Milano

Morti in corsia, la difesa di Cazzaniga: per lui erano cure palliative

Gli avvocati dell'ex viceprimario hanno chiesto alla Corte d'Appello che il medico venga assolto perche' "manca la prova che il fatto sussista"

Morti in corsia, la difesa di Cazzaniga: per lui erano cure palliative

"Il tema del processo va inquadrato all'interno della medicina palliativa, perche' a rileggere la vicenda attraverso i parametri delle cure palliative tutto acquista un senso". A dirlo e' stato l'avvocato Andrea Pezzangora, difensore dell'ex viceprimario del pronto soccorso di Saronno, Leonardo Cazzaniga, che si definiva 'angelo della morte' ed e' stato condannato in primo grado all'ergastolo con isolamento diurno per 3 anni, per aver dato farmaci letali a 12 pazienti. La sua arringa  davanti alla corte d'Assise d'Appello, dove si sta svolgendo il secondo grado del processo.

Il collegio di togati e popolari, presieduta dalla giudice Giovanna Ichino, ha ascoltato oggi proprio gli avvocati della difesa. Nelle sue conclusioni il legale, che assiste Cazzaniga insieme al collega Ennio Buffoli, ha chiesto che il medico venga assolto "perche' il fatto non sussiste" o perche' "manca la prova che il fatto sussista". Nella sua progettazione difensiva, infatti, l'ex viceprimario "non ha somministrato i farmaci, ma li ha prescritti. Pero' non ci siamo chiesti come mai abbia messo per iscritto quelle terapie? Forse perche' non le reputava illecite", ha chiesto alla Corte. E inoltre non esiste un nesso di causalita' provato tra la morte dei pazienti e le infusioni dei medicinali che rientravano nel cosiddetto 'protocollo' da lui elaborato. Anzi i pazienti, per lo piu' anziani, "stavano gia' morendo di morte naturale al loro ingresso in pronto soccorso". Che iniezioni e decessi siano direttamente collegati e' una "congettura indimostrabile", ha concluso il legale.








A2A
ZX