Omicidio Macchi: il procuratore pronto a chiedere la riesumazione
Il procuratore generale di Milano Carmen Manfredda e' pronta a chiedere la riesumazione del cadavere di Lidia Macchi, la giovane uccisa il 7 gennaio 1987 a Cittiglio (Varese) per il cui omicidio e' stato arrestato venerdi' scorso il suo ex compagno di scuola Stefano Binda (49 anni). La riesumazione, in assenza di una confessione di Binda che per adesso ha scelto la strada del silenzio con gli inquirenti dopo l'arresto, potrebbe fornire ulteriori indicazioni utili a un'indagine che comunque, secondo la Procura, presenta gia' indizi sufficienti a dimostrare la colpevolezza del 49enne.
L'esame del cadavere servirebbe per rintracciare eventuali tracce di dna sul corpo della ragazza da comparare col quello prelevato ieri in carcere dalla polizia scientifica a Binda. La svolta nelle indagini condotte dalla Procura Generale di Milano, che ha avocato l'inchiesta ai colleghi di Varese, e' arrivata da una lettera anonima arrivata alla famiglia Macchi pochi giorni dopo l'omicidio che trapelo' dai documenti dell'inchiesta nel giugno del 2014 e venne diffusa da televisioni e giornali. Un'amica di Lidia Macchi riconobbe la grafia di Binda e ne parlo' con la Procura di Milano nell'estate di quell'anno. Nei mesi successivi la Procura fece confrontare la grafia della lettera con quella di Binda, trovando riscontri positivi.
Nella missiva era contenuta una poesia intitolata 'In morte di un'amica' nella quale c'erano alcuni riferimenti attribuiti dalla Procura all'omicidio di Macchi. Nel corso delle nuove indagini seguite all'avocazione da parte della Procura Generale milanese, veniva estratto un frammento di dna dai lembi della busta che pero' non corrispondeva al profilo genetico dell'indagato. Secondo i magistrati, tuttavia, "la spedizione della lettera da parte di un altro soggetto potrebbe semmai rispondere a una strategia del colpevole di sottrarsi all'identificazione".
Prima di individuare in Stefano Binda l'assassino di Lidia Macchi, la Procura Generale aveva indagato su un altro sospettato, Giuseppe Piccolomo, l'uomo gia' condannato all'ergastolo per il cosiddetto 'delitto delle mani mozzate' avvenuto nel 2009 nel Varesotto. Nell'ambito di quell'inchiesta, il pg Manfredda aveva disposto una perizia su peli e capelli trovati sul cadavere di Lidia. Un esame che aveva scagionato Piccolomo perche' aveva escluso che il dna ricavato da quei reperti fosse compatibile con quello di Piccolomo. Peli e capelli erano tutti riconducibili al nucleo familiare della vittima, tranne un capello non riconducibile comunque Piccolomo. Ora, a quanto si apprende, dall'analisi di questo capello potrebbe essere estratto, a causa del trascorrere del tempo, solo dna mitocondriale ma non nucleare.
Prima di individuare in Stefano Binda l'assassino di Lidia Macchi, la Procura Generale aveva indagato su un altro sospettato, Giuseppe Piccolomo, l'uomo gia' condannato all'ergastolo per il cosiddetto 'delitto delle mani mozzate' avvenuto nel 2009 nel Varesotto. Nell'ambito di quell'inchiesta, il pg Manfredda aveva disposto una perizia su peli e capelli trovati sul cadavere di Lidia. Un esame che aveva scagionato Piccolomo perche' aveva escluso che il dna ricavato da quei reperti fosse compatibile con quello di Piccolomo. Peli e capelli erano tutti riconducibili al nucleo familiare della vittima, tranne un capello non riconducibile comunque Piccolomo. Ora, a quanto si apprende, dall'analisi di questo capello potrebbe essere estratto, a causa del trascorrere del tempo, solo dna mitocondriale ma non nucleare.