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MiTo SettembreMusica: Missa Galeazescha per il duca di Milano

MiTo SettembreMusica: Missa Galeazescha per il duca di Milano

L’omaggio di MITO SettembreMusica 2018 alla grande musica dei secoli passati culmina martedì 11 settembre alle 21, nella Chiesa di S. Alessandro in Zebedia coll’esecuzione della Missa Galeazescha, composta da Loyset Compère per il Duca Galeazzo Maria Sforza, nella straordinaria interpretazione di una compagine all stars, comprensiva dell’ensemble vocale Odhecaton, del consort di “piffari” (tromboni e cornetti) La Pifarescha, de La Reverdie e dell’Ensemble Pian & Forte, solista alla tromba, Gabriele Cassone e con la direzione musicale di Paolo Da Col. 

La grandiosa messa di Compère sarà al centro di un florilegio di compositori franco - fiamminghi coevi, operanti nella cerchia sforzesca, come Heinrich Lubeck, Gaspar van Weerbeke, Alexander Agricola, Johannes Martini tra cui spunta anche il nome di un milanese, Cesare Bendinelli. Il concerto, in esclusiva milanese, regalerà l’eccitante sensazione della scoperta di un autore tutto sommato ancora poco conosciuto, qual è il francese Loyset Compère del quale cadono quest’anno i 500 anni dalla morte.

L’atmosfera dell’evento, che si tiene nella Chiesa di S. Alessandro, a pochi passi dalla Basilica di Santo Stefano Maggiore – dove il Duca fu assassinato – ci riporta a quella, sontuosa e al contempo enigmatica e oscura, del nostro Rinascimento, segnato da misteri e segreti tutt’oggi inesplicabili che sembrano aver tentato di disseminare, nella musica del loro tempo, tracce crittografate e indizi utili alla loro soluzione. Il particolare stile della Missa Galeazescha è caratterizzato da un affascinante intreccio di magistero contrappuntistico e cantabilità laudistica, che deriva probabilmente anche dalla sua anomalia liturgico-musicale: paradossalmente, questa messa non è una messa, intesa quale regolare serie dei canti dell’Ordinario della messa romana (sul cui modello essa è scritta) o della messa ambrosiana, bensì una sequela di mottetti composti su testi nuovi, o rielaborati da testi preesistenti, che vanno a sostituire in toto la componente musicale della celebrazione.  Così, al posto del Gloria si canta il mottetto Ave, salus infirmorum; al posto del Sanctus, il mottetto O Maria e via dicendo. Ma le sostituzioni non riguardano solo i canti dell’Ordinario; anche per i canti del Proprio sono previsti mottetti specifici. La questione è complicata dal fatto che ciò non avviene per tutti i canti, ma solo per alcuni. Per non smarrirsi in questo intrico liturgico-musicale, conviene fare mente locale al contesto in cui si collocava la prassi dei motetti missales. La prassi sembra nata, o quantomeno particolarmente coltivata, nella Milano degli Sforza, precisamente durante il ducato di Galeazzo Maria durato un decennio — dal 1466 al 1476 — e bruscamente troncato dall’assassinio del signore, personaggio spregiudicato, arrogante e brutale, sospettato di matricidio, ma che aveva ricevuto un’educazione umanistica di prim’ordine e fu un instancabile patrocinatore delle arti.

Addirittura straordinaria la cura che rivolse alla cappella musicale, che divenne una delle più importanti d’Europa grazie all’ingaggio dei migliori musicisti ultramontani, cioè di origine franco-fiamminga. Fra questi, Loyset figura in compagnia di Josquin Desprez, Alexander Agricola, Johannes Martini, Gaspar van Weerbecke, Jean Cordier e altri boss della cupola musicale transalpina. Una prima ragione di questa prassi singolare può essere stato il culto della Vergine, molto osservato dagli Sforza. In sostanza, si sarebbe trattato di una forma di “marianizzazione” della messa che poteva applicarsi alle celebrazioni quotidiane, riflesso della particolare devozione sforzesca e “galeazzesca” per la Madonna consolatrice e misericordiosa (ancorché “Galeazescha Vittoriosa” fosse anche il nome della bombarda più possente del Castello). A conferma dello stretto legame fra la composizione e la città sta il fatto che l’unica fonte che la tramanda è un manoscritto della Veneranda Fabbrica del Duomo. Un’altra questione sorge: come poteva essere accettabile la sostituzione perfino del Credo con un mottetto? È evidente che questa pratica non poteva riguardare la messa solenne cantata, né nelle domeniche correnti né tantomeno in una solennità. Si ipotizza così che i motetti missales si cantassero nel contesto di una messa letta, in cui il celebrante leggeva sottovoce tutti i testi propri e ordinari della messa mentre i cantori “coprivano” pressoché ininterrottamente con la musica lo svolgersi del rito. 

Il concerto è preceduto da una breve introduzione di Gaia Varon. Il testo si avvale del contributo musicologico di Angelo Rusconi

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