Milano

Nell'officina delle vere notizie: un pomeriggio tra B-livers

Affaritaliani.it Milano in visita ai colleghi B-livers, ragazzi affetti da gravi patologie protagonisti di un laboratorio nel quale è nata la testata Il Bullone

di Fabio Massa

Il pezzo sul Bullone e sui B-livers bisognerebbe "attaccarlo" cercando un bell'aforisma, magari su wikiquote. Forse andrebbe bene quello di Richler ("Ci vogliono settantadue muscoli per fare il broncio ma solo dodici per sorridere"). Oppure quello di  Madre Teresa, "Non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso". Un bel copia e incolla e un po' di dramma. In fondo, quelli del Bullone sono degli ammalati, alcuni dei quali di HIV, altri oncologici, altri con anemie rare: ragazzi che devono fare terapie, che soffrono, e che fanno un giornale (a proposito: ottima fattura, davvero ben fatto) per cantare il loro inno alla vita. Il dolore tira sempre. Ci si mette un po' di compassione, un buona dose di cinismo mascherato da tenerezza e il pezzo è fatto. Mezz'ora, per un velocista esperto. Qualcosa di più, per uno stagista che magari si emoziona. In fondo, basterebbe alzare il telefono e chiedere di farsi dare due storie. Giancarlo Perego, l'ex capocronista del Corriere della Sera che ne è il direttore, è un collega esperto: capirebbe. Si corre sempre, figurarsi nell'online. Oppure potremmo attaccarlo con le classiche wh-questions, e tirarlo via senza emozione. Una marchetta, un favore, per Giancarlo. Ma nessuno ce l'ha chiesta, questa marchetta. E quindi, il pezzo verrà via così, come viene, e fanculo allo stile anglosassone, al mio mondo di rumors sulla politica, alla mia pagina di Milano di Affaritaliani.it e al mio passato nella cronaca nera.

Tutto si dissolve nei pressi di porta Romana, in un cortile con un prato, giorno di pioggia, scarpe sul selciato e vociare da un localino al piano terra. Ragazzi stipati dentro, seduti su pacchi di giornali nel cellophane, sulla scaletta a chiocciola, sulle sedie intorno a tre tavoli di legno. A capotavola, Sofia, con un MacBook aperto e il piglio da caporedattrice. Sull'altro lato, un altro Mac aperto e una connessione con un liceo all'Isola d'Elba. Non c'è neppure una parvenza di disciplina, a partire dal direttore che viene redarguito da Sofia. Le notizie (perché tali sono), fluiscono senza sforzo. Da Keanu Reeves con la sorella malata che vive e si cura in Italia, che ha visitato il salone del Motociclo Eicma ai capelli rossi di Marinella Levi, professoressa del Politecnico, che annuncia un progetto talmente da rivoluzionario da aver richiesto (subito dopo la riunione di redazione), un chiarimento supplementare (per chi scrive): rendere sexy, personalizzabili e appealing pure i tubicini che si attaccano ai tubi degli ammalati. Senza che nessuno possa farci su un business: "Si chiama creative commons". La Levi  insegna chimica e sperimenta sulle stampanti 3d. Poi c'è una ragazza dagli occhi vispissimi dietro le lenti che propone di approfondire la fisica del credere. Discorso complesso, meglio leggerlo già declinato sul Bullone del prossimo numero, che sarà quello natalizio. Quello delle assenze per chi soffre, quello delle ipocrisie, quello di una ragazza mora che se ne va in Australia perché qui non ci vuole stare a festeggiare senza il suo fidanzato che non c'è più. C'è Paola Formica della Scuola del Fumetto di via Savona. Ha un bel progetto grafico per il Bullone. C'è Tino Fiammetta, grandissimo cronista di nera del Giorno, in pensione. C'è la storia di Ivan, un ragazzo conosciuto durante la visita al carcere di Opera. Ha guadagnato in carcere i primi dieci euro da recluso. Senza che nessuno gli chiedesse niente ha fatto un vaglia per sostenere il Bullone: "Questi 10 euro valgono un miliardo", dice il direttore.

C'è tanto altro, compresa la festa finale per il compleanno di una ragazza con il caschetto. Una delle due torte se le è mangiate il cane, che ha affondato i suoi denti in un'opera unica di cake design. Nessuno se ne cruccia. Non c'è mai un momento di commozione, una lacrima. In fondo, quanti giornalisti avete visto piangere in una riunione di redazione? Ecco, questi sono giornalisti. Solo che invece di pensare alle opinioni badano ai fatti che contano davvero nella vita. Non sapendo che così fanno davvero opinione.

fabio.massa@affaritaliani.it







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