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Milano
Musei, la sentenza del Tar fa tremare anche Brera e il direttore Bradburne
James Bradburne

La sentenza del Tar del Lazio contro la nomina di cinque direttori stranieri di musei italiani potrebbe creare un'onda lunga in grado di mettere in dubbio anche la posizione del direttore generale della Pinacoteca di Brera James Bradburne, a Milano dal luglio 2015. Un eventuale ricorso potrebbe infatti porre a rischio la sua posizione. Mentre il diretto interessato ha ostentato fiducia, il sindaco Beppe Sala ha ammesso: "L'ipotesi di nuovi ricorsi? Se così fosse, certo che sarei preoccupato. Perché Bradburne sta facendo un egregio lavoro e dover ricominciare da capo mi sembrerebbe una cosa sbagliata".

Oggi la sentenza del Tar è stata commentata anche dal ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina: "Quello che e' successo ieri ha dimostrato quanto e' difficile cambiare questo Paese". Martina, poi, ha aggiunto che non si capisce perche' "un Paese come questo non possa avere la possibilita' di guardare al mondo". Nonostante questo, ha concluso Martina, "non voglio perdermi d'animo, credo che casi come quelli ieri ci debbano caricare a fare ancora di piu'".

IERI LA SENTENZA DEL TAR: COINVOLTO ANCHE PALAZZO DUCALE A MANTOVA
Il Tar del Lazio ha annullato le nomine dei direttori di cinque aree museali: il Palazzo Ducale di Mantova, la Galleria Estense di Modena, il Parco archeologico di Paestum e i Musei archeologici nazionali di Taranto, Napoli e Reggio Calabria. Sono sei i direttori di altrettanti grandi musei italiani sulle cui nomine si e' pronunciato il Tar accogliendo in parte i ricorsi di due dei candidati alla selezione. Il Tribunale amministrativo dice che il bando della selezione "non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani in quanto nessuna norma derogatoria consentiva al Mibact di reclutare dirigenti pubblici al di fuori delle indicazioni, tassative, espresse dall'articolo 38 del decreto legislativo 165/2001" (quello che disciplina l'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

"Solo la modifica" dell'articolo 38 del decreto in questione, scrivono i giudici, "avrebbe potuto consentire l'ammissibilita' di cittadini non italiani di partecipare alle selezioni per l'assegnazione di un incarico con funzioni dirigenziali in una struttura amministrativa nel nostro Paese". La replica del Mibact non s'e' fatta attendere: "Non era attesa anche per lo scrupolo messo per la preparazione di quel bando. L'Avvocatura dello Stato e' gia' impegnata nella preparazione del ricorso", ha dichiarato il ministro Dario Franceschini. "Quella procedura di nomina era stata apprezzata in tutto il mondo. Ora che tutto questo venga messo in discussione fara' lo stesso il giro del mondo, ma in negativo. - continua il ministro - Il tema degli stranieri e' fuori luogo e la procedura e' stata trasparente". Franceschini ha quindi annunciato che i direttori la cui nomina e' stata bloccata dal Tar del Lazio saranno sostituiti con incarichi ad interim. Il Mibact poi in una nota precisa che "le sentenze del Tar del Lazio riguardante la procedura per il conferimento dell'incarico di direttore dei musei autonomi statali non riguardano il Parco Archeologico di Paestum, guidato da Gabriel Zuchtriegel".

Ci sono anche reazioni politiche. Come quella di Matteo Renzi, il quale attacca, pur nel rispetto istituzionale dovuto, la sentenza e sui suoi profili social scrive "abbiamo sbagliato perche' non abbiamo provato a cambiare i Tar". Per Renzi "una delle scelte di cui sono e restero' piu' orgoglioso e' aver dato ai piu' bravi la possibilita' di concorrere per la direzione dei musei italiani, patrimonio mondiale dell'umanita'. E i risultati gia' si vedono, a tutti i livelli. Perche' abbiamo smesso di tagliare sulla cultura e abbiamo investito in questo settore come nessuno aveva mai fatto prima". E il fatto che il Tar del Lazio annulli la nostra decisione "merita il rispetto istituzionale che si deve alla giustizia amministrativa ma conferma - una volta di piu' - che non possiamo piu' essere una Repubblica fondata sul cavillo e sul ricorso".

Parla anche il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, sostenendo nel corso di una trasmissione tv in cui era ospite che "i Tar andrebbero cambiati, senza demonizzarli, precisando meglio qual e' l'ambito di competenza della politica e quello del tribunale amministrativo che spesso entra nel merito di scelte che dovrebbero essere della politica".

Tornando ala sentenza, il Tar punta l'indice contro "l'illegittimita' complessiva dello svolgimento dei colloqui", a partire dalla prova orale "avvenuta a porte chiuse" (in almeno due casi addirittura "da remoto", in collegamento Skype con Australia e Usa): "al fine di assicurare il rispetto dei principi di trasparenza e parita' di trattamento tra i candidati di una selezione pubblica - scrivono i giudici - occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale, ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e, quindi non soltanto a terzi estranei ma anche e soprattutto ai candidati, sia che abbiano gia' sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti".

Da censurare, secondo le due sentenze, anche i meccanismi di valutazione progressiva dei candidati, fino alla individuazione di terne dei "piu' idonei a dirigere un certo istituto". Proprio ai fini dell'inserimento in questa terna, "lo scarto minimo dei punteggi tra i candidati meritava una puntuale e piu' incisiva manifestazione espressa di giudizio da parte della commissione piuttosto che motivazioni criptiche e involute". E ancora: "mentre il meccanismo di assegnazione dei punteggi a titoli presentati dai candidati e' stato definito nella seduta della commissione del 5 maggio 2015, i criteri di distribuzione dei 20 punti (al massimo) da assegnare nel corso dei colloqui a coloro che erano stati selezionati per aver ingresso nella 'decina' sono stati definiti nella seduta dell'11 luglio 2015 quando gia' erano noti i nomi dei candidati scrutinandi nell'ambito del colloquio".

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