Milano
Milano, la Procura spaccata che aspetta il capo
Si avvicina la nomina del Procuratore capo di Milano fra invide e veleni. Sono tre contendenti per la nomina di procuratore capo. Viola, Romanelli e D'Amato
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Ogni giorno ha la sua pena, tanto quanto basta per arrivare a sera. Così, in Procura a Milano la situazione è questa, e probabilmente ci dimentichiamo un pezzo. C'è un facente funzioni, Riccardo Targetti, procuratore capo da quando Francesco Greco nello scorso novembre è andato in pensione.
Primo dato: da novembre ad aprile non è stata fatta la nomina. Si pensava che sarebbe stato scelto il successore senza il solito gioco delle correnti, e invece. Invece no, le nomine si fanno ancora "a pacchetto", come ai tempi di Luca Palamara.
Secondo dato: è la fine delle posizioni di potere così come le conosciamo all'interno. Il pool dedicato ai reati internazionali (già il fatto che la procura di Milano si preoccupi di quel che fanno all'estero le società italiane è concetto da approfondire) è finito nel mirino di tutti gli altri magistrati perché - pare - il loro carico di lavoro era assai scarso. Invidie? Può essere. Intanto però Riccardo Targetti lo ha messo nero su bianco, ponendo nel mirino De Pasquale, ovvero il responsabile di quella sezione. Lo stesso De Pasquale che era un mito della sinistra perché era riuscito a far condannare Berlusconi, lo stesso De Pasquale che ha innescato l'inizio della fine della Procura così come la conosciamo con l'inchiesta ENI. E' finito ad essere dipinto come un lazzarone dai colleghi (per dirla male ma per dirla tutta, e in modo ingeneroso). Sic transit gloria mundi.
Terzo dato: ci sono tre contendenti per la nomina di procuratore capo. Viola, Romanelli e D'Amato. I bene informati dicono che in testa c'è Viola, che però potrebbe essere punito per i suoi ricorsi contro "il sistema". E allora riprende quota Romanelli, che sarebbe una riconferma del sistema ambrosiano con tutti i limiti che ha evidenziato nell'ultima stagione, ma anche con i fasti di una stagione precedente (quella di Mani Pulite).
Quarto dato. Davvero qualcuno può ancora essere convinto che le decisioni su chi amministra la giustizia siano oggettive e non politiche?