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Milano
'Ndrangheta, i giudici: "Papalia pericoloso, si trovi un lavoro"

"Compatibilmente con le imperfette condizioni di salute" il boss della 'ndrangheta Rocco Papalia deve "ricercare un lavoro". Lo scrivono i giudici della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano (presidente Fabio Roia) nel provvedimento con cui lo definiscono ancora "socialmente pericoloso", nonostante la scarcerazione dopo 25 anni di carcere avvenuta lo scorso maggio. Per questo, nei suoi confronti deve essere mantenuta la "misura di prevenzione della sorveglianza speciale" con "obbligo di soggiorno" a Buccinasco, comune a sud del capoluogo lombardo "per cinque anni". I giudici hanno respinto l'istanza della difesa che aveva chiesto la revoca della misura. La Questura in una recente informativa al Tribunale aveva fatto presente che allo stato non si conosce quale sia "la sua attuale fonte di reddito", mentre Papalia ha sostenuto di "vivere con quello che guadagna la moglie, proprietaria di un negozietto a Milano". Dopo la scarcerazione, Papalia era stato accolto a Buccinasco con champagne e pasticcini.

"Il Tribunale - si legge nel provvedimento - ritiene che alla luce delle risultanze processuali non vi siano le condizioni per poter affermare che la sua condotta sia tale da garantire in maniera certa e inconfutabile la cessazione della sua pericolosita', con la conseguenza che, in mancanza di tale certezza, non appare ragionevole abbandonare la cautela prevenzionale a suo tempo imposta". Nemmeno "la buona condotta" mantenuta da Papalia nelle case circondariali di Novara (con la sola eccezione di un'ammonizione), Cagliari, Nuoro e Napoli "e' sufficiente ad attestare il venir meno della pericolosita' sociale, tanto piu' perche' la buona condotta e la partecipazione all'opera di rieducazione sono riferite da persona sottoposta a regime carcerario, che argina, in misura assai significativa, il rischio di reiterazione dei reati".

Nel provvedimento del collegio viene ricordato il 'curriculum' di Papalia, 66 anni, che e' stato condannato per concorso in omicidio, sequestri di persona e traffico di stupefacenti, e che avrebbe fatto parte "col ruolo di capo e promotore ad un'organizzazione criminale armata operante sul territorio milanese in collegamento con la 'ndrangheta calabrese".

Secondo i giudici, tra l'altro, "l'estrema difficolta' di svolgere, per motivi di salute (invalidita' nella misura del 75%), una stabile e regolare attivita' lavorativa da cui ricavare una retribuzione sufficiente (...) non consente di valutare il comportamento lavorativo del sorvegliato speciale in ambiente libero e di apprezzarne l'eventuale irreversibile distacco dagli ambienti criminali con cui in passato manteneva costanti contatti". Anche per questo i giudici ribadiscono "il mantenimento della misura di prevenzione anche con l'ulteriore vincolo dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza", proprio al fine "di accertare se sia in atto o meno un'effettiva e profonda revisione critica da parte del sorvegliato speciale, tenuto conto dell'intenso periodo criminale di particolare spessore".

Nel confermare la misura di prevenzione che venne emessa a carico di Papalia 23 anni fa, nel 1994, i giudici inseriscono nuove prescrizioni tra cui quella di ricercare un lavoro compatibile con le sue condizioni di salute. Il boss non si potra' allontanare da casa senza preventivamente avvisare le forze dell'ordine, dovra' "vivere onestamente", "rispettare le leggi" e non potra' frequentare pregiudicati. Non potra' rincasare dopo le ore 22 e non potra' "uscire la mattina prima delle ore 7 senza comprovata necessita'", non potra' detenere armi e "partecipare a riunioni in luogo pubblico".

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