveva sbottato: “Celebrare il Ramadan in oratorio? Mi sembra davvero inopportuno che un luogo simbolo di aggregazione cristiana ospiti la festa di fine Ramadan”. Erano intervenuti anche i Giovani della Lega e avevano rincarato la dose: “Sarebbe come celebrare la Pasqua e il Natale in una moschea e credo che questo non avvenga in nessuna parte del mondo. Gli oratori non sono degli spazi privati da concedere a piacimento ma sono luoghi simbolo della nostra cultura cristiana e non dovrebbero essere snaturati o, peggio, regalati a chi professa una religione diversa”.

Da sinistra si era alzata la voce di Vincenzo Di Paolo, capogruppo del centrosinistra in consiglio provinciale, che aveva definito tutto questo: “Una polemica davvero senza senso, fuori dal mondo. Un esponente politico che pretende di insegnare a un parroco come si gestiscono gli spazi, l’opportunità di riti e celebrazioni, quale atteggiamento tenere nei confronti di esponenti di altre fedi religiose”.

Per poi precisare: “Penso che la scelta dell’oratorio di Renate di ospitare una festa per la fine del Ramadan sia una scelta bella, saggia. Che paura abbiamo ad aprirci al confronto con altre fedi o altre esperienze spirituali? Questi incontri arricchiscono”. Chissà se e quanto siano praticanti e conoscitori del cattolicesimo i partecipanti a quest’assurdo dibattito. Il parroco di Renate, in tutto questo, aveva detto che si tratta di una festa in cortile e che in ogni caso c’è da diffidare dagli ayatollah della politica, qualsiasi sia il loro colore politico. Andiamo bene…

Con chi dialogare? Bel rebus, Eccellenza…

Mi avvio alla conclusione con l’Arciimam di Milano che scrive ancora: “Faccio mie le parole di papa Francesco: in questo tempo di conflitti, le religioni «siano albe di pace, semi di rinascita tra devastazioni di morte, echi di dialogo che risuonano instancabilmente, vie di incontro e di riconciliazione per arrivare anche là, dove i tentativi delle mediazioni ufficiali sembrano non sortire effetti”. Dialogo? Quale dialogo e con chi? Con l’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche in Italia che è vicina ai Fratelli Musulmani, non propriamente la San Vincenzo? Con i popoli delle moschee abusive, con chi a Monfalcone se la prende con la sindachessa Anna Maria Cisint perché se fa rilevare che le strutture mancano dei requisiti legali allora poi diventa che “ha impedito la preghiera” mentre qualche parroco con la camicia hawaiana permette preghiere in oratorio dove il Crocifisso viene coperto con un drappo? Dialogo con chi, Eccellenza?

Un cammino di conversione a Dio. Ma quale?

Per finire: “Fratelli universali. Questo è il compito che come uomini di fede abbiamo dentro la storia, anche qui a Milano, proprio in questo periodo. Sono sicuro che gli incontri vissuti nelle terre ambrosiane tra le comunità cristiane e le comunità musulmane, generati proprio dal tempo di Quaresima e di Ramadan, ci hanno fatto crescere in questa esperienza di dialogo, che è prima di tutto un percorso spirituale, un cammino di conversione a Dio. Rendiamo grazie a Dio per questo cammino”. Uhm, un cammino di conversione a Dio: quale? Quello cattolico o quello islamico? Quello del libero arbitrio o della sottomissione? Ce lo faccia sapere, Eccellenza reverendissima e monsignore, se ha ancora senso inalberare la Croce o se è ora di convertirci e farla finita.







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