Milano, il mistero del diamante da 35mila euro: assolto il carabiniere accusato del furto - Affaritaliani.it

Milano

Milano, il mistero del diamante da 35mila euro: assolto il carabiniere accusato del furto

Consegnato ai carabinieri da una donna che l’aveva trovato per strada, l'anello è poi svanito nel nulla. Il militare inizialmente condannato è stato assolto in appello: “il fatto non sussiste”

di redazione

Milano, il mistero del diamante da 35mila euro: assolto il carabiniere accusato del furto

Un prezioso diamante, trovato in strada da una passante, consegnato ai carabinieri e poi scomparso nel nulla. È questo lo scenario al centro di un'intricata vicenda giudiziaria che ha visto protagonista un vicebrigadiere dell'Arma, inizialmente condannato per peculato e ora assolto con formula piena dalla Corte d’Appello di Milano.

La storia comincia quando una donna racconta di aver rinvenuto un anello, forse con un diamante, per le vie del capoluogo lombardo. Come riferisce il Corriere, dopo averlo mostrato a un gioielliere, che ne avrebbe stimato il valore attorno ai 35mila euro, decide — su consiglio di un prete — di consegnarlo in caserma. Da quel momento, però, dell’anello si perdono le tracce.

Le indagini e la condanna in primo grado


Il racconto della donna, ritenuto incerto dalla difesa, non ha mai trovato riscontri oggettivi. A complicare però la posizione del militare, durante il processo di primo grado, era emerso un dettaglio: alcune ricerche online effettuate dal suo cellulare contenenti la parolaanello”. Per il vicebrigadiere si trattava di suggerimenti automatici dei motori di ricerca, ma i giudici della VII sezione penale del Tribunale di Milano avevano ritenuto quegli elementi significativi.
Nel 2023 era così arrivata una condanna severa: quattro anni di reclusione, oltre a una confisca di 40mila euro. Una sentenza dura, inusuale nei confronti di un esponente dell’Arma, motivata anche dal danno di immagine subito da un’istituzione a cui i cittadini si affidano.

L'assoluzione in secondo grado


L’imputato ha sempre respinto le accuse, parlando di un processo viziato da un pregiudizio. Anni prima, infatti, era stato coinvolto in un altro caso: un cittadino gli aveva consegnato uno zaino ritrovato a Monza, poi restituito al legittimo proprietario, ma risultato privo del denaro che conteneva. Per la difesa si trattava di un episodio irrilevante e chiuso da tempo; per l’accusa, un precedente che dava coerenza agli indizi raccolti. La Corte d’Appello di Milano, presieduta dal giudice Enrico Manzi, ha però ribaltato il verdetto, riconoscendo l’assenza di prove concrete e assolvendo il militare con la formula: “il fatto non sussiste”.

Sono sempre stato convinto dell'innocenza del vice brigadiere”, ha dichiarato l’avvocato difensore Gabriele Maria Vitiello, “la sentenza di primo grado era certamente da riformare e alla fine è arrivata una sentenza di assoluzione, giusta, che ridà fiducia e dignità a un uomo dello Stato che non ha violato la legge”.

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DELLA SEZIONE MILANO

 








A2A