Nuovo stadio o salvare San Siro? Viaggio tra nostalgia e business - Affaritaliani.it

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Nuovo stadio o salvare San Siro? Viaggio tra nostalgia e business

Milanesi divisi sul destino dello stadio San Siro. Rispunta il progetto di Boeri e si avvicina l'appuntamento con le Olimpiadi. Vincerà il cuore o il business?

di Daniele Bonecchi per Affaritaliani.it Milano
La colpa è tutta di Roberto Vecchioni. Perché con le parole e la musica di “luci a San Siro” ha stampato nel cuore dei milanesi, indelebile, l’affetto per quel catino immenso, che nel lontano 1990 ospitò i mondiali di calcio. E forse la nostalgia dei milanesi nasce prima del Meazza - Scala del calcio, grazie a quei quattro calci dati al pallone che, tanti ragazzini, ai margini del quartiere più sfigato di Milano, tiravano, nei campetti attorno allo stadio, in attesa della partita. Perché sul prato di San Siro hanno fatto la gioia e il dolore dei tifosi di opposte “fazioni” l’abatino, Gianni Rivera e il figlio di Valentino Mazzola, prima che arrivassero ad illuminarlo Ruud Gullit e Karl-Heinz Rummenigge. Il pratone di San Siro è diventato anche “un campo di patate”, dopo l’arrivo del terzo anello, e ci è voluta la pazienza dei milanesi per vederlo tornare ad essere un vero campo di football, degno delle partite di Coppa. Poi è arrivata la globalizzazione del calcio e i due patron, Berlusconi e Moratti, hanno ceduto il passo ai gruppi finanziari di mezzo mondo. E’ così che anche il cuore rossonerazzurro ha dovuto fare i conti coi nuovi samurai del business cinese e della finanza Usa targata Elliott: meno sentimenti e più affari.

“Ma l’attaccamento alla maglia è rimasto lo stesso, – spiega Maurizio, barman in piazza Wagner e tifoso interista – anche se non tutti quelli della curva vanno a San Siro per vedere la partita. Ma sullo stadio, gli amici-nemici rossoneri la pensano come noi: San Siro è una bandiera che unisce, meglio tenercelo stretto”. Ora Beppe Sala e' di fronte a un dilemma non da poco: dar retta al suo cuore e ai sentimenti dei milanesi o spianare San Siro e dare il via al nuovo impianto formato globalizzazione e merchandising.

Le due società hanno presentato i loro progetti, mettendo in un cassetto quello dell'archistar, nonché presidente della Triennale, Stefano Boeri. Ma c’è chi è pronto a giurare che l’idea del papà del bosco verticale potrebbe – sulla spinta di palazzo Marino - essere ripescata. Le due società, coi dovuti distinguo, non offrono chance alla ristrutturazione. Tutte e due i progetti (Populous e Manica-Cmr), presentati mercoledì scorso ai consiglieri comunali (capigruppo), prevedono strutture di 30 metri d'altezza con un numero di posti tra 55 mila e 60 mila. Uno stadio è rettangolare, mentre l'altro è ovale. Naturalmente non manca il corredo di spazi per l’ospitalità, il terziario e il commercio, con due o tre grattacieli per sviluppare in verticale le volumetrie per gli hotel, gli uffici e un centro commerciale.

Il costo del nuovo impianto, secondo i calcoli dei progettisti, ammonterebbe a 650 milioni di euro, contro i 510 milioni di una eventuale ristrutturazione. E poi, nel piatto della trattativa, finiranno investimenti, indotto e posti di lavoro che, alla locomotiva d’Italia, sono sempre piaciuti. Il percorso, per realizzare il nuovo stadio, è accidentato. Perché Sala potrebbe scegliere la strada della vendita dell’impianto (70 milioni) alle due società, lasciando a loro l’onere (e l’impopolarità) della scelta se abbattere o no la Scala del calcio.

Sullo sfondo ci sono anche i giochi olimpici invernali conquistati da Milano-Cortina, la cui festa inaugurale si svolgerà nel 2026 allo stadio di San Siro, o nel nuovo impianto. E il tempo corre. D’altra parte Milano ha bisogno della sua grande arena. Non va dimenticato che a San Siro si sono celebrati anche grandi concerti: Bob Marley nel giugno del 1980, Bruce Springsteen nel 1985, David Bowie nel 1987, gli U2 nel 2009, i Depeche Mode nel 2017 e naturalmente gli eroi di casa come Vasco Rossi, Laura Pausini e Jovanotti. Si è cimentato al Meazza, portando 20mila fans, anche il cantautore lariano della Lega, Davide Van De Sfroos nel 2017. Insomma la partita di San Siro è ancora aperta e se stadio nuovo dovrà essere, la speranza è che, almeno nel nome, sopravviva il ricordo per le radici dello sport ambrosiano, fatto di agonismo e rispetto. Perché sulle gradinate del prossimo impianto non trovino più ospitalità le urla belluine di chi non sa distinguere tra la squadra del cuore e l’odio razziale. Questo, più delle poltroncine comode e del merchandising a portata di mano, potrebbe essere il mood dello sport prossimo venturo da giocare a Milano. Con la quasi certezza che anche sabato sera al Meazza col derby sia la solita festa del calcio. Perché a scendere in campo con Inter e Milan possa essere sempre il cuore generoso e ospitale di Milano.








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