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Milano
"Respinta da una casa perchè musulmana", la storia di una studentessa a Milano
Affitti per studenti a Milano

"Non trovo una stanza perchè musulmana", la storia di una studentessa a Milano

E’ una studentessa di Sociologia alla Bicocca. E’ di nazionalità italiana ma di origine tunisina. Vive a Como ma, da poco, ha deciso di trasferirsi a Milano. Così si presenta, in una lettera riportata dal dorso milanese di Repubblica, Sana Tonuati che denuncia due episodi di razzismo che l’hanno coinvolta mentre cercava una stanza in affitto a Milano. Un’impresa visto il caro affitti che per Sana è diventata ancora più ardua viste le sue origini.

La prima proprietaria: “Affitto solo a ragazze italiane”

Racconta dalle pagine del quotidiano: “La prima volta mi è successo con la signora Isa, per una stanza in zona Turro. Dopo averle detto al telefono che ero una studentessa e stavo cercando una stanza, mi ha chiesto come mi chiamassi, in modo tale da salvarsi il mio numero e ricontattarmi per una eventuale visita. Appena lo ho detto il mio nome, Sana, mi ha subito chiesto: «ma sei italiana?». Io ho risposto di sì, e le ho chiesto se viceversa sarebbe stato un problema. A quel punto mi ha risposto, seccamente: “No, perché io affitto solo a ragazze italiane, è meglio”.

La seconda esperienza: telefono riattaccato in faccia

“Pochi giorni dopo – continua la studentessa su Repubblica - mi è capitato un episodio simile. Forse ancora peggiore. Contatto la signora Diana per un annuncio di una stanza in viale Sarca. Al telefono mi spiega che il prezzo della stanzaè ribassato rispetto al mercato perché non avreò un contratto regolare, in quanto la ragazza che c’era prima aveva deciso di andare via dopo aver firmato il contratto. La signora mi dice che ci sono tante richieste, ma quando le comunico che avrei addirittura spostato il mio orario di lavoro per andare a visitare la stanza, mi riempe di complimenti dicendomi che ero una ragazza in gamba e che sarebbe stata felice di affittarmela. Poco dopo, chiaramente, ho dovuto dirle il mio nome, e di nuovo: «Ma sei musulmana?». Ho risposto di sì, sconvolta da questa richiesta. Mi sono sentita in dovere di dirle che non sono praticante e che non indosso il velo, come se dovessi mai giustificarmi e spiegare un fatto così personale. A quel punto la signora Diana ha cominciato a inventarsi scuse dicendo che sarebbe stato un problema per le coinquiline andare d’accordo con me, e mi ha riattaccato il telefono in faccia”.

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