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Moschea in via Cavalcanti, Cassazione conferma condanna per abuso edilizio
Milano la moschea abusiva di via Cavalcanti

Moschea in via Cavalcanti, Cassazione conferma condanna per abuso edilizio

La Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva che Abu Hanif P., primo rappresentante della 'Bangladesh cultural and welfare association', ha commesso un reato edilizio penale quando ha commissionato i lavori per trasformare il magazzino di via Guido Cavalcanti 8, a Milano, accatastato C2, cioè senza permanenza di persone, in luogo di culto, senza ottenere alcun permesso dal Comune di Milano. Soddisfatto della sentenza della Suprema Corte Samuele Piscina, presidente leghista del Municipio 2. "Non si può tollerare - spiega in una nota - che un luogo adibito a magazzino senza vie di fuga o condotti di areazione venga utilizzato come spazio di ritrovo da centinaia di persone o addirittura come sede di una sorta di scuola estiva per bambini musulmani. Tutto ciò alimenta i rischi per la sicurezza delle persone che usufruiscono abusivamente di questo spazio, a partire dai più piccoli e da tutti i cittadini residenti nello stabile. Una situazione lasciata totalmente allo sbando dall'amministrazione comunale che ora è chiamata a intervenire al più presto per ristabilire legalità e sicurezza nel quartiere".

“Sala e il PD, – conclude il Presidente leghista - nonostante fossero consapevoli di ciò che accadeva in quello stabile grazie alle segnalazioni inviate anche dal Municipio 2 e considerata l’interlocuzione costante di Palazzo Marino con l’associazione sul tema dei luoghi di culto, hanno abbandonato a sé stessi tanti cittadini onesti, facendo finta di non vedere nel nome dell’illegalità. Dopo la condanna all’imam, il Partito Democratico non può più nascondersi e la sinistra è chiamata ad agire immediatamente per porre i sigilli al magazzino che ogni giorno mette in pericolo centinaia di cittadini, come già avrebbero dovuto fare facendo rispettare la legge e i regolamenti comunali. A perdere tempo la sinistra è maestra, ma prima o poi tutti i nodi tornano al pettine”.

L'assessore regionale al Territorio e Protezione civile Pietro Foroni aggiunge: "La sentenza della Cassazione conferma quello che Regione Lombardia aveva sempre affermato ossia che la presenza di un luogo di culto, all'interno di un immobile che non ha la destinazione d'uso di luogo di culto, costituisce non solo un'illiceita' dal punto di vista amministrativo, ma anche un abuso edilizio e quindi una fattispecie penale".

"Da questo deriva il fatto che - ha continuato Foroni - e' uno specifico dovere da parte dei Comuni andare a verificare la sussistenza di questo tipo di illiceita'. Ove non lo facessero, potrebbe configurarsi come detto un rifiuto di atti d'ufficio. La realizzazione di edifici destinati al culto - ha concluso - deve infatti inderogabilmente rispondere a determinati requisiti, compatibili con quanto previsto dalla normativa vigente e con i piani di governo dei territori"

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