Omicidio Garlasco, indagine per stalking subito dai legali di Alberto Stasi
La Procura di Milano ha aperto una indagine contro ignoti per presunti episodi di stalking ai danni dei legali che difendono Alberto Stasi
La Procura di Milano ha aperto un'indagine a carico di ignoti con l'ipotesi di reato di 'atti persecutori' (articolo 612 bis del codice penale) su presunti episodi di stalking ai danni dei legali che difendono Alberto Stasi. Nelle settimane scorse, gli avvocati dell'ex studente bocconiano che sta scontando 16 anni di carcere per l'omicidio di Chiara Poggi avevano presentato ai carabinieri di Milano una denuncia in cui spiegavano di essere stati vittime di intimidazioni provenienti da persone a loro non note mentre portavano avanti, come fanno da mesi, delle indagini difensive. In particolare, scrivevano di essersi accorti che qualcuno veniva a conoscenza in anticipo dei loro 'movimenti', delle attivita' investigative finalizzate a trovare una verita' alternativa a quella sancita dalla Cassazione, per la quale fu Stasi a uccidere la sua fidanzata il 13 agosto 2007 a Garlasco. E questo 'qualcuno', sempre stando alla loro ricostruzione, avrebbe cercato di fermare la loro ricerca attraverso messaggi intimidatori, anche via mail e pedinamenti in auto.
Il pm Alberto Nobili, che al momento indaga a carico di ignoti, sta compiendo accertamenti sugli episodi denunciati dai legali di Stasi i quali, nel loro esposto, ipotizzavano i reati di 'violenza privata' e stalking'. Vanno dunque avanti le indagini difensive anche dopo che nel marzo scorso il gip di Pavia Fabio Lambertucci ha archiviato l'inchiesta su Andrea Sempio, il giovane finito indagato in segito alle indagini genetiche commissionate a un esperto dai legali di Stasi. Il giudice aveva accolto l'istanza del procuratore aggiunto Mario Venditti e del pm Giulia Pezzino i quali avevano "categoricamente escluso" ogni responsabilita' in capo a Sempio, amico del fratello di Chiara. Alla fine di giugno, si era vista respingere dalla Cassazione un ricorso straordinario, nel quale sosteneva che la Suprema Corte sarebbe incorsa "in una svista nella lettura degli atti".